CAPITOLO 8

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L'agente Marco Russo aveva già collaborato con il maresciallo. Studente fuori corso di Scienze Politiche, si era infiltrato in un gruppo di giovani rivoluzionari pacifisti. Lo spirito non violento era il brand che in quegli anni sbandieravano tutti. E in effetti non accadde nulla di eclatante, a parte qualche vetrina rotta durante le manifestazioni. La missione era stata quella di prevenire eventuali derive, che per fortuna non avvennero. Ora la sfida era un'altra. C'era un uomo assassinato: uno scrittore, un intellettuale. Bisognava scoprire chi lo aveva ucciso. "Hai notizie interessanti?" gli chiese Caruso.

"Ho pedinato Matteo, come mi aveva chiesto. Una vita regolare. Al mattino l'università: Filosofia, secondo anno. È nello stesso corso di Luca."

"Ah, magari è là che si sono conosciuti..."

"Può darsi... Verso le diciassette palestra. Si allenano assieme."

"Ti sei iscritto anche tu?"

"Sì, ma non ci ho ancora parlato... Dopo la palestra vanno in sauna. Un quarto d'ora, venti minuti. Poi la doccia. Di solito indugiano nel bar del club per uno spritz."

"E la sera cosa fanno?"

"Se ne vanno a casa. Matteo accompagna Luca in moto. Parlottano sotto il palazzo per qualche minuto. Poi si salutano."

"Si scambiano effusioni?"

"No."

"Ah!... come se volessero nascondersi... Non escono mai assieme? Il fine settimana come lo passano?"

"Maresciallo, è solo da qualche giorno che me ne occupo, non glielo so dire."

"In questi giorni non li hai mai visti uscire assieme la sera?"

"No."

"Hanno un profilo social?"

"Con il loro nome non ne ho trovati. Potrebbero averne uno fake..."

"Già, questo è un aspetto che dovremo approfondire... Ora però ci interessa la vita reale. È il momento di passare alla fase due."

"D'accordo, maresciallo. Procedo."

"Bene! Mi raccomando: è una fase molto delicata."

"Non si preoccupi."

Caruso congedò l'agente. Rimase da solo nel suo ufficio. Era molto diverso da quello di Lupo. Uno stanzino sui dodici metri quadri, la scrivania piena di scartoffie. Gli scaffali alla parete dietro la scrivania zeppi di faldoni. Il maresciallo aveva più dimestichezza con la carta che con i database. E in cuor suo, non si era mai convertito ai nuovi metodi garantisti. Lo testimoniava la lampada del terzo grado, in bella mostra sulla scrivania. Ma non c'era più neanche la lampadina. Era un pezzo da museo. Il simbolo di un'epoca finita per sempre. Nient'altro. Eppure, molti conservatori la rimpiangevano. Non il maresciallo. Il suo pragmatismo gli impediva di scivolare nel sentimentalismo dei ricordi e dei rimpianti. Tanto più di cedere alle sirene di qualche tentazione reazionaria. Rimase a ordinare alcune pratiche. Era un'attività che svolgeva a fine giornata. Un modo per riflettere, per mettere insieme i tasselli del mosaico investigativo che stava componendo. Lui quel mosaico lo vedeva già completo. Ah! se potessi usare quella lampada... Quanti casi mi ha permesso di risolvere! Ma i tempi sono cambiati. Devo prenderne atto: bisogna adeguarsi. Che pena mi fanno quelli che restano abbarbicati al passato! Il passato non esiste, diceva quel tale... Chi era? Sant'Agostino, mi pare. Beh, esiste eccome: nei ricordi, nelle emozioni... nelle battaglie combattute. Però non ritorna, è questo il punto. Lo dicono anche i libri di storia: ogni tentativo di tornare al passato è destinato a fallire... Adesso basta, se no divento davvero un filosofo. Ho bisogno di staccare un po'. Me ne vado al bar.

ENERGIADove le storie prendono vita. Scoprilo ora