Capitolo 2 Jacob

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Capitolo 2
JACOB

Spengo la musica e ritiro tutto quanto nella tasca dei pantaloni, sperando che non mi abbia sentito canticchiare. Nessuno sa della mia passione e ci tengo che le cose restino così.

Scivolo con lo sguardo sulla sua figura snella per una manciata di secondi, poi guardo altrove. L'ultima cosa che voglio è che pensi che m'interessa qualcosa della sua presenza perché non è così.

Lei sposta gli occhi da me e riprende a ignorarmi. Come sempre, d'altronde.

Sono state poche le volte in cui ha provato ad avere un approccio con me, in quelle situazioni era sempre sola.

Per la cronaca: non gli ho mai dato modo di parlarmi. Non ho nulla da spartire con lei.

«Marina mi ha chiesto di accompagnarla a farsi il suo primo tatuaggio. Ha il permesso dei genitori», dichiara diversi minuti dopo e sento i cuscini del divano abbassarsi di poco sotto il peso del suo corpo. Il che vuol dire che si è seduta accanto a me.

Torno a osservarla, indossa una camicia rosa pesca e una gonna nera, che le copre le cosce fino a metà. Ai piedi, un paio di Converse, le classiche.

Sempre così composta, sempre così perfetta.

Perché cazzo mi sta parlando?

Non le rispondo. Chiudo invece gli occhi e appoggio la testa sullo schienale del divano.

«Bene. Non sei in vena di chiacchiere... Di nuovo», sospira, come se i problemi dell'intero mondo pesassero sulle sue spalle.

«Di nuovo cosa?», sbotto poiché ora sono in grado di esprimermi in italiano.

«Quante volte ho provato a parlarti nell'ultimo anno?», mi fissa con la fronte aggrottata. I suoi occhi sono vuoti e tristi.

«Cosa vuoi?», vado dritto al punto.

«Fare due chiacchiere con te, forse?»

«Perché? Non abbiamo nulla da dirci. Pensa un po' a cosa direbbero la tua famiglia o il tuo fidanzatino se ti vedessero a parlare con me», le dico perché so quanto le persone appena elencate mi stiano disprezzando.

La sua famiglia mi considera un teppista, uno dal quale è meglio stare alla larga.

Laura e Cosimo, i genitori di Nadine, sono amici di Pietro e Luminița. S'incontrano spesso e organizzavano diverse cene o pranzi insieme a cui partecipano tutti i componenti delle rispettive famiglie. Tutti tranne me.

Luca invece mi odia a morte perché non è ancora riuscito ad avere la sua rivincita su di me.

Remo mi detesta semplicemente perché respiro la sua stessa aria.

E Nadine... be', la piccolina segue sempre la massa, come se non avesse una testa per decidere per conto suo.

«Posso parlare con chi voglio, quando e come voglio!», replica conciliante.

«Certo, come no!»

Per quel poco che so, non ha mai fatto nulla di sua volontà. Ha sempre permesso che sua madre, suo padre, suo fratello, e ora anche Remo, decidessero per lei. Dai vestiti, ai posti da frequentare, a cosa studiare, alle persone con cui parlare fino ad arrivare alla roba da mangiare.

Assurdo, cazzo!

«Sai cosa? Lascia stare! È stata una pessima idea decidere di essere gentile con te».

«Ecco! Ora che l'hai capito, levati dalle palle!», le ordino glaciale, tornando nella posizione in cui ero prima che mi disturbasse.

«Non cambierai mai, sei sempre il solito! E io sono solo una povera stupida perché provo ancora a vedere del buono in te!» Stizzita, si alza dal divano.

IL MIO RAGAZZO IMPERFETTODove le storie prendono vita. Scoprilo ora