Capitolo 6 Nadine

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Capitolo 6
NADINE

Il Covo è rinomato per essere una discoteca sotterranea che si trova in una zona non troppo bella, in un quartiere periferico della città.

Ho sentito dire a mio fratello che solo le persone che hanno rapporti con il gruppo di sudamericani che gestiscono il locale possono accedervi.

Improvvisamente, essere venuta qui non mi sembra più una grande idea.

Riprovo a chiamare Marina, ma per l'ennesima volta scatta la segreteria.

Sospiro.

Spero solo che non si sia già appartata da qualche parte con Jacob, sennò trovarla diventerà impossibile.

All'ingresso c'è un uomo mulatto, seduto su uno sgabello; sembra stia lì apposta. Forse è un buttafuori.

Senza avere un piano ben preciso in mente, avanzo nella sua direzione. L'omone solleva lo sguardo dal cellulare che ha tra le mani e mi guarda circospetto.

«Buonasera», dico in modo educato, cercando di non far tremare troppo la voce mentre tento di sorpassarlo e andare verso la porta rossa dietro di lui.

«Non puoi entrare!», taglia corto, poi torna a guardare il cellulare.

«Un'amica mi ha dato appuntamento qui, ma non mi risponde al telefono. Sarà già dentro», sorrido nervosamente. «Jacob Sava frequenta spesso questo posto, sono anche una sua amica. Se non mi crede può chiamarlo per chiederglielo. In realtà, anche lui mi ha chiesto di venire qui», mento sperando, tuttavia, di resultare credibile.

Il buttafuori si limita a scuotere la testa.

Accidenti! Ora cosa faccio?

Lo saluto, poi mi allontano e cerco per la milionesima volta di rintracciare Marina, purtroppo con lo stesso esito di prima.

«Ehi, guapa!», esclama alle mie spalle una voce maschile dal tono familiare.

Giro su me stessa giusto in tempo per ritrovarmi davanti un ragazzo, con una bandana azzurra sulla testa.

«Santiago?!» Rilascio un sospiro di sollievo nel momento in cui riesco a mettere a fuoco il suo volto olivastro.

«Che diamine ci fai qui?», mi si avvicina, perplesso nel vedermi in un luogo del genere. Non ho mai frequentato certi posti, quindi capisco il suo stupore.

Incrocia le braccia al petto e mi guarda in attesa di risposta.

Santiago è un ragazzo uruguaiano, alto quanto me, nonché un mio compagno di classe con il quale non ho chissà quali rapporti.

Lo saluto con la mano. «Io... Stavo cercando Marina, ma quell'uomo non mi fa entrare», accenno al buttafuori.

Lui mi osserva circospetto. «Sei sicura che è quello che vuoi? Senza offesa, ma non mi sembri il tipo di persona che ama passare le nottate al Covo».

«Puoi aiutarmi a entrare?», domando speranzosa.

Sembra stia per dirmi di no, ma qualcosa nei miei occhi deve avergli fatto cambiare idea.

«Va bene. Ma a una condizione. Non dovrai fare parola con nessuno di ciò che accade lì dentro».

La sua frase ha un nonsoché di minaccioso e dovrei capire che la cosa più intelligente da fare sarebbe lasciar perdere e tornare a casa.

«Lì dove?», è tutto ciò che gli dico invece.

«Seguimi!», mi ordina, voltandomi le spalle.

Dopo aver preso un paio di respiri, faccio come mi ha chiesto. Non sapevo che Santiago fosse solito frequentare il Covo, ma non pongo domande.

IL MIO RAGAZZO IMPERFETTODove le storie prendono vita. Scoprilo ora