Capitolo 5 Jacob

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Capitolo 5
JACOB

«Ehi, ehi, ehi, aspetta un attimo!», esclama Remo quando mi vede passare dietro al sofà sopra il quale sono seduti lui, Luminița e Pietro, intenti a guardare un film, come una vera famigliola felice.

Lo ignoro e lancio una rapida occhiata a Luminița, che si è appena voltata verso di me.

«Io esco», le dico assottigliando lo sguardo.

«Resti fuori anche questa notte?», domanda lei.

Remo balza su dal divano e mi segue fino a fermarmi per un braccio, quello con il nuovo tatuaggio che è coperto da un nastro trasparente protettivo.

Gli do una spallata e lo allontano da me.

«Ragazzi...», interviene Pietro, sospirando accanto a Luminiţa che continua a fissarmi con delusione. Non sa fare altro ultimamente.

«Vieni un attimo in cucina, dobbiamo parlare», m'informa Remo.

«Succhiami il cazzo», lo sorpasso con un'altra spallata che lo costringe a spostarsi di lato.

Non dovrei, ma decido lo stesso di concedergli alcuni minuti del mio tempo. Anche se posso immaginare di cosa si tratta, sono curioso di scoprire quali altre stronzate voglia rifilarmi.

Una volta giunto a destinazione, spalanco il frigo e afferro l'ultima birra rimasta.

Tolgo il tappo con l'accendino che ho recuperato dalla tasca dei pantaloni e con un cenno ordino a Remo di darsi una mossa.

«Quella birra era mia», mi dice infuriato quanto un bambino che è rimasto senza la sua merenda preferita. Ha la mascella serrata e uno sguardo assassino.

«Ma dai, sul serio?! Quanto mi dispiace», e mando giù alcuni generosi sorsi.

«Senti, pezzo di merda, se non ti ho spaccato la faccia fino a ora è solo per il rispetto che ho per mio padre. Gli ho promesso che avrei fatto il bravo con te e la tua cara mammina», ringhia a bassa voce, avvicinandosi fino a fermarsi a un soffio dalla mia faccia.

«Gesù, quanta aggressività! Me la sto facendo sotto dalla paura», rido e sollevo una mano per farla tremolare in aria, accanto al suo orecchio.

«Cos'hai detto oggi a Nadine?» Si sposta di un passo indietro e continua a fissarmi in cagnesco.

Proprio come pensavo, è per la sua fidanzatina che si preoccupa.

«È stata lei a parlarmi. Che vuoi? Nessuna riesce a resistere al mio fascino», inarco pigramente un angolo della bocca all'insù. Mi diverte un sacco vedere il suo viso cambiare colore col passare dei secondi.

«Nadine tu non la devi nemmeno guardare!», si avvicina di nuovo e mi spintona, riducendo gli occhi in due sottilissime fessure.

Vado a sbattere contro il frigo, ma resto in piedi. L'accenno di sorriso che avevo prima sul volto scompare nel nulla. Passano pochi istanti prima che la rabbia si impossessi completamente di me.

Sbatto la bottiglia sul bordo del bancone della cucina. La birra mi scoppia addosso e finisce sul pavimento, ma non m'importa. Afferro Remo per il collo e lo spingo sul tavolo.

Senza lasciargli nemmeno il tempo di rendersi conto di ciò che sta accadendo, roteo il coccio di vetro e gli pianto il collo della bottiglia alla gola.

«Ti ho avvisato mille volte che non mi devi toccare! Attento, Remuccio, la prossima volta non sarò così clemente, ti taglierò la giugulare!», gli ringhio in faccia, piegandomi su di lui. «Per quanto riguarda Nadine, me la scopo quando, come e dove cazzo voglio!»

IL MIO RAGAZZO IMPERFETTODove le storie prendono vita. Scoprilo ora