Quando ti senti prossimo alla fine inizi poco a poco a rivedere tutta la tua vita, un episodio alla volta. Tanti piccoli flash, tutti i tuoi rimorsi, i rancori, gli sbagli, chiedendoti se ciò che hai fatto sia stata la scelta giusta, o avevi invece un'opzione migliore.
Più le forze ti abbandonano più le immagini accelerano, fino a divenire un turbine vorticoso, macchie di colore senza senso, e quando arrivi a non capirci più nulla, torni alla realtà.
Torni alle tue stanche membra avvizzite, torni a fissare le tue mani scarne e rugose, torni ai dolori al petto e alla fatica ad ogni tuo minimo respiro.
Sei cosciente della morte che si avvicina, sei cosciente che ti stai spegnendo, eppure non vuoi lasciarti andare, non vuoi farti prendere dal freddo.
Perché hai paura.
Ti interroghi terrorizzato su cosa ci sia dopo, sul buio che inghiottirà la luce, su chi ti stai lasciando indietro e su chi stai raggiungendo, se c'è davvero qualcuno da raggiungere.
Ti chiedi se tutte quelle storie che da bambino ti hanno infilato in testa a forza abbiano un barlume di verità, sperando così di ritrovare un po' di calore, ti chiedi se ti abbiano raccontato la storia giusta, o se invece finirai all'inferno.
Ti domandi se il paradiso esista, o se sia tutta una menzogna, ma nel dubbio chiedi comunque perdono per ogni cosa chi ti salta in mente, e intanto ancora non riesci a dire addio.
Poi non senti più gli arti, le dita ti si irrigidiscono, l'oscurità ti avvolge mentre esali l'ultimo respiro.
Ma il buio non dura neanche un istante.
Non riesci nemmeno a pensare di contare fino ad uno che subito vedi una luce intensa e distante, e ti senti come tirare fuori dallo stretto e rovente tunnel in cui ora ti ritrovi.
La luce si avvicina, ti attira, ti abbaglia, ormai sei cieco.
Poi sei fuori e riesci appena a schiudere gli occhi, nonostante la luce ti continui a stordire.
Sei sporco e umido, e ti accorgi d'essere nudo mentre la mente ti si svuota da ogni ricordo o pensiero, ma poco ti importa, rimani muto, forse perché non riesci più a parlare, nemmeno ricordi come si faccia, ed i rumori ti frastornano troppo per provare a farlo.
Una mano verde ti afferra, ed il lattice ti fa rabbrividire al contatto.
Ma cos'è il lattice? Cos'è il verde? Cosa diamine è una mano?
Ti senti sollevare in aria, un colpo secco alla schiena ti fa male, così male che finalmente apri gli occhi ed emetti il tuo primo vagito.―――――
Questo è il primo monologo teatrale che ho scritto, nel 2016, in occasione dello spettacolo Super Io prodotto dall'associazione Allegra Brigata.
Qualche tempo dopo, ho deciso di farne un racconto ben più lungo e porlo all'inizio di una antologia che non ha mai visto la luce. Ora ho deciso di riproporlo su questa piattaforma, nella sua versione originale, la più autentica.
Spero vi sia piaciuto, nel qual caso vi invito a lasciare una stella, un commento, o anche condividerlo con chi vi segue.
Alla prossima.
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Apeimeron. Racconti e poesie
Short StoryDal greco "di infiniti giorni", raccolgo qui racconti autoconclusivi e quelle poche poesie che scrivo, in maniera sparsa e senza soluzione di continuità.