28. In via strettamente ufficiosa

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5 OTTOBRE, mercoledì

Erano passati due giorni da quella scoperta e nessuno era riuscito a trovare una spiegazione valida per ciò che ci eravamo trovati davanti. Quella mattina ci era stata data di riposo, così decisi di farmi una passeggiata per la città in solitudine, senza nessuno a cui badare, sola con me stessa. Non capivo chi diceva di non stare bene da solo: era una cosa rilassante, un momento in cui la tua attenzione si concentrava esclusivamente sulla tua persona.

I lampioni accesi per le strade contrastavano il cielo cupo carico di pioggia, mentre persone indaffarate e turisti ingombravano i marciapiedi camminando troppo lentamente o troppo velocemente.

Presi il telefono dalla tasca e feci partire una chiamata: <<Ehi, Russell, finalmente ti fai viva>> disse il ragazzo dall'altra parte

<<Ehi, Ashton, come stai?>> risposi sorridendo, come se il mio amico potesse vedermi. <<Bene, si continua a lavorare, da quando tu e Styles siete partiti le vostre mansioni spettano a noi>>

<<Ti stai forse lamentando?>>

<<Oh no, affatto, gli straordinari sono sempre molto graditi>> rispose ridacchiando. <<Come sta andando in quel di Nashville?>> continuò

<<Bene, stiamo procedendo con il caso, ma ogni giorno si aggiunge qualche dettaglio>>

<<Siete almeno vicini ad una conclusione?>>

<<No, neanche per sbaglio... é tutto così intrigato>>

<<Quindi suppongo che alla fine non sia stato il marito>>

<<Direi di no>>

<<Non potete torchiarlo fino a quando non sputa fuori qualcosa?>>

<<Lo abbiamo fatto e... informazioni riservate, mi spiace, Ash>>

<<Quando si concluderà tutto voglio sapere i minimi dettagli, lo sai>>

<<Lo so, lo so, sarai la prima persona a cui racconterò qualcosa>>

<<Brava piccola Addison>>

<<Marta? Come sta?>> chiesi riferendomi alla sua fidanzata.

<<Beh... potrei aver fatto un passo importante>>

<<LE HAI CHIESTO DI SPOSARTI?>> urlai fermandomi di colpo in mezzo alla strada, mentre un signore mi superò borbottando qualche parolaccia. <<Sì, ed ha anche accettato>>

<<Quella ragazza non sa dove sta andando a cacciarsi>>

<<Ehi! Sei proprio una stronza!>> rispose ed io mi misi a ridere. Ashton era un altro collega al quale mi ero affezionata tantissimo, mi aveva aiutata nei momenti di difficoltà quando avevo iniziato a lavorare e non mi aveva mai lasciata allo sbaraglio. Conclusi la telefonata poco dopo, promettendogli che lo avrei chiamato più spesso, e ripresi a camminare.

Adocchiai un negozio vicino al centro e ci entrai, curiosa di vedere qualche vestito, ma finii solo per scegliere qualche indumento più pesante di quelli che mi ero portata; il freddo di ottobre aveva colpito come una frusta chiunque fosse in quella città. Presi qualche maglione, tutti di colori neutri, due giacche ed un paio di pantaloni. Osservai soddisfatta i miei acquisti e mi avviai spensierata verso la cassa, quando andai a sbattere contro un commesso. <<Oh, mi scusi>> disse l'uomo cordialmente. Sorrisi gentilmente al ragazzo che osava stare ancora con le mezze maniche, fino a quando l'occhio non mi cadde sulla lunga cicatrice che aveva sull'avambraccio. Il cuore smise di battere ed il fiato mi mancò.

<<Scusami, ma lavori da tanto qui?>> chiesi cercando di sembrare il più disinvolta possibile. <<Ehm, no, un mesetto, ma solo la mattina, ho attaccato cinque minuti fa, perché?>> chiese sospettoso

<<No, semplicemente perchè vengo spesso qua e non ti avevo mai visto>> risposi fingendo un sorriso.

Non appena il ragazzo si congedò, mollai i vestiti sul primo ripiano che avevo davanti ed uscii di corsa dal negozio. Se non avessi chiamato Ashton probabilmente non lo avrei incontrato nel negozio, così mi appuntai mentalmente che lo avrei dovuto ringraziare anche se era stato tutto un caso fortuito.

<<Ne sei proprio sicura?>> chiese il capo mentre ripetevo per la terza volta com'erano andati i fatti. Annuii convinta ed osservai Miller e Styles che si erano precipitati in centrale non appena gli avevo scritto. <<É lui il nostro uomo, quella cicatrice non ce l'hanno tutti>> ripetei scuotendo la testa. Ero sicura al cento percento che quel ragazzo era esattamente lo stesso dei video delle telecamere dove compariva Priscilla; convinta come lo si è che il Natale cade il 25 Dicembre e che Babbo Natale non esiste.

<<Miller, Styles, andate nella sala informatica e cercate subito l'identità di questo benedetto uomo, ora che sembra essere in città è meglio non farcelo scappare>> rispose il maggiore riferendosi ai due ragazzi, che uscirono di fretta senza proferire parola.

<<Agente Russell, voglio solo dirle che sono molto soddisfatto del lavoro che sta svolgendo in questo caso>> disse l'uomo dietro la scrivania una volta che fummo da soli. <<Grazie mille, sto impiegando tutta me stessa e sono contenta che ciò stia dando i suoi frutti>> risposi alzandomi. <<C'è un'altra cosa di cui vorrei discutere con lei>> rispose tornando serio e fissandomi negli occhi. <<Dica>> dissi con l'ansia che iniziava a salire

<<Ho intenzione di proporle un posto qui, nella nostra stazione di Nashville>> disse ed io non seppi cosa rispondere. <<Ovviamente ora la sto informando a titolo informativo in via strettamente ufficiosa, vorrei sapere il suo parere prima di procedere in via ufficiale>>. Rimasi immobile mentre la mia mente si divideva già in due fazioni: una parte di me sarebbe voluta rimanere in quella nuova città ed iniziare una nuova "avventura", ma contemporaneamente mi mancava la mia casa, la mia famiglia, i miei colleghi ed i miei amici. <<Avrà tempo fino alla chiusura del caso, agente Russell>> disse il capo interrompendo i miei pensieri, segno che la conversazione era finita.

Uscii lentamente dall'ufficio e mi avviai verso il dipartimento di informatica. Entrai silenziosamente in quella stanza buia e con l'aria rarefatta, mentre una ventina di agenti tenevano lo sguardo fisso verso gli schermi dei pc davanti ai loro nasi. Harry ed Anthony erano vicino ad un ragazzo in fondo alla sala, mentre discutevano sommessamente. Mi avvicinai senza accorgermi di star mangiando le unghie, e guardai Harry. <<Tutto okay, D.?>> chiese sussurrando mentre mi affiancavo a lui. Annuii senza guardarlo negli occhi, cosa che lo insospettì. Mi guardò corrucciato mentre appoggiava lievemente una mano sulla mia schiena e mi spostava vicino a lui, in modo da potermi parlare all'orecchio senza essere sentito da nessun altro: <<Dopo mi dirai cosa ti turba>> disse e io sorrisi leggermente. Avrei dovuto dirgli della proposta del capo, ma una parte di me mi diceva che sarei dovuta rimanere vaga e non dire nulla. 

Naive ||H. S.||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora