tutto e niente

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TW: ideazioni suicide

Arabella si svegliò di soprassalto. La causa? La maledettissima sveglia che Harriet aveva impostato la sera prima. Perchè esistono le sveglie? Esse non sono altro che una futile invenzione per iniziare la giornata con la luna storta, pensò Arabella.

Svegliò Harriet che stava dormendo sul divanetto marrone, coperta da un plaid. Sbadigliò e si copri la bocca con la mano.

"buongiorno Bel, dormito bene?" le chiese con uno dei suoi soliti sorrisi.

Harriet era una ragazza solare, nonostante tutto quello che le era capitato nella vita. Sua madre morì di parto e lei rimase in balia del padre, Dutch Van der Linde, che si prese cura di lei  amorevolmente. Passava la maggior parte delle sue giornate all'albergo del padre, in una delle tante ubicazioni. Faceva amicizia con i bambini delle famiglie che vi alloggiavano, per poi non rivederli mai più. Harriet era, sin da piccola, una ragazza estroversa e socievole che amava essere a contatto con il mondo, con le altre persone. Era il perfetto contrario di Arabella, dalla personalità molto più introversa e non così vivace. Ma del resto, anche in amicizia, gli opposti si attraggono.

"forza, siamo in ritardo per la lezione" disse Arabella, guardando l'orologio che indicava le sette e trenta. La lezione sarebbe iniziata alle otto precise. Si prepararono in fretta e furia, per poi uscire dal dormitorio.

La lezione non fu così tanto interessante come Arabella si aspettava: si stava parlando di psicologia dei gruppi, niente di particolarmente eclatante. Solo cose che a ragazza pensò avrebbe potuto studiare benissimo da sola.

La campana finalmente suonò, dopo un'estenuante ora e mezza, liberando gli studenti da quell'agonia. Arabella e Harriet si diressero verso la mensa: era ora di pranzo e stavano morendo di fame.

"allora, che piani hai per oggi, Bel?" chiese la bionda, iniziando a mangiare la sua pasta.

" nulla, penso marcirò nel letto ascoltando i Radiohead" rispose.

"dai, su con la vita! Perchè non vieni alla festa del campus?"

"ci penserò" disse fermamente.

"oh, avanti! A proposito...come va con il tuo amato dottore?" le chiese con una fragorosa risata.

"molto divertente...comunque sto mettendo in atto il mio folle piano di sedurlo, infondo che ho da perdere?"

"sul serio? Io scherzavo...lui potrebbe seriamente perdere il lavoro per le tue azioni ma d'altro canto, non ti biasimo. È un uomo molto attraente" le rispose sorridendo.

"già, poi quegli occhi cerulei che ha...oh Dio"

le pupille le si dilatarono, il cuore le batteva all'impazzata, le mani sudavano. Si stava innamorando e questa era solo l'ennesima conferma che ciò che provava superasse la semplice lussuria. Era innamorata, rapita e non ci si poteva fare più niente. Si sentiva come se si fosse fatta l bagno in un oceano di desiderio, di amore, quanto era il suo ardore di averlo solo per lei.

Le ragazze finirono i loro semplici pasti per poi ritirarsi ciascuna nella propria camera. Arabella si distese sul letto e passò una buona ora sui social media, prima di mettere a posto gli appunti. Dopo di che chiamò Harriet, erano le cinque del pomeriggio. Si era decisa ad andare a quella festa.

"pronto, Harriet. Ho deciso, vengo stasera"

"ottimo, ci vediamo in camera tua tra due ore, fatti trovare pronta!" disse attraverso lo schermo del cellulare.

Arabella aprì l'armadio che rivelò la miriade di vestiti che aveva comprato negli anni. Estrasse una minigonna in stile cargo a vita bassa e una canottiera che le fasciava i seni ed il busto. Per quanto riguardava e scarpe, optò per degli stivali lucidi al ginocchio. Completò l'outfit con una giacca in pelle nera ed i suoi soliti anelli. Era bellissima.

Sentì bussare alla porta e aprì: era Harriet. Indossava un vestito nero ed una giacca dorata, ai piedi aveva delle decolletè nere.

"pronta?" le chiese retoricamente la bionda.

"prontissima" rispose, mentre uscì dalla stanza e prese il mazzo di chiavi che inserì nel nottolino della porta. Uscirono dall'edificio, per poi chiamare un taxi che le avrebbe portate a destinazione.

Una volta arrivate furono colte dall'atmosfera vivace del locale e dalle luci stroboscobiche che rendevano l'atmosfera ancora più accattivante. La gente ballava, rideva e scherzava in pista da ballo, sotto la palla argentata.

Siamo tornati agli anni ottanta? Pensò Arabella, mentre si guardava attorno, erano all'ultimo piano di uno degli edifici più prestigiosi di New York. Il locale era vetrato e all'esterno vi era un'ampia balconata. Le due ragazze si diressero verso il barman.

"un vodka lemon per favore" gli disse Arabella.

"fai due" aggiunse Harriet, guardando la ragazza.

Dopo aver preso i drink, le ragazze si diressero verso la pista da ballo iniziarono a muovere quei corpi sinuosi. Harriet, nel frattempo, si allontanò per andare al bagno. Arabella si stava divertendo molto fino a quando un ragazzo sconosciuto sui venticinque anni le si avvicinò e la palpò in posti non tanto consueti.

"che-che stai facendo" disse Arabella con voce tremolante.

"ti ho vista ballare, sei una bomba" ghignò.

"senti, io...io non sono interessata, okay?"

"beh..se vuoi ti faccio cambiare idea... mi bastano solo cinque minuti" disse con un sorriso beffardo sul volto. Arabella perse le staffe e gli pestò un piede con il tacco. Il ragazzo gemette dal dolore, mentre la ragazza si avviò verso la balconata da cui si poteva osservare tutta New York.

Guardò in basso e si accorse della miriade di macchine che passavano sotto il suo cospetto. Le luci erano così forti, abbaglianti. I rumori della città erano soffusi.

*
Si accese una sigaretta e iniziò a fumarla, portandola alla bocca, adornata da un rossetto rosso, il suo preferito. Pensò a quanto sarebbe stato liberatorio buttarsi: l'aria che scompiglia i capelli, il non sentire più niente se non un senso estasiante di pace. Si sente tutto, si sente il nulla assoluto, come se queste due dimensioni combaciassero perfettamente tra loro. Pensò alla sua anima e come sarebbe stato bello liberarsi di quel corpo che la teneva in vita inutilmente da ventitré lunghi anni.

Cosa aspetti, fallo. Le disse la mente malata e per la prima volta nella sua vita, stava iniziando ad assecondare ciò che le consigliava.

Fallo,avanti. Ma ti vedi? Sei inutile, sei depressa, sei irrecuperabile. Non vali nulla, non ti meriti nulla.

La voce nella sua testa aveva ragione: lei non era nulla, solo una delle otto miliardi di persone che viveva una vita vuota, priva di senso ed effimera.

Ora lo faccio, lo faccio. Pensò mentre fissava la strada gremita di luci e macchine.

Ma cosa ne sarà della mia famiglia, dei miei amici?

A loro non importa nulla di te! Sei solo un peso, uno stupido ed insopportabile peso!

Non capiva più niente. La testa girava, il cuore batteva forte le mai tremavano. Non riusciva più a pensare in modo razionale, la mente era pervasa dall'impulso di farla finita. La sua depressione la stava portando al limite. Si sentiva come se un ingranaggio nel sistema fosse andato in avaria, si sentiva inutile, buttata in quello che aveva imparato a chiamare mondo senza una ragione apparente. A cosa serviva vivere? A cosa serviva mangiare, gioire? Non riusciva a trovare una risposta a tutto quel subbuglio.

Era una ragazza triste, molto triste.

Iniziò a sporgersi quando le venne un pensiero, non infausto come i suoi soliti. Doveva chiamare Arthur: era una questione di vita o di morte.

"pronto? Arabella, che succede"

"io...io voglio morire" disse singhiozzando.

LOVE ON THE BRAIN - arthur morgan Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora