festa di halloween

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Arabella era sul letto da ore a piangere. Piangeva a dirotto come una fontana. Non sapeva cosa fare, da che parte girarsi. Arthur era il suo tutto, la ragione per cui aveva iniziato a stare meglio ma lui aveva deciso di buttare tutto via. Aveva ragione infondo... la loro situazione non era etica

Però, infondo che importava? Entrambi si amavano e di certo il lavoro non lo avrebbe impedito. Non sapeva cosa fosse ma per la prima volta nella vita stava vivendo uno struggimento, tanto intenso che le sembrava di morire.

Perchè, perchè mi sono dovuta innamorare proprio di lui? Continuava a chiedersi tra le lacrime senza, però, trovare una risposta valida. L'amore è qualcosa che capita, d'altronde, è qualcosa di puramente organico e imprevedibile, cosa che Arabella odiava. Detestava tutto ciò che non si potesse catalogare, classificare. Era abituata che ad una variabile ne corrispondesse un'altra e basta. Non accettava le sfumature, per lei il mondo era bicolore, bidimensionale. Però, questa miopia la stava uccidendo lentamente.

Forse doveva parlarne con qualcuno di esterno, per avere un quadro migliore della situazione. Prese il cellulare e cercò subito uno psicologo, uno dei migliori di New York.

Ma come se lo sarebbe potuta permettere? Non aveva un soldo. Pensò che avrebbe dovuto iniziare a lavorare, così decise di aprire il suo laptop per cercare se ci fossero degli annunci di lavoro.

Cercava, cercava ma niente. La città non aveva nulla da offrirle.

Neanche in una città così grande c'è posto per me? Pensò, alzando gli occhi, doloranti per lo schermo, al cielo. Aveva passato più di due ore a fare ricerca ma non aveva trovato assolutamente niente.

Non importava. Se Arabella si metteva un obiettivo in testa, lo avrebbe dovuto raggiungere a qualsiasi costo. Era una ragazza estremamente perspicace e machiavellica.

Non fece in tempo a sdraiarsi sul letto che Harriet rientrò nella stanza con la cesta della biancheria pulita. Era un ammasso di roba, neanche stirata. La posò in terra vicino al letto e si sedette vicino ad Arabella.

"stai meglio ora, Bel?" le chiese sorridente come al solito.

"più o meno" rispose indicando l'accozzaglia di fazzoletti sparsi in terra. Arthur la aveva sconvolta appieno, le aveva risucchiato l'anima solamente con la sua presenza. Bastava un suo tocco e la ragazza andava letteralmente a fuoco dall'ardore e la passione che provava nei suoi confronti. Lui era stato il suo primo vero amore, mentre con Shaila era diverso: lei si comportava sempre con superiorità e altezzosità, doveva sempre oscurare la luce di Arabella per poter far spendere la sua e questo non le era mai piaciuto, affatto.

"comunque, per cambiare discorso, sto cercando lavoro per permettermi uno psicologo. Devo parlargli di Arthur"

"che coincidenza, anche io stavo cercando lavoro...credo che stiano cercando dei pizzaioli da Vito's, il ristorante italiano a Little Italy"

"ah sì, il ristorante dove la mia ex ragazza mi ha lasciata in malo modo"

Le due ragazze uscirono dal plesso per poi immergersi nelle infinite strade di New York, gremite di gente, odori e profumi diversi. Ad Arabella piaceva la vivacità della metropoli, era una boccata d'aria fresca. La città era intrisa di speranza, opportunità, nuove esperienze e lei amava tutto questo.

In un attimo arrivarono da Vito's dove vennero accolte dal proprietario che portava lo stesso nome. Era un signore anziano ma non troppo, sembrava avere sui sessant'anni.

"buongiorno, posso aiutarvi?" chiese educatamente.

"si, abbiamo letto i suoi volantini e vorremmo lavorare part-time qui come pizzaiole"

"d'accordo, però, dovrete fare pratica prima di iniziare a svolgere la professione adeguatamente. Inizierete lunedì alle dieci in punto"

le ragazze annuirono, dopo di che uscirono dal locale, contente della loro nuova conquista.

"allora, ci vai alla festa in maschera di stasera a Time Square?" le chiese Harriet con il suo solito entusiasmo contagioso.

"certamente, ho comprato un bellissimo costume proprio ieri mattina...sarà una sorpresa" sorrise.

La luce del giorno non tardò a calare per lasciare spazio al crepuscolo e poi al blu cobalto della sera. La luna era coronata dal cielo tempestato di stelle. Arabella era quasi pronta, si vestì con tuta in lattice nera che metteva in mostra le sue forme, indossò e orecchie da gatta ed i polsini pelosi, ovviamente neri. Si mise gli stivali, anch'essi aderenti ed un choker con un diamantino.

Aprì la porta per poi ritrovarsi la bionda davanti.

"Arabella, cavolo, sei mozzafiato!"

"anche tu, Harriet, stai benissimo" disse a sua volta, ammirando il suo costume. Era vestita da barbie: il top ed i pantaloni fucsia a zampa le stavano da Dio, assieme al cappello e stivali bianchi da cowgirl.

Presero il taxi, uno di quelli caratteristici gialli, per raggiungere la meta. Un volta arrivate furono accolte dall'atmosfera festosa del posto: vi era un grande arco con appesi dei festoni neri e arancio e delle piccole zucche in carta velina e lungo tutta la piazza vi erano degli stand con cibi e bevande, tutti a tema Halloween. I costumi di tutti gli invitati erano originali e sgargianti, sia come fantasie che come colori. Il profumo di alcol si fece strada nelle narici delle ragazze, pizzicandole leggermente. La gente ballava, rideva e scherzava.

Ad Arabella piaceva molto questa festa, tipica della tradizione americana, sin da quando era piccola. La aveva sempre intesa come un modo alternativo e divertente di esprimere se stessi.

"non so tu ma io sto morendo di sete, vado a prendermi un drink" disse Harriet, prima di avviarsi allo stand delle bevande.

Arabella, a differenza di Harriet, andò verso lo stand del cibo, aveva un certo languorino.

"ciao, cosa ti posso servire? Abbiamo bretzel, panini e-" la donna alzò lo sguardo e Arabella capì subito chi aveva davanti. Era Felicia, vestita da infermiera.

Pessima scelta, pensò la ragazza, guardando il vestito cortissimo.

"andrà benissimo un bretzel" disse on gli occhi ricolmi di gelosia, impuntati su di lei come se fosse un giudice e Felicia l'imputato.

"d'accordo...hai notizie di Arthur- uhm- il signor Morgan?" chiese con un sorrisetto beffardo su volto.

"perché pensi che io ne sappia qualcosa?" esordì stando al gioco.

"calma, ragazzina, stavo solo chiedendo delle informazioni... mi sembravate molto legati voi due"

"in che senso, scusami?" le chiese aggrottando le sopracciglia folte.

"a quale senso vuoi che io mi riferisca?"

"non si risponde ad una domanda con un altra domanda" esordì, zittendola.

Scacco matto.

Non le avrebbe messo le mani addosso solo per la miriade di gente che vi era attorno, altrimenti, lo avrebbe fatto senza alcun tipo di scrupolo.

Felicia era una madre single che ogni giorno lavorava assiduamente per portare qualcosa in tavola e mantenere il figlio Elijah, nonché miglior amico di Isaac. Era una donna estremamente intelligente, la cui dote, però era mascherata dalla volgarità e frivolezza dei suoi comportamenti non proprio angelici. Il suo fidanzato era morto anni prima per overdose, lasciandola senza soldi e con un bambino piccolissimo da crescere. Con gli anni aveva imparato che se si desiderava qualcosa, lo si doveva ottenere a proprie spese, senza l'aiuto di nessuno. Era una donna estremamente realista e pragmatica, che non aveva paura di niente e di nessuno, un po' come Arabella, del resto.

La festa continuò senza problemi, le due ragazze si divertirono molto prima di chiamare di nuovo il taxi e tornare al campus. Arabella si stava quasi per addormentare quando il cellulare vibrò: era un messaggio di Arthur che recitava: casa mia, ora.

LOVE ON THE BRAIN - arthur morgan Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora