Capitolo 1

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Katherine

"Mamma guarda sta piovendo," corro verso di lei intenta ad apparecchiare la tavola, mentre la pioggia picchietta veloce sui vetri delle finestre. Adoro la pioggia, fa sembrare tutto statico e perfetto, come essere in una bolla in cui ti senti al sicuro con le persone che ami. Corro verso la finestra della sala da pranzo e resto a fissare il giardino esterno alla nostra casa, l'erba, gli alberi, i fiori, tutto è ricoperto di minuscole goccie d'acqua che cadono incessantemente, è quasi mezzogiorno ma sembra sera, il cielo è scuro, le nuvole grigie accompagnano incessanti la pioggia, i miei occhi restano fissi su quell'immagine come fosse una perfetta fotografia. Sento la porta di casa aprirsi e corro subito verso di essa perché so che mio padre è appena tornato

"Papà" urlo abbracciandolo, lui mi solleva stringendomi dolcemente a se e mi sorride posando un bacio sulle mie guancie paffute

"Ecco la mia principessa," mi fa volteggiare per poi tornare a stringermi mentre si dirige in sala da pranzo dove la mamma lo aspetta con un ampio sorriso, amo il modo in cui la guarda, come se fosse l'unica al mondo, come se fosse la luce dopo una giornata di oscurità

"Piove da tutta la mattina" le fa notare sistemando l'ultimo piatto in tavola

"Lo so, come se non bastasse l'udienza è stata spostata alla settimana prossima"

Le risponde iniziando a parlare del suo lavoro, mio padre è avvocato, il migliore dicono, per cui non riesce a passare molto tempo a casa, ma quando c'è, ci dà tutta la sua attenzione. Li vedo abbracciarsi mentre lui l'aiuta a portare la pasta in tavola, sorrido mentre non posso far a meno di voltarmi ancora una volta verso la finestra, la pioggia incessante, il rumore del vento, l'aria quasi grigiastra, eppure non ne ho timore, anzi mi precipito alla porta per sentirne l'ebbrezza e il contatto sulla pelle

"Tesoro no, ti ammalerai così" sento mamma gridarmi da dietro, ma non mi fermo, non è la prima volta, amo stare sotto la pioggia soprattutto quando so che papà verrà a riprendermi e a ballare sotto la pioggia con me, lo fa sempre, e quell'attimo è paragonabile alla sensazione di sicurezza che sento insieme a loro in quella bolla di perfezione. E poi a quelle immagini se ne frappongono altre, l'auto che sbanda, il sangue, le grida, le lacrime, il buio e poi il nulla, perché al risveglio non ci sarà più la pioggia, non ci sarà più il loro sorriso, non ci sarà più papà a farmi ballare.

Strizzo gli occhi e li riapro di colpo, sono sdraiata sul pavimento del suo vecchio studio, l'ho fatto spesso negli ultimi anni oggi più che mai perché so che sarà l'ultima volta che rivedrò questa stanza

"Tesoro, sei qui" la voce di mia zia mi riscuote da quel mare di ricordi che mi assale ogni volta che chiudo gli occhi, e sebbene siano passati anni, quel dolore non finirà mai. Perché il dolore non svanisce, resta lì in una parte profonda e nascosta di te, impari a conviverci ad andare avanti, e si sarai felice, ma ciò che ti provoca quel dolore rimarrà sempre lì sopito dentro di te.
Mi alzo in piedi dando un'ultima occhiata alla stanza, la poltrona di pelle girevole dietro la scrivania di mogano scuro, la libreria dietro talmente grande ed ora così vuota, il divano in cui da bambina mi addormentavo e in cui non sono più riuscita ad avvicinarmi, i muri spogli di quei quadri che adornavano la stanza

"Tesoro è ora, dobbiamo andare" mi ripete zia con tono dolce, anche lei resta un'attimo ferma davanti alla porta, non dice nulla, ma so ciò che pensa, è lo stesso che penso anch'io..quella casa ormai non è più la stessa da tanto tempo.

"Ti prego non fare quella faccia"

"Quale faccia?" Chiedo con gli occhi rivolti alla strada, siamo partite ormai da quasi un'ora e onestamente non ho tutta questa grande voglia di chiacchierare su quanto sia bello cambiare città anche se era la cosa più giusta da fare

Never without youDove le storie prendono vita. Scoprilo ora