14. Parenti

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Sirius sistemò il cravattino davanti allo specchio. L'abito nero gli scivolava un po' largo, sua madre però lo avrebbe sistemato con un tocco di bacchetta, quindi non se ne preoccupò. Alle sue spalle, Regulus stava tribolando con il colletto.
«Aspetta.»
Gli si avvicinò e lo sistemò ben bene. Regulus tenne lo sguardo abbassato e aveva l'espressione imbronciata.
«Mi chiedo a cosa servano» disse mentre si specchiava vicino a suo fratello maggiore. «Tutti questi incontri con i nostri parenti. Molti non li conosciamo neanche.»
«Perché te ne preoccupi ora? È sempre stato così, dovrei essere io quello che si lamenta delle spocchiose feste dei maghi purosangue.»
Sirius gli sorrise nel riflesso dello specchio e gli strinse le spalle. «Farai la tua solita sporca figura.»
«Non scherzare» sbottò ingrugnito. «Piuttosto, come mai ti sei imbellettato come se dovessi fare tu una sporca figura?»
«Oggi ho voglia di fare il lecchino come te, Reggie.»
Sirius andò a prendere la bacchetta e la nascose all'interno della mantella. Anche se non poteva usare la magia al di fuori della scuola, per le emergenze poteva essere utile.
Sentiva lo sguardo di Regulus che gli bruciava sulla schiena e si voltò.
«Cosa è successo l'altro giorno?»
«Niente, non preoccuparti.» Sirius scrollò le spalle e indicò la porta. «Sarà meglio non farli aspettare.»
I loro genitori li aspettavano di sotto, nell'atrio. Avevano un portamento eretto, severo come al solito. Sirius si sentiva nervoso ogni volta che condivideva la stanza con i suoi genitori.
«Bene, eccovi» disse la madre. Alzò la bacchetta e Sirius ebbe un sussulto. Le sue vesti gli si strinsero, e capì che gli aveva soltanto aggiustato i vestiti.
«Andremo tramite la Materializzazione, perciò tenetevi a uno di noi.»
Regulus andò dal padre e lo afferrò sull'avambraccio. Sirius si avvicinò alla madre e la toccò sul braccio sudando freddo. Tenne il viso abbassato e quando si Smaterializzarono per poi comparire davanti a un'alta cancellata, si staccò da lei.
Regulus era impallidito, nonostante ciò non scompose la sua postura eretta.
«Stai bene?» gli chiese Sirius, mentre seguivano i loro genitori oltre il cancello.
«Sì, sì.» Regulus ingoiò della bile e si fermò proprio dietro i genitori, che erano appena stati fermati dalla padrona di casa. Era una zia di secondo grado della madre, e probabilmente aveva più anni del loro preside, per quante rughe possedesse.
Baciò sulle guance sia Regulus che Sirius, il quale fece una smorfia disgustata quando la vecchia si girò a indicare loro il banchetto in giardino.
«Puzza proprio di vecchio.»
Regulus trattenne una risata. «Sirius, per favore... non dire queste cattiverie.»
«Ma è vero!»
I due fratelli si avvicinarono a fatica al tavolo delle vivande. Li fermarono molti altri loro parenti, chi alla lontana e chi li vedeva quasi ogni settimana durante le vacanze.
Parlavano molto più con Sirius essendo l'erede dei Black. Un mago gli aveva addirittura proposto la mano di sua figlia.
«Merlino, che seccatura.»
Si versò una bevanda anacolica e imprecò, pensando che potesse versarsi del whisky ma per non fare una brutta figura, a detta dei suoi, non doveva bere.
«E pensare che durante le feste di Grifondoro bevo fino a stare male.»
«Allora era vera la voce di te che hai cantato per due ore intere da ubriaco?»
Regulus sorrise vedendo la faccia di Sirius diventare rossa.
«Potrebbe essere.»
Ed era stato Remus a farlo scendere dal tavolo e portarlo via a forza in camera da letto. Poi aveva vomitato l'anima, ma era stata una serata magnifica.
«Piuttosto che non bere, io direi che è peggio ascoltare certi discorsi da sobri. "Toujour pur", tutti in questo giardino.»
«Tu dovresti essere abituato, io no. Io ho un'amica Nata Babbana» sussurrò le ultime parole. Sia mai che qualcuno lì intorno lo avesse sentito. «Solo James è puro come noi, ma la sua famiglia è diversa, più aperta ai babbani. Mi chiedo perché la nostra famiglia non potrebbe essere così.»
«Se ti sentisse la mamma...»
«Cosa dovrei sentire?»
La voce austera di Walburga Black fece raggelare il sangue di Sirius e per un breve momento si pentì di aver iniziato a fare quei discorsi. Per fortuna, Regulus ebbe la risposta pronta sulla punta della lingua.
«Sirius si lamentava del cravattino troppo poco eccentrico.»
«Sì, immagino. Sei già sulla bocca di tutti per le tue disobbedienze, non c'è bisogno della tua eccentricità.»
Sirius deglutì, annuendo. Sua madre alzò un sopracciglio e lo studiò. A quindici anni, era ormai più alto di lei, eppure riusciva facilmente a metterlo in soggezione con solo uno sguardo.
Da qualche giorno si accorse di abbassare gli occhi verso le sue mani, controllando se le stesse per muovere verso il taschino della gonna, dove teneva nascosta la bacchetta.
La mano gli si strinse talmente tanto attorno al bicchiere che rischiò di spaccarlo, se Regulus non lo avesse distratto.
«Che succede?»
Sirius sbatté le palpebre, accorgendosi che sua madre si stava allontanando per parlare con delle sue cugine.
«Sirius» lo chiamò questa volta e si voltò.
«Sì, sto bene, scusa... devo solo sedermi.»
Trovò una panchina accanto a una bella aiuola con la bordura mista. Le piante erano diverse e tutte colorate. Alcuni fiori erano anche profumati.
«Mi puoi dire che cosa ti è accaduto con nostra madre?»
«Non mi va.»
«Per una volta, non trattarmi come un fottuto bambino!»
Sirius serrò le labbra. Suo fratello aveva ragione, per quanto lo vedesse ancora come un bambino, era cresciuto tanto quanto lui. Era forte, sapeva che avrebbe retto la verità che per quanto difficile, aveva dovuto tenerla nascosta.
«Perdonami, lo faccio soprattutto per non turbarti. Sai, la mamma non è mai gentile con le punizioni e l'altro giorno, be'... ha usato su di me una maledizione.»
Regulus aggrottò la fronte e notò come si stesse torturando le mani. «Quale?»
«La maledizione della tortura. C-crucio.»
Regulus schiuse le labbra e cercò con lo sguardo sua madre. Non poteva credere che avesse fatto una cosa così orribile a suo fratello.
«Hai riportato lesioni o ferite?»
«No» rispose portando i capelli all'indietro. «Solo una paura fottuta verso di loro.»
Regulus si sedette vicino a lui. «Mi dispiace tanto.»
Quelle poche parole stranamente lo fecero sentire meglio. Se c'era una cosa che poteva condividere con lui era proprio questo. La solidarietà in quei casi era fondamentale, perché avere a che fare con una famiglia del genere non era proprio una bella passeggiata. Se non facevano quello che loro dicevano, potevi essere punito. L'aveva fatta spesso arrabbiare, a sua madre, ma non era mai arrivata a usare su di lui una Maledizione Senza Perdono. La peggiore delle tre, secondo Sirius. Poteva percepire ancora il dolore lancinante dei nervi che colpiva tutti gli organi interni, i muscoli e le ossa.
Gli venne un brivido freddo e desiderò essere altrove. Avrebbe voluto scappare, lasciarsi dietro dei parenti incazzati, ma doveva evitare di farlo. Senza farsi mancare nulla, sua madre aveva avuto la brillante idea di minacciarlo mentre agonizzava a terra a causa della maledizione. E prima di svenire, aveva sentito queste parole: «Verrai a quest'incontro e ti comporterai come un vero erede, altrimenti, torturerò Regulus come ho fatto con te, davanti a te.»
Sirius afferrò il braccio di suo fratello, facendolo sussultare e lo abbracciò, disperato. Come se da un momento all'altro dovesse svanire.
«Ti amo, ti amo tanto fratellino.»
Regulus ricambiò la stretta interdetto, ma sorrise, mentre nascondeva il viso sulla sua spalla. «Anche io. Ora smettila, ci staranno guardando.»
Decoro. Dovevano mostrare decoro ed era quello che fecero per l'intero pomeriggio.
Quanto tornarono a casa, aveva sentito Walburga complimentarsi con loro, senza però guardare mai Sirius. Non voleva dargliela vinta, nemmeno questa volta, perché sapeva che si era comportato bene solo per quella minaccia. Avrebbe fatto qualunque cosa per suo fratello, anche farsi torturare al suo posto.

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