III

848 45 3
                                    



«Puoi scendere e darmi le chiavi della palestra, per favore?» chiede Harry, al telefono. «So cosa stai cercando di fare, e non funzionerà.» «Sei arrivato fin qui,» mugugna Zayn. «Ti avevo detto di dirmi quando se ne sarebbe andato, e allora sarei venuto a trovare Lottie.»

«Non se ne sta andando,» sbuffa Zayn. «Sappiamo entrambi che non lo farà, a meno che qualcuno non lo butti fuori a forza.»

«Lottie capirà,» ribatte Harry, sebbene si renda conto che si sta comportando da egoista, anteponendo i suoi bisogni. «Gli manderò un messaggio. Capirà.»

Zayn sospira. «Sei migliore di così, Harry.» Una risata autoironica gli sfugge. «Per tutti questi anni mi hai sempre sopravvalutato, tesoro. Sono sempre il solito arrogante figlio di puttana.»

«A volte ti odio, lo sai?»

«Benvenuto nel club, Zee.»

«Magari potresti chiamare Jane,» Gli suggerisce, mentre l'ostilità nella sua voce si trasforma in preoccupazione. «Potresti parlarne con lei. Ti potrebbe essere d'aiuto.»

Ecco, Harry lo odia, odia che sappia cosa farà prima ancora che il suo cervello venga a patti. Vorrebbe continuare a essere petulante e irragionevole, perché più a lungo Lottie resterà in ospedale, più le possibilità di imbattersi in Louis diventeranno concrete. È una realtà inevitabile, e è certo che lo distruggerà. «La chiamerò.» Sospira Harry, perché Zayn ha ragione e deve poter parlare con qualcuno che comprenda davvero la gravità delle conseguenze che potrebbe dover affrontare quando si ritroverà davanti il suo passato. «Però non faccio promesse.»

Si salutano, e Harry trova una panchina vuota nel parco davanti all'ingresso dell'ospedale. Si siede lì e si prepara mentalmente a una conversazione faticosa con Jane. Averla come sponsor è stato come vincere alla lotteria. Ha un cuore più grande dell'oceano, ma una lingua affilata. Non indora mai la pillola, non lo ha mai fatto nel loro rapporto. Ed è proprio ciò che gli serve adesso. Ha bisogno di qualcuno che gli dica la verità. Rivedere Louis è una cattiva idea? Si sta davvero preoccupando per la sua capacità di restare pulito? O è soltanto la sofferenza e la rabbia a farlo sentire così? Harry sfila dalla tasca gli auricolari, li indossa e la chiama. «Ehi, straniero,» lo saluta Jane. «Stavo giusto pensando a te stamattina.»

«Be', allora sono guai.» «Non mi chiami da un po', e non ti ho più visto agli incontri,» gli fa notare. «Ho avuto parecchio da fare al lavoro,» le spiega. «E ultimamente è andato tutto bene.» «Mmh, e allora perché mi chiami adesso? Cos'è successo?» 

«Cosa ti fa pensare che sia successo qualcosa?» scherza. 

«Be', Harry, tesoro mio, hai appena detto che ultimamente è andato tutto bene ed è per questo che non mi hai chiamata,» commenta. «E il nostro rapporto non è così, di solito non ci sentiamo per cazzeggiare. Quindi dimmi come mai mi hai chiamato.» «Lottie si è fatta male in campo, due giorni fa,» le racconta. «Non so tutti i dettagli, ma sembra che abbia perso l'udito.» 

«Merda,» commenta, dispiaciuta. «Brutta storia. Come sta? Hai paura che possa deprimersi?»

«In verità, non ci ho pensato molto,» ammette. «La mia più grande preoccupazione è quella di rivedere Louis.» 

«Ah, sì,» mugugna lei. «Loro sono fratelli. Ricordamelo, dov'è stato Louis in questi anni?» Lei non dimentica mai nulla, ma sa che lo sta facendo per aiutarlo ad aprirsi con lei. 

«A Seattle.» 

«Giusto. Giusto. Quindi ora è qui? A Londra?» «Sono fuori dall'ospedale e lui è lì dentro,» confessa Harry. «Sì, è proprio qui, adesso.» 

One Heartbeat At A TimeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora