Ines fece il tragitto fino alla chiesa senza mai voltarsi. Avrebbe voluto –la tentazione era forte-, ma doveva darsi un contegno. Ovviamente però, dopo quasi due ore, Laura e sua zia non erano più lì. Le inviò un messaggio, le mani ancora tremanti per l'emozione. Ma cosa le stava succedendo? Non si sentiva così felice e in ansia da... tanto tempo.
Laura si limitò a inviarle la posizione dell'atelier in cui si trovavano, insieme a un selfie di lei e sua zia con gli abiti da cerimonia indosso. Nemmeno un accenno all'incontro con Jannik o allo Strauben di cui, stranamente, non sentiva più il bisogno.
Ines volse lo sguardo oltre la strada. Troppo tardi. Non c'era più traccia del ragazzo dai capelli rossi, come se si fosse risvegliata da un sogno.
Sospirò, infilò le mani nelle tasche del cappotto e si incamminò.
Dopo pochi minuti Ines entrò nell'atelier, mugugnando un "Buongiorno". Elisa, la zia di Laura, si stava scrutando attentamente allo specchio. Era una bella donna bionda e dagli occhi chiari, tratti tipicamente nordici. Dimostrava almeno dieci anni in meno della sua età ed era raggiante nell'abito che stava indossando. Eppure, qualcosa non la convinceva.
«Possiamo dare un punto qui» stava dicendo la commessa, pizzicandole il fianco «e dare un'accorciatina alle maniche. Ci pensi, le sta un amore.»
Ines, con il suo Strauben ancora in mano, si sentiva fuori luogo. Per fortuna Laura si alzò dalla poltroncina in cui era sprofondata e le andò incontro. Era fasciata nello stesso vestito lilla che le aveva visto nella foto.
«Guarda chi si rivede. Sei arrivata! Zia Elisa, lei è Ines. Un paio d'occhi in più non fanno mai male, non è vero?»
«Che cosa?» sibilò Ines. Poi, alzando la voce: «Buongiorno Elisa, tua nipote mi ha parlato tanto di te. E tanti auguri per il matrimonio!»
«Grazie Ines, il piacere è mio. La mia damigella si stava per addormentare.»
«Scusami, zia. Non sono produttiva senza cibo» e, per sottolineare la frase, sfilò la scatola con lo Strauben dalle mani di Ines. «A dire la verità non mi aspettavo che arrivassi così presto.»
Ecco la frecciatina. Oltre al danno, anche la beffa.
«Noi due dobbiamo parlare» disse Ines, tra i denti.
Laura la ignorò. «Ma che brava, ti mando a comprare la colazione e te la mangi anche. Spero almeno che tu l'abbia condivisa...»
«Tu e io. Noi due. Parlare. Ora.»
Laura mandò le mani all'aria. «Va bene, va bene. Zia, scusaci un momento.»
Ines non le diede neanche il tempo di finire la frase che già l'aveva trascinata dietro uno stand appendiabiti pieno di veli e paillettes.
«Hai contattato Jannik.» Non era una domanda e suonava strana come affermazione. Che cos'era, allora?
«È stato molto disponibile, vero? Secondo me moriva dalla voglia di rivederti.»
«Laura! Avresti dovuto chiedermelo.»
«Impossibile. Non avresti mai accettato.»
«Può darsi.»
«No, è sicuro.» La squadrò. «Be', come è andata?»
«Male.»
«In che senso male, scusa? Avevi un sorriso da ebete quando sei entrata qui.»
«Ma appunto, è andata male perché è andata troppo bene.»
«Non ti seguo.»
«Jannik è cresciuto, è cambiato. Mi fa uno strano effetto, dopo tutti questi anni. E... Mi ha detto che domani sarà il suo ultimo giorno a Sesto e che va a sciare. Ci ha invitate.»
L'amica strabuzzò gli occhi. Non si aspettava quella conclusione. «Che cosa? A noi due? Me e te? Non ci credo. Gli hai detto di sì, vero?»
Ines si grattò il sopracciglio. «Gli ho detto che gli avrei fatto sapere. Mi ha lasciato il suo numero. Ma io domani lavoro...»
«Tu sei matta! Accetta immediatamente. Quando ti ricapita? Tra l'altro, la tua collega Klaudia ti deve così tanti favori... Inventati una scusa e chiedile di coprire il turno. Se non lo fai tu, giuro che lo faccio io.»
Ines si mise a ridere. «Stai ferma. Hai già combinato abbastanza guai per oggi.»
«Guai belli» la corresse con uno sguardo complice.
«Ragazze, cosa state confabulando lì dietro?» Zia Elisa le richiamò all'ordine.
Ines e Laura uscirono allo scoperto. Elisa intanto aveva cambiato abito. Ora ne indossava uno meno aderente e con le maniche di pizzo. Qualunque cosa indossasse, era ugualmente bella.
«Nipote, mi dovresti supportare» disse scherzosamente.
«Ci sono tante persone che hanno bisogno del mio supporto» fu la sua lungimirante risposta.
La donna piroettò su se stessa. «Allora, cosa ne pensate di questo?»
«Mi piaceva di più quello di prima.»
Ines ritenne saggio rimanere in silenzio. Elisa riprese a scrutarsi titubante allo specchio.
«Ehi, zia. Domani mattina Ines e io dobbiamo andare a sciare da queste parti. Potresti ospitare anche lei, per questa notte?»
«Ma certo, tesoro.» Poi si voltò. «A sciare? Tu? Sei capace?»
«Be', grazie a un certo Jannik, c'è sempre una prima volta.»
Ines le tirò una gomitata. «Grazie per l'ospitalità. È stata una cosa del tutto estemporanea. A proposito... Come faccio con la tuta da sci? L'ho lasciata a Bolzano.»
Laura le fece segno di rilassarsi. «Tanto dopo andiamo a fare shopping, no? Io non ce l'ho mai avuta una tuta da sci. Né l'intenzione di andare a sciare.»
«Quella non si compra, però» scherzò sua zia.
Solo allora Ines notò che Laura ed Elisa l'avevano incastrata per tutta la giornata in quello che più aveva voluto evitare. Ogni gioia ha il suo prezzo da pagare.
«Vado un attimo fuori a fare una telefonata.»
«Ceerto» biascicò Laura, addentando quello che rimaneva del suo adorato Strauben.
C'erano diverse persone che Ines avrebbe dovuto chiamare. Jannik e Klaudia, per esempio. Ma ce n'era una che aveva la precedenza su tutte.
Compose il numero. Ines guardò in alto, verso le Dolomiti innevate e il Monte Baranci. L'Austria non le mancava più così tanto.
Uno squillo, due squilli. Poi la voce di una donna felice di sentirla.
«Ciao mamma. Sì, tutto bene. Volevo solo dirti che oggi ho rivisto Jannik.»
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MATCH POINT // Jannik Sinner
FanfictionAppena conclusi gli studi, Ines si trasferisce da Innsbruck a Bolzano per iniziare una nuova vita. Una fotografia, però, le fa tornare in mente i ricordi d'infanzia, e nei suoi ricordi c'è Jannik, il bambino con cui adorava trascorrere la settimana...