"Last Christmas I gave you my heart, but the very next day you gave it away..."
Ines ringraziò silenziosamente George Michael per quella canzone. Era sempre bello tornare a casa per il Natale, ma non le mancavano le compilation di canzoni tedesche natalizie composte il secolo prima a cui sua madre teneva tanto.
Infatti, non fece in tempo a contare fino a tre che... «Ines! Hai tolto il mio cd!» protestò la donna dall'altro lato della casa.
«Era finito» mentì Ines.
«Non è vero.»
«Dai mamma, ti prego. Almeno queste canzoni sono un po' più allegre.»
«Ma dove andranno a finire le tradizioni, con voi giovani?»
Era sempre quella la conclusione del discorso quando Ines provava a farla ragionare.
Suo padre fece capolino nella sala. «Possibile che ogni Natale dovete discutere sulla musica da ascoltare?» Poi posò le mani sulle spalle della figlia e le bisbigliò all'orecchio: «Grazie, non ne potevo più.»
Il quarto componente della famiglia, la gatta Wanda, sfiorò pericolosamente le palline attaccate all'albero. La parola Wanda dalle loro parti aveva un significato simile a "vagabonda"; l'avevano chiamata così perché qualche anno prima era stata fuori casa per molto tempo, finché un giorno –quando l'avevano ormai data per dispersa- non aveva fatto di nuovo la sua apparizione sullo zerbino.
«Wanda» la ammonì Ines «non distruggere l'albero, altrimenti ti mettiamo al posto del puntale!»
Come ogni anno, suo padre era andato al vivaio e aveva selezionato quello delle giuste dimensioni e del giusto aspetto. Il profumo di resina e abete si mischiava a quello della legna nel camino acceso. Era tutto apparentemente perfetto: le decorazioni natalizie, la neve che imbiancava gli edifici fuori dalla finestra, della musica orecchiabile, i parenti che si sarebbero riuniti a pranzo per festeggiare insieme il Natale. Di tutte quelle persone, però, Ines ne aveva in mente solo e soltanto una. Quella che, inevitabilmente, non sarebbe stata presente. Babbo Natale non poteva regalare le persone.
Per scacciare quei pensieri negativi, la ragazza andò in cucina per aiutare la madre con il pranzo. La gatta la seguì obbediente. Sapeva che ne avrebbe sicuramente ricavato del cibo. La tavola era imbandita di vassoi con piatti tipici austriaci: Frittatensuppe, Gans, Erdäpfelsalst (in ordine, zuppa di frittatine, oca con mele e castagne e l'immancabile insalata di patate). Al dessert avrebbe provveduto la nonna, da brava ex pasticcera.
Ines rubò una castagna dalla teglia e la madre, in risposta, la allontanò con lo strofinaccio. «Sei venuta qui per mangiare o per darmi una mano?»
«Tutt'e due.» Ines indossò il grembiule e iniziò ad affettare le verdure. Cucinare non era il suo forte, non perché non fosse capace, ma perché non aveva voglia di trascorrere in quel modo il poco tempo a disposizione. Le si adattava perfettamente il detto che le aveva insegnato Laura: "È brava, ma non si applica".
«Insomma, come sta il piccolo Jannik?» le chiese sua madre a bruciapelo.
«Mamma, non è più piccolo! Sarà tipo... un ventunenne di un metro e novanta.»
«Ma dai, hai capito cosa intendo! E poi per me rimarrete sempre piccoli.»
«Sarebbe bello» le fece eco il marito, che le aveva raggiunte in cucina. «Di chi state parlando, comunque?»
«Del piccolo Jannik. Te lo ricordi, no? Il figlio dei Sinner, la coppia che incontravamo durante le vacanze invernali.»
Il padre di Ines sgranò gli occhi. «Certo che me lo ricordo. Quel ragazzino era una forza sugli sci...»
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MATCH POINT // Jannik Sinner
FanfictionAppena conclusi gli studi, Ines si trasferisce da Innsbruck a Bolzano per iniziare una nuova vita. Una fotografia, però, le fa tornare in mente i ricordi d'infanzia, e nei suoi ricordi c'è Jannik, il bambino con cui adorava trascorrere la settimana...