26 - BENTORNATO

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Le Tre Cime di Lavaredo parevano voler trafiggere il cielo. La roccia emergeva dalla coltre di neve, il cui bianco brillante si confondeva con quello delle nuvole. Anche i prati rigogliosi della Val Fiscalina erano stati sommersi dalla neve. Gli abeti ne sopportavano a stento il carico. Era 26 dicembre e nell'aria si respirava ancora l'atmosfera delle festività natalizie.

Jannik uscì frettolosamente dal Talschlusshütte (il rifugio Fondovalle dei suoi genitori) e si infilò nella Stelvio prima che qualche curioso potesse scattare foto. Si sentiva quasi in colpa a godere di tutta quella popolarità, perché la sua famiglia era riservata e l'ultima cosa di cui aveva bisogno era una sfilza di giornalisti fuori la porta.

Aveva trascorso dei giorni tranquilli lì in loro compagnia. I manicaretti di suo padre, la dedizione al lavoro di sua madre... E poi c'era Mark, suo fratello, che non vedeva quasi mai, eppure era una colonna portante: c'era sempre per lui quando ne aveva bisogno e aveva un ruolo fondamentale nella sua vita. Jannik si sarebbe voluto trattenere ancora, ma doveva mettere da parte la nostalgia: il richiamo del campo da tennis era troppo forte per poter essere ignorato. Infatti, pochi giorni dopo la vittoria della Coppa Davis, si era recato ad Alicante per gli allenamenti. A metà dicembre si era concesso una scappata a Maranello; ospite presso la Scuderia Ferrari, aveva coronato un altro dei suoi sogni: mettersi al volante di una Purosangue. Jannik era completamente inebriato dal sound unico del Cavallino Rampante. Gli sembrava di averlo ancora nelle orecchie. Dopodiché era tornato ad Alicante, presso la "Ferrero Tennis Academy", per fare pratica con Carlos Alcaraz e il suo team. Si trattava di un off-season, ma per lui non faceva differenza: che fossero domeniche, vacanze estive o natalizie, ogni giorno era un buon giorno per migliorarsi, se il fisico era riposato e in salute.

Poi, finalmente, aveva guidato fino al suo atteso Trentino, dove era stata organizzata una festa di bentornato in suo onore. Jannik adorava il modo caloroso e discreto con cui il paese lo accoglieva ogni volta. Il sindaco Thomas Summerer si era profuso in complimenti ed esternazioni di orgoglio. Lui aveva ringraziato con educazione, ma non si riteneva un eroe come molti lo dipingevano. Non era modestia, aveva solo raccolto i frutti di grandi sacrifici. Ciò che veramente lo rendeva felice era che le persone si stessero avvicinando al tennis. Lui, in quanto Jannik Sinner, poteva piacere o non piacere, ma l'opinione degli altri non l'avrebbe cambiato. Si riteneva fortunato a poter vivere della sua passione, tutto qui.

Gli aveva fatto effetto tornare a Sport Sexten, il circolo sportivo presso cui si allenava quando era piccolo. Era una bella sensazione essere il punto di riferimento di molti bambini che lo consideravano un modello a cui aspirare. Anche lui, alla loro età, aveva degli idoli a cui chiedere autografi e foto. Jannik era onorato di aver avuto la possibilità di condividere il campo da tennis con alcuni di loro. Ecco perché, negli occhi dei bambini che lo avevano circondato a Sesto, rivedeva una parte di se stesso. Non poteva dimenticarlo.

Ma ora, oltre alla famiglia e agli amici più stretti, c'era un'altra persona nel suo cuore che moriva dalla voglia di rivedere. In realtà non si trattava di una new entry. Era sempre stata lì, fin dal giorno in cui si erano conosciuti, solo che non lo sapeva.

Jannik si lasciò alle spalle la sua amata Sesto Pusteria e si immise in autostrada, destinazione Bolzano. L'immagine di Ines si sovrapponeva a quella dell'asfalto: le lunghe ciglia scure che contornavano gli occhi sorridenti, i capelli che formavano delle onde perfette, il calore del corpo in cui gli piaceva rifugiarsi quando voleva scacciare ogni pensiero dalla testa.

Spinse un po' di più sull'acceleratore. Che bella sensazione.

***

«Ines.» Laura comparve sul balconcino in legno che comunicava con le loro camere da letto. L'altra non la degnò di uno sguardo, gli occhi fissi su chissà cosa. «Ines!»

Ines sobbalzò. Cosa stava facendo? Perché aveva un innaffiatoio in mano? Ah, sì, i fiori... «Che c'è?»

«Se non la smetti di versare acqua sui gerani, li ritroveremo stecchiti domani mattina.»

«Mi hai detto tu di innaffiarli.»

«Sì, ma non di affogarli.»

Ines staccò gli occhi dalla strada sottostante e tornò al presente. Dell'acqua era gocciolata dai vasi e le aveva bagnato le punte delle scarpe.

«Gli altri stanno chiacchierando in sala. Hanno fatto conoscenza.»

«Bene» replicò distrattamente.

Avevano invitato Jannik, Luca, Thomas e Andrea nel loro modesto appartamento per trascorrere una serata insieme. Con grande piacere di Ines li aveva raggiunti anche Ana, la nuova fidanzata di Andrea. Era una bella ragazza alta, magra e bionda ed era all'ultimo anno di medicina in Slovenia. Gli ospiti erano stati tutti più o meno puntuali, ma all'appello mancava ancora una persona...

«Ah, e le cotolette sono sul fuoco.»

Poiché la stagione tennistica si era conclusa per quell'anno e Jannik poteva concedersi qualche strappo alla regola, Ines aveva suggerito di preparare Wiener Schnitzel, la cotoletta alla viennese. Era il piatto preferito dell'altoatesino, la nonna glielo cucinava sempre quando era piccolo.

«Tra l'altro» proseguì Laura «si chiamano "cotolette alla viennese" per un motivo. Tu sei austriaca, quindi è una tua responsabilità.»

«Tirate in ballo i confini politici solo quando vi fa comodo.»

«La politica è convenienza.» Laura fece un cenno di disapprovazione. Ines non era ancora tornata definitivamente sul pianeta Terra. «Non essere agitata, sta arrivando.»

«Non sono agitata.»

«Sei una pessima bugiarda. Su, vieni dentro o congelerai.»

Proprio in quel momento una Stelvio fece capolino in lontananza. Ines strizzò gli occhi. Non se ne vedevano molte di auto così, non poteva che essere lui. Rientrò in casa e si diede una sistemata all'abito di lana beige.

«Stai benissimo» la rassicurò la coinquilina alle sue spalle. «Ah, non ricordo se te l'ho detto, ma stasera resto a dormire da Luca.»

Ines aggrottò la fronte. Era successo spesso che Laura rimanesse a dormire dalle compagne di studio, ma mai da lui.

«Cos'è quella faccia? Non voglio di certo essere nella stanza accanto mentre tu e pel di carota...»

«No, certo che no» la interruppe Ines, frenando a stento una risata. «Ma sei sicura che il motivo non sia un altro?»

«Forse... Forse l'amore non fa così schifo, dopotutto.»

«Lo sapevo! Sapevo che, prima o poi, avresti ceduto.»

«Be', ora non ti emozionare troppo. Non è ancora ufficiale.» Il campanello suonò. «Ecco, vai ad aprire, è sicuramente il tuo moroso. E se parli con Luca di questa storia, ti soffoco nel sonno.»

«Ma non potrai, perché stanotte non sarai qui» la canzonò Ines.

Andò alla porta, seguita da Ares. L'husky ormai faceva gli onori di casa. Come se avesse percepito il suo nervosismo, le leccò una mano per tranquillizzarla. Ines non poteva farne a meno. Le mancava sempre il respiro quando sapeva di dover rivedere Jannik. 

MATCH POINT // Jannik SinnerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora