10 - LOSE YOURSELF

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I mesi per Ines scorrevano lenti, scanditi dal lavoro in agenzia e dalle foto postate dal tennista altoatesino nei luoghi più disparati del mondo.

A gennaio Australian Open, a febbraio la vittoria su Maxime Cressy a Montpellier, seguita dalla sconfitta contro Medvedev a Rotterdam; poi il ritiro a Marsiglia e a marzo la sconfitta in semifinale contro Alcaraz a Indian Wells, in California, durante quei "giorni nel deserto", come aveva scritto Jannik; e ancora, Miami, Masters di Monte Carlo, il nuovo ritiro a Barcellona e le foto con Djokovic a Roma durante gli allenamenti pre-torneo.

La sua immagine era dappertutto: sorridente, concentrato durante una battuta o mentre mostrava il suo famoso "pugnetto" della vittoria; con gli avversari, con i compagni di squadra e durante l'allenamento; con indosso la divisa sportiva o gli abiti eleganti per eventi e interviste.

In qualsiasi veste fosse, Ines non poteva fare a meno di pensare a tutti i sacrifici fatti da Jannik e che meritasse tante soddisfazioni dalla vita. Era stato perfino criticato per essersi ritirato da alcune partite, ma quelle decisioni erano lo specchio della sua sincerità. Lui non aveva mai avuto intenzione di partecipare tanto per fare presenza e guadagnare soldi; voleva giocare dando ogni volta il meglio di se stesso, divertendosi e focalizzandosi sui tornei davvero importanti, nella speranza -un giorno- di diventare il numero uno al mondo nella classifica Atp.

E proprio quando Ines era riuscita a chiudere in un cassetto le giornate trascorse con lui, era arrivata una proposta. Anzi, la proposta.

Ricordava benissimo quel giorno, perché era una domenica di maggio e aveva convinto Laura a fare un'escursione a piedi dal centro di Bolzano fino al suo "tetto", Soprabolzano, da quelle parti conosciuto anche come Oberbozen. Ines andava sempre a caccia di viste mozzafiato da imprimere nel cuore, di quelle che si ammirano domandandosi come faccia la natura a creare tanta bellezza. Dopo più di due ore di camminata erano arrivate in cima, a oltre 1200 metri di quota, con il paese sotto i loro piedi e lo sguardo che spaziava dalle Dolomiti alle Alpi Austriache.

Il cellulare in diversi tratti non prendeva, ma per una strana coincidenza –forse il fato- quella chiamata aveva rotto la quiete di quel posto. In un secondo erano passati mille pensieri nella testa della ragazza, talmente tanti che ormai non ne ricordava nemmeno uno.

La cercava un tennista, un altoatesino, una persona a caso: Jannik Sinner, che bussava di nuovo alla porta della sua vita. La chiamava da Parigi per dirle che sarebbe tornato per qualche giorno a Monte Carlo e che gli avrebbe fatto piacere invitarla lì. Poi le sue prossime tappe sarebbero state Paesi Bassi e Germania, anche se tutta la sua attenzione era focalizzata sul grande torneo di Wimbledon.

Per quanto si sforzasse, Ines non aveva memoria della risposta che gli aveva dato, delle parole che aveva balbettato o pronunciato con spavalderia. Però ricordava perfettamente di aver impiegato la metà del tempo a tornare a Bolzano, come se i suoi piedi non toccassero terra, mentre Laura le chiedeva di andare più piano e lei continuava a non accorgersi di ciò che le accadeva intorno.

Quello, in breve, era il motivo per cui era andata a Milano Centrale e, dopo un cambio a Ventimiglia, aveva preso un treno diretto a Monte Carlo. Era nel Principato di Monaco, in un posto che sprizzava lusso da tutti i pori, con la Costa Azzurra affacciata sul Mediterraneo e le Alpi Marittime che la riportavano vagamente a casa.

Il suo treno arrivò a destinazione nel pomeriggio inoltrato; in quel modo Jannik aveva già concluso gli allenamenti e poteva passare a prenderla in stazione. Infatti, lui era lì ad aspettarla e quella situazione era quasi surreale.

Se ne stava con le mani nelle tasche del pantalone della tuta, appoggiato a una colonna. Quando la vide i suoi occhi si illuminarono. «Ciao Ines! Sei appena arrivata, vero?»

MATCH POINT // Jannik SinnerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora