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La mensa, che fino a poco fa Fukuzawa l'aveva vista vuota per la visita, si era riempita in pochi attimi.

Tutti i pazienti avevano preso posto, occupando ogni tavolo presente, comprese le sedie anche per poggiarci comodamente i piedi.

Le guardie si trovavano attaccate al muro, ad accertarsi che nessuno si accanisse. Parevano abituati agli schiamazzi dei loro ospiti indesiderati.

In lontananza, mentre Fukuzawa vagava alla ricerca di un posto dove potersi mettere, poteva sentire provenire dai tavoli ogni tipo di discorso: chi ribadiva di non essere pazzo, chi strepitava che stava ideando un grandioso piano fuga, chi si vantava dei progressi di guarigione che stava facendo e via discorrendo.

Dovevano conoscersi tutti tra loro, da diverso tempo.

A Fukuzawa, poco importava, poteva stare benissimo anche da solo. Non amava parlare a bocca piena.

- Sei qui! Ti stavo cercando. -

Alle sue spalle udì una voce molto familiare, si voltò e non fu meravigliato che c'era Ranpo.

Forse, la cosa più assurda che trovò, era che il corvino si fosse riempito il vassoio in maniera veramente esagerata.

La zuppa era piena fino all'orlo del piatto, le cosce di pollo creavano una montagna ma aveva solo una bottiglia d'acqua e una brioche incartata.

Ranpo gli si piazzò davanti, con un largo sorriso.
- Ti va di sederci insieme? -

Se quel ragazzino era l'unica occasione per poter trovare un posto libero, molto volentieri. Fukuzawa annuì.

Il minore lo guidò fino a un tavolo vuoto, isolato dal resto della mandria che aveva cominciato a lanciarsi il cibo addosso e le guardia si erano precipitate per intervenire.

In poco tempo, però, non appena i due si sedettero, si creò una sottospecie di fila al loro tavolo.

- Che cos'hai da darmi? -
Chiese Ranpo, ad un paziente.

- Una brioche al cioccolato della colazione, in cambio due cosce di pollo. -

Il corvino sembrò pensarci a lungo, prima di accettare. Così continuò per tutta la fila che aspettava il proprio turno per contrattare.

In poco tempo, il vassoio di Ranpo si riempì di dolci e cibo spazzatura, senza più alcuna traccia di quello che aveva preso prima.

Il suo sguardo si posò su quello di Fukuzawa e gli sorrise, portandosi l'indice sinistro sulle labbra e nascondendo intanto tutta quella roba sotto i vestiti.

- Ti ammalerai. -
Lo riprese arreso l'argentato.

- Sono già malato! Per loro, intendo. -
Strillò con orgoglio il corvino.
- È così comodo essere il più giovane qua dentro. I cuochi si inteneriscono e mi riempiono i piatti perché devo crescere, approfitto a fare questi baratti a chi vuole delle porzioni di cibo in più. È un ottimo affare. -

Fukuzawa sospirò, ormai il vassoio si era svuotato ed era rimasto solo il dolce della giornata, che il minore scartò e mangiò soddisfatto.

- Oh... Tu non hai fame? -
Notò Ranpo, con la bocca piena.

A Fukuzawa era stato detto che non doveva assolutamente saltare i pasti, ma come poteva fare?
Senza contare che aveva accidentalmente mancato al pranzo, ma a quanto pare nessuno se ne era accorto - o Fukuchi aveva detto alle guardie di lasciarlo riposare in pace, una volta in camera -.

Abbassò lo sguardo e si guardò le mani, morte, posate sulle gambe.

Doveva andare a prendere il vassoio, reggerlo man mano che si appesantiva e portarlo fino a tavola.

Non erano due passi il posto dove si era messo seduto.

No, non erano comunque scuse. Ce la poteva fare.

L'argentato si alzò, senza proferire una parola e andò a prendere il vassoio, se lo fece scivolare sotto le dita, finendo con il poggiarlo sugli avambracci e fece la fila in mensa, lasciandosi servire tutto: la zuppa di verdure, le cosce di pollo, una brioche incartata e una bottiglia d'acqua.

I cuochi sembravano ignari delle sue condizioni, cominciarono solo a ridersela quando videro Fukuzawa allontanarsi con goffaggine mentre cercava di non far cadere niente.

Da lì a poco, anche tutti i pazienti a tavola gli diedero attenzioni e tutti cominciarono a sogghignare. Trovarono veramente buffo vedere un uomo che portava un vassoio pieno sulle braccia senza usare le mani, che camminava lentamente e la zuppa ogni tanto traballava e colava a terra.

Doveva essere veramente pazzo e un idiota, pensavano gli altri a guardarlo.

Fukuzawa raggiunse comunque a testa alta e schiena dritta il tavolo con Ranpo, posò a fatica il vassoio, la zuppa scivolò tutta via dal piatto e la bottiglia d'acqua rotolò via. Ranpo gliela afferrò prima che potesse cadere.

Nessuno dei due proferì alcuna parola, Fukuzawa si sentiva ancora osservato. Nemmeno le guardie stavano intervenendo, troppo seccate.

- Vuoi una mano? -
Domandò Ranpo, appena vide il maggiore cercare di reggere le posate per mangiare almeno la carne. Ormai della zuppa era rimasto ben poco. Il tavolo si era sporcato.

- No, ce la faccio. -
Insistè Fukuzawa, nonostante le mani gli tremassero e le posate gli scivolavano via in continuazione.

La sirena suonò, il tempo della cena era finito. La mensa cominciò a svuotarsi poco a poco, i cuochi non vedevano l'ora di pulire il posto per rientrare rapidamente a casa, sbuffando a ciò che aveva combinato il nuovo arrivato a terra e sul tavolo.

Fukuzawa ancora non aveva toccato cibo, insistendo ancora sul riuscire ad afferrare forchetta e coltello. Ranpo lo attese, ma una guardia si avvicinò ai due, con la mano vicino al taser attaccato alla cintura.

- Forza, via. -

- Ma non ha ancora toccato cibo. -
Intervenne il ragazzino, per nulla intimorito dalla minaccia silenziosa che gli stava lanciando l'uomo in divisa.

- E poi non possiamo saltare i pasti. -
Insistè Ranpo.

- Ovvio, non potete saltare l'ora dei pasti. Ma chi ha specificato che potete anche non mangiare? L'importante è che vi presentate, noi vorremo tornare a casa in orario. Andate via. -

Ranpo stava per ribattere ancora una volta, ma prima che potesse dire altro, Fukuzawa intervenne.

- Ce ne andiamo, nessun problema. -

Era seriamente preoccupato di quel taser e poteva immaginare che più il minore avrebbe ribattuto, ben presto avrebbe passato la notte in infermeria.

In silenzio, i due uscirono, abbandonando la mensa.

Ranpo pareva davvero infastidito e Fukuzawa non capì perché gli stava dando così tante attenzioni, dato che si conoscevano a malapena.

L'argentato cominciò a cambiare strada, lasciando il corvino indietro.

- Dove vai? -
Chiese Ranpo.

- Ho un impegno, era già organizzato, quindi avrei dovuto lasciare la mensa comunque in orario. -

Gli rispose Fukuzawa, dirigendosi silenzioso verso l'infermeria, con il corridoio che diventava man mano sempre più buio e non c'era nessuna guardia di vedetta, nemmeno un paziente a fare la sua stessa strada.






Angolo di un autore tenuto in ostaggio da un gatto:

Ranpo ci insegna l'arte dello spaccio,  annotiamo. E soffriamo per Fukuzawa 👼.

Intruder [BSD - FukuMori]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora