Capitolo 21

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"Sai quand'ero piccola spesso mi alzavo di notte con mio fratello e ci preparavamo due tazze enormi di cioccolata calda" Sorrido al ricordo e bevo un altro sorso.

Ethan mi osserva attento, ormai incontrarci la notte in cucina è quasi un appuntamento fisso.

"Poi la mattina mia madre ci trovava addormentati sul divano" All'improvviso la nostalgia si impossessa di me. E' difficile non pensare a quello che ho visto nell'autogrill ora, specialmente quando la nomino.

"Noah?" Lo guardo con gli occhi spalancati "Come..." Non riesco a finire la frase "Quando stavi urlando l'altra sera" Comincia lentamente "Hai gridato il suo nome".

Penso che potrei sotterrarmi per l'imbarazzo.

Lo guardo di sottecchi, arrossendo, ma ancora una volta, incontro uno sguardo comprensivo "Ho detto qualcos'altro?" Chiedo pur non essendo totalmente sicura di voler conoscere la risposta.

Non parla così alzo lo sguardo "Si...Hai detto anche la parola papà..." Mi faccio più seria, non ho voglia di pensare a lui.

Prendo un sorso della mia cioccolata "Se vuoi puoi raccontarmelo, l'incubo" Mi mordo il labbro inferiore, indecisa.
Non so se riesco a raccontarglielo, dovrei spiegare un po' di cose. Non l'ho mai detto ad alta voce, non ho mai parlato di cosa è successo e ora che ne ho l'occasione di farlo qualcosa mi blocca.

"E tu? Hai fratelli o sorelle?" Se si rende conto del mio tentativo di cambiare argomento, non lo da a vedere. E' una delle cose che preferisco di Ethan, sa sempre quando non è il caso di insistere.

"No, ma mi sarebbe piaciuto averne, anche se in fondo i ragazzi sono un po' la stessa cosa" Dice sorridendo.

Mi perdo per un attimo a guardarlo, osservo il modo in cui alcuni dei suoi riccioli gli cadono sulla fronte. Il modo in cui il suo viso si illumina quando sorride e i suoi occhi sembrano ridere.

Provo ad immaginarlo senza le occhiaie dovute all'insonnia e le sopracciglia aggrottate, lo sguardo attento e distante, sempre allerta mentre fa attenzione ad ogni rumore e movimento.

Ci è stato tolto tutto quello per cui valeva la pena di vivere. Ci siamo abituati alla solitudine e alla sofferenza, alla morte e alla disperazione. Questa non è vita. Ci accontentiamo di sopravvivere perché è tutto ciò che ci rimane, e a volte mi ritrovo a chiedermi quale sia il senso, lo scopo.

"Sono contento che tu abbia deciso di restare"

La memoria dei nostri cari e la speranza in un nuovo inizio, i legami inaspettati e le amicizie di una vita. Le piccole cose, i momenti condivisi.
Non tutto è perduto se siamo in grado di cercare nei posti giusti. E io ne ho bisogno più di quanto credessi. Ecco qual è il senso.

"Anche io".

Mi sveglio a mezzogiorno, l'ultima cosa che ricordo è che verso l'alba sono tornata in stanza. Ho dormito senza fare nessun incubo.
Temo che sia troppo tardi per uscire ormai e i miei sospetti diventano certezze quando trovo un biglietto attaccato alla porta.
"Siamo dovuti uscire, non volevamo svegliarti, ci vediamo stasera -Ethan"

Sarei voluta andare con loro di nuovo ma sono contenta di essere riuscita a dormire un po'.

Ha una scrittura confusionaria, in completo contrasto con l'ordine in cui era la sua stanza.

Per lo meno da quando sono qui sembra che qualcuno ci abiti in questa casa e forse andrebbe anche pulita. Mi chiedo come facessero a tenerla così ordinata, considerando che in realtà sono abbastanza disordinati.

Quando scendo al piano di sotto sento che Eric sta parlando con Josh ma appena entro nel soggiorno si interrompe.

Ci guardiamo per qualche secondo e io provo ad accennare un sorriso che però diventa la sua scusa per andarsene senza dire nulla. Quando mi passa accanto devo scansarmi per non prendere una spallata.

Rimango sulla soglia della stanza, interdetta, mentre sento i suoi passi pesanti allontanarsi.

"Buongiorno!" Dico sarcastica, Josh sorride "Non dargli troppo peso...È complicato" Si l'ho già sentita. Alzo le spalle sedendomi su una poltrona.

Non sono arrabbiata con Eric, credo che se lui me lo permettesse, potremmo anche andare d'accordo. Non si ha mai veramente un'idea di quello che un'altra persona sta passando, ognuno di noi ha i propri problemi e le proprie difficoltà. Il punto ora è capire se io sono uno dei suoi di problemi.

"Tutto ok?" Alzo lo sguardo e per un momento vedo Noah. Chiudo gli occhi e sospiro, poi scuoto la testa.

Non so perché mi sto aprendo con lui, non so più che fare. Sono così confusa, e ogni secondo che passa una nuova opinione si forma nella mia testa, che contrasta tutte le precedenti.

Sono rimasta qui e sto facendo del mio meglio per andare avanti, ma poi mi scappano una parola di troppo, un sorriso, una risata e mi rendo conto che mi sto aprendo sempre di più. Non so se sono pronta a farlo e se è sicuro farlo. Una parte di me non fa che sussurrarmi all'orecchio di prendere le mie cose e andarmene il più in fretta possibile. Ma poi guardo Ethan e mi sento al mio posto, scherzo con Luke e mi sento più serena, parlo con Josh e rilasso i nervi.

Sono così stanca di scappare da tutto. Da casa mia, dalla scuola, dai due uomini, dagli zombie. Ma allo stesso tempo mi sento sempre così intrappolata dentro il mio corpo. Dentro la mia mente e la sua confusione, dentro i miei doveri e le mie aspettative. Mi sento in gabbia e vorrei fuggire.

A volte ho bisogno che tutto si fermi. Vorrei solo un po' di silenzio, tranquillità. Non voglio più sentire le voci nella mia testa, i miei pensieri che cercano di sovrastarsi l'un l'altro urlando. Ho bisogno di un po' di pace, ma da quando ho rivisto mia madre è diventato estremamente difficile non pensare a lei.

"Tu pensi troppo" Lo guardo confusa "Riesco a sentire la confusione che c'è nella tua testa da qua" Mi appoggio allo schienale, stupita, forse anche un po' infastidita, dal modo in cui è riuscito ad inquadrarmi.

Lui prende un altro sorso di qualsiasi cosa abbia nella tazza, poi torna a guardarmi "Devi rilassarti" Mi scappa una risata, più isterica che divertita "Lo fai sembrare semplice"

"Lo è" Insiste come se stesse dicendo la cosa più ovvia del mondo "No, non lo è" Ribatto scettica.

"Le cose che accadono intorno a te possono provare a condizionarti, ma sei tu a decidere cosa fare e come sentirti" Scuoto la testa "Non è così semplice, puoi provare a fingere di sentirti in un modo, ma non puoi semplicemente decidere come ti senti veramente" Ripeto "Puoi comunque decidere come reagire però" Insiste lui.

Sospiro distogliendo lo sguardo "E se non sapessi cosa fare?"
"Segui il tuo istinto, Lasciati guidare e riuscirai a prendere la scelta giusta" Mi tiro su dallo schienale "Ma io ho paura" Annuisce come se avesse capito tutto, si tira avanti e mette la tazza sul tavolino, si piega e poggia le braccia sulle gambe.
"La paura non è reale. È solo l'insieme dei pensieri che ci creiamo nella mente" Non l'ho mai visto parlare con tanta determinazione e convinzione "Non fraintendermi, il pericolo è molto reale, ma la paura, è una scelta".

Rimaniamo in silenzio, le sue parole si riecheggiano nella mia testa e aggrotto le sopracciglia "Hai appena citato Will Smith?" Si risistema sulla poltrona, poggiandosi allo schienale "E' un uomo saggio" Ci guardiamo per qualche secondo, poi scoppiamo a ridere entrambi.

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cosa ne pensate di josh? e di eric?

-emme <3

L'inizio della fineDove le storie prendono vita. Scoprilo ora