35 - La fuga

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Avevano lasciato Corha confinata nella sua cella invisibile il cui unico arredo era lo scomodo letto, più simile a una branda che ha un vero e proprio giaciglio.

Seduta tra le sottili coperte, aveva cominciato a pensare di forzare la barriera e fuggire quando, come se avessero intuito le sue intenzioni, un gruppo di soldati si era palesato davanti a lei.

Uno di essi portava un vassoio con del cibo.

Corha lo fissò con sguardo di sfida e si accorse, non senza una punta di orgogliosa sorpresa, che il soldato aveva paura. Si avvicinò alla barriera e appoggiò il vassoio per terra, apprestandosi a spingerlo con la lancia entro i confini della cella.

Quando il vassoio fu ormai a metà del suo percorso, Corha si alzò di scatto e lo afferrò, tirandolo dentro.

Il soldato fece un balzo all'indietro, quasi inciampando nella sua stessa lancia. Risolini trattenuti rimbombarono tenui all'interno degli elmi dei suoi compagni d'arme, con grande scorno della malcapitata vittima.

Recuperato che ebbero il loro contegno marziale, scomparvero dietro una delle porte laterali e nella grande sala regnò di nuovo il silenzio.

Corha, il ghigno divertito ancora dipinto sul volto, si sedette sul gelido pavimento a gambe incrociate ed esaminò il contenuto del vassoio.

La portata principale era costituita da una sorta di zuppa dal poco invitante colore grigio. Corha prese in mano la ciotola e l'annusò diffidente ma quando le sue narici vennero investite dall'odore di funghi, il suo stomaco emise un brontolio di approvazione.

Senza preoccuparsi delle buone maniere, sorbì la zuppa tiepida direttamente dalla ciotola, finendola in poche avide boccate.

"Beh, almeno cucinano bene" borbottò, cercando di trovare un lato positivo in quella situazione che poteva definirsi solo tragica.

Riposta la ciotola sul vassoio, la sua attenzione venne catturata da un... panino?

Afferrò il cibo sconosciuto e diede un morso, troppo affamata per contemplare di svolgere uno studio più accurato. I suoi denti, dopo un'iniziale resistenza, incontrarono una crema dolce, forse a base di uova.

Finì anche quello troppo rapidamente e poi bevve la limpida acqua che riempiva un alto bicchiere di vetro spesso e opaco.

"Meglio di niente, immagino..." commentò, consapevole di come quelle due parche pietanze avessero appena scalfito la montagna che era la sua fame.

"Tutto ciò è molto buffo, non trovi?"

La voce giunse alle sue orecchie come amplificata, dal vuoto della sala e dalla sua sorpresa. Troppo vicina per provenire dall'esterno della cella.

Corha balzò in piedi, come spinta da una molla, avvicinandosi così tanto alla barriera da percepire la tenue vibrazione che aveva imparato a conoscere.

Rigida, il cuore un martello nel suo petto, volse lo sguardo nel punto in cui la voce era provenuta e sbatté le palpebre, incredula.

Per un lungo istante, ebbe il dubbio che si trattasse di una delle maledette visioni che non le davano tregua ma si rese presto conto che l'uomo sdraiato sul letto con le braccia incrociate dietro alla testa, sembrava assolutamente reale.

"E tu chi diamine sei?"

"Ti sei già dimenticata di me? Voi mortali avete la memoria assai corta..." le rispose lo sconosciuto, mettendo il broncio.

Corha scrutò quel volto sgraziato segnato da rughe profonde, i denti sporgenti e marci, i vestiti sgualciti...

"Aspetta, mi ricordo di te..."

Il Bastone del Verbo - Libro Primo (in revisione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora