9 - Frost.

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Ha freddo.
Questa è la prima cosa che riesce a constatare Stiles quando inizia a svegliarsi quella mattina.
Sospira rilassato, i ricordi della serata e della nottata appena trascorse si delineano piano piano dietro le sue palpebre ancora chiuse e gli fanno stendere automaticamente un sorriso sulle labbra, nonostante lo stato di semi incoscienza in cui ancora versa.
Stiracchia i muscoli tesi rigirandosi sotto le lenzuola e allunga una mano verso la parte del letto che appartiene a Derek, aggrottando le sopracciglia quando la trova vuota e gelida.
Apre un occhio lentamente, guardandosi attorno confuso, non sentendo alcun rumore provenire dal resto della casa.

Resta alcuni istanti in ascolto, ma tutto ciò che i muri del loft restituiscono è il nulla assoluto, mentre qualche timido raggio di luce penetra a fatica dalle spesse tende che oscurano la vetrata della stanza.
Stiles si decide a sollevare il busto dal materasso aprendo anche l'altro occhio, mentre una strana inquietudine comincia a spandersi dentro il suo petto.
Qualcosa non va.
Non è una grande novità svegliarsi da solo per lui, Derek ha sempre avuto il vizio di alzarsi all'alba per andare a correre oppure per allenarsi in solitaria, ma qualcosa di profondo dentro di lui gli sta urlando che quella non è una delle solite mattine.

Sposta con uno scatto repentino le coperte e si alza, rabbrividendo al contatto dei piedi nudi sul pavimento freddo.
Si dirige verso la finestra e sposta appena una delle tende, meravigliandosi quando nota come il cielo sia appena appena illuminato, segno che deve essere davvero troppo presto anche per il licantropo e le sue strane abitudini e quella piccola constatazione non fa che aumentare il suo stato di disagio.
"Sourwolf?" Tenta andando verso il bagno, e vorrebbe sprofondare quando sente il tremore della sua voce, ma anche li non c'è traccia del lupo, tanto meno sembra esserci passato in precedenza. Ogni superficie è perfettamente asciutta, gli asciugamani che Derek di solito appallottola sono ordinati così come li aveva sistemati Stiles il giorno prima.
Sente le ginocchia minacciare di cedere mentre svelto si dirige verso la scala a chiocciola per scendere al piano di sotto, solo per trovarlo desolatamente vuoto e in penombra, ogni cosa al proprio posto, niente che possa far intendere che Derek sia li o ci sia anche solo passato.

A grandi falcate si dirige verso il grande tavolo in legno dove sa di aver abbandonato, la sera prima, il suo cellulare e prendendolo compone a memoria il numero dell'alpha, ma appena preme il tasto verde la chiamata si stacca facendo entrare la segreteria.
Lui sa che deve sempre rispondere anche se va a correre, lo sa, non spegnerebbe mai il cellulare.
Ed è con quel pensiero in testa che, agitato, passa gli occhi su ogni lato della stanza alla ricerca disperata di qualunque cosa possa dirgli che sta iperventilando per nulla, che è tutto a posto che Derek sta bene e starà sicuramente per tornare, finché la sua attenzione non viene catturata da un piccolo pezzo di carta ripiegato in quattro e lasciato sul tavolino da caffè di fronte al divano.

Stiles inarca un sopracciglio studiandolo da lontano. Si guarda ancora in giro confuso, avvicinandosi poi al tavolino e prendendo tra le mani il biglietto, dispiegando la carta e riconoscendo immediatamente la calligrafia di Derek racchiusa in quelle poche parole che in un attimo gli fanno perdere il contatto con il mondo.

Mi dispiace Stiles,
non sarebbe dovuta finire così.
Ti amerò per sempre.

Derek.

La stanza attorno a lui prende a girare vorticosamente, perde l'equilibrio e cade con le ginocchia sul pavimento, lo schianto lo fa gemere di dolore ma non è nulla in confronto a ciò che avverte dentro di se, alla morsa che sembra avergli arpionato in cuore stringendolo fino quasi a non farlo respirare.
È un attacco di panico?
Forse.
Non ne ha la certezza, non è più sicuro di nulla e di nessuno, ma l'unica cosa a cui riesce a pensare in quel momento è una: ha bisogno di aiuto.

Death hunters || SterekDove le storie prendono vita. Scoprilo ora