ricordo

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"Ricordo: ho fatto di tutto per non piangere"

Sun ricorda poco della sua infanzia, pochi sprazzi colorati dai sei anni in giù, altri grigi o nero dai sei anni in su.

Ricorda Richard, oh, certo che lo ricorda, e paradossalmente, lo ricorda positivamente, quasi con felicità.

Da quando lui se n'è andato, ha solo ricordi grigi.

Ed è un ossimoro, dopo tutto quello che ha fatto, dopo la paura che aveva fino a poco tempo prima di lui.

Ricorda la sua letterina per Babbo Natale quando aveva solo pochi anni di vita: "Caro babbo natale, quest'anno vorrei chiederti una cosa speciale: ti vorrei chiedere che Richard smettesse di lanciare i miei fratelli per la cucina".

Triste, a ripensarci, ma la sente vera, ancora viva dentro di sé.

Forse perché i desideri mai avverati, diventano parte intrinseca delle persone, e vivono per sempre dentro di loro, come gli incubi, a volte riappaiono, e diventano speranze, più che semplici desideri.

Ricorda il giorno del compleanno di Richard quando lei aveva sei anni.

Il modo in cui sua madre li aveva svegliati presto e come gli aveva messo fretta a spegnere le candeline con lui e a fare le foto,

Il modo in cui li aveva vestiti e come i nonni li avessero portati via.

Ricorda i disegni degli anni dopo, quei minuscoli pezzi frammentati di un puzzle che non stava unito da solo, senza altre informazioni.

Ricorda i suoi quattordici anni, periodo orribile, il giorno in cui sua madre aveva fatto unire il puzzle, il giorno in cui aveva detto la verità, tutta la verità, il giorno in cui non aveva pianto, quando sua madre aveva pronunciato quelle parole, ed il modo in cui aveva poi minimizzato le cose, ma solo dopo esser stata presa in ostaggio da un attacco di panico che ancor oggi considera uno dei più brutti della sua vita.

Ricorda i suoi disegni con la colla vinavil che staccava dalle bustine di plastica per regalarli a sua madre ed al suo nuovo fidanzato.

Ricorda di esserci rimasta male quando tornata dalle vacanze natalizie con suo padre non lo aveva più trovato.

Ricorda il fidanzato seguente, quello che aveva portato sua madre a fumare di più, quello che aveva portato sua madre a ore di telefonate facendole ignorare lei ed i suoi fratelli.

Ricorda quello ancora dopo, con lo stesso nome di quello precedente, di cui sua mamma era persa, ma purtroppo la droga era più importante di lei per lui.

Sono ricordi grigi, neutri, non le piace ricordarsene ma non le fa nemmeno più così male.

Il tempo l'ha aiutata più di quanto pensasse.

Ricorda l'indifferenza di suo padre ed in parte la capisce, o meglio, capisce la sua rabbia quando lei aveva tentato di uccidersi tagliandosi le vene.

C'è una cosa che non le piace ricordare per nulla, però.

Quello lo classifica come un ricordo nero, buio, totalmente.

Ricorda la volta in cui si era calata abbastanza psicofarmaci in corpo da andare in overdose.

Era già in comunità, aveva sedici anni, ed era più sola che mai.

Le avevano vietato di vedere o sentire i suoi genitori, i suoi amici, la sua amica, tutti.

Era chiusa in una bolla di dolore che nella mente dei suoi servizi sociali avrebbe dovuto aiutarla ad uscirne.

Ricorda che l'avevano obbligata a fare la doccia mentre sveniva perché "non puoi andare in ospedale puzzando".

Ricorda i suoni e le luci dell'ambulanza, non ricorda di esserci salita, ma ricorda di essersi svegliata con un bisogno di ossigeno che non trovava che non aveva mai avuto.

Non lo trovava perché le stavano infilando nel naso un tubo per farle la lavanda gastrica.

Ricorda la sensazione dolorosa di averlo in gola, la fatica nel deglutire, le ore interminabili prima che glielo togliessero, ricorda le flebo ed i lividi che le avevano lasciato addosso per giorni, settimane.

E' a questo che pensa sotto la doccia di Dylan, oltre al fatto che lui l'abbandonerà ancora, per sempre forse.

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