aimer

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“Je vais t’aimer”

Le voci nella testa di Sun, quel giorno, sono davvero troppo forti.
Ha imparato a controllarle, nel tempo, ma non quando si mischiano così ai suoi pensieri.
E si stanno anche impegnando per renderle la vita impossibile.
Vorrebbe solo che che smettessero, le odia, si odia, quando non riesce a tenerle a bada; perché le sente diventare parte di sé.
E non vuole, lei non è solo quello, ma non può resistergli. Non quel giorno.
Ha mal di testa, talmente sono forti, e non le sente nemmeno tutte.
C'è una sorta di brusio in sottofondo, di cui non capisce molto perché le voci più forti sono davvero troppo forti e le sovrastano, urlano.
Ogni grido sente una morsa allo stomaco e le viene voglia di vomitare.
Ha freddo. E c'è troppa luce.
Vorrebbe tornare in neuropsichiatria.
Lì non avrebbe quei problemi, sì, continuerebbe ad avere le voci, ma almeno non ci sarebbero luci e freddo.
E i suoi compagni fanno rumore, un rumore che si amplifica ed aumenta il suo mal di testa.
Non può più sopportarle.
Sa di cosa avrebbe bisogno, o meglio, di chi.
Sa che con un solo suo tocco starebbe meglio, con una sua parola, qualsiasi cosa.
Ma sa anche che se pure potesse chiamarlo o scrivergli, cosa che senza telefono le viene difficile, lui non ci sarebbe.
Sono giorni che la ignora, dopo quel messaggio.
“Mio padre mi deve un giro in moto, mio cugino una scopata e un gin tonic, lei dei figli e i miei amici del tempo assieme”.
Dopo quella conversazione in cui Sun lo aveva sentito così vero, reale, autentico, solo il vuoto ed uno “Scusa, stavo lavorando”.
Non le risponde, e fa male.
È anche per quello crede che la voce, quella che le dice che non è abbastanza, sia tornata.
Fa così male il pensiero che Dylan sia di nuovo sparito dalla sua vita che le voci si rilassano e smettono di urlare, lasciandola in balia del vuoto.
Non è sparito senza preavviso, i segnali erano chiari a Sun, ma non per questo le fa meno male.
E non vuole più alzare la testa dal banco, non vuole la luce, non vuole nulla.
E non sa dove la trova tutta quella forza, ma inizia a seguire la lezione, seppur in lacrime, e va avanti tutto il giorno.
All’ultima ora, quella più difficile da sopportare, riappoggia la testa sulla superficie bianca scarabocchiata qua e là, ma è più tranquilla.
Perché ha ricominciato a sentire le mani di Dylan su di sé.
E la spaventa, perché sa che lo ama, ma davvero, allo stesso tempo però, la calma.

Dylan ha le mani in un motore, quando gli arriva quel messaggio.
Non ci bada, non vuole farlo, non vuole darle troppa importanza.
Infatti non le risponde fino alle undici, quando, seduto a tavola da solo, gli manca la familiarità di casa di Sun.
“Scusa, stavo lavorando”
Di nuovo.

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