Capitolo 42

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Non so da quanto tempo sono in questa stanza da sola. Quel ragazzo biondo se né andato senza dire una parola e sembrava pensieroso. La stanza è completamente bianca e non ci sono finestre. L'unica entrata e uscita è una possibile porta alle mie spalle ma per quanto mi sono sforzata non sono riuscita a intravederla. La sedia a cui sono legata è di legno e lo schienale è leggermente inclinato all'indietro. I lacci sono di cuoio e mi bloccano ogni arto. Sono legati i polsi, gli avambracci, le cosce, i polpacci e le caviglie. Posso solo muovere leggermente il bacino, il busto e la testa. Sul braccio destro ci sono delle cicatrici di piccoli buchi, probabilmente per la flebo che mi ha tenuto in vita per due mesi.

Quello che posso fare è pensare e non aiuta per niente. Quando sono sveglia e lucida penso alla vendetta, a come farlo soffrire il più possibile. Quando dormo sogno la mia famiglia, i bei momenti passati insieme, i litigi, le cazzate e tutto quello che mi passa per la testa. La cosa che mi fa più male è pensare a Frederik. Sono stata una stupida a volerlo, sono stata una stupida ad innamorarmi di un uomo del genere e sono una stupida a pensare a lui, in una situazione del genere. Mi verrà a cercare o ha perso interesse in me? Forse è l'unica cosa che mi è rimasta al mondo simile a una famiglia ma ora io sono bloccata qui e sarà difficile trovare un modo per andarsene.

Non posso semplicemente mentire e dire che farò quello che vuole perché non mi crederà mai e legata in questo stato non posso fare nulla.

Sospiro per la frustrazione e cerco di sbattere i pugni sulla sedia.

Sento dei passi alle mie spalle e una ragazza dai capelli rossi compare con un carrello. Il profumo del cibo arriva subito al mio naso facendo brontolare in risposta il mio stomaco. Lei apre il vassoio mostrando delle patate arroste e una bistecca di carne. Dietro di lei c'è il ragazzo biondo.

-hai fame leprotta cara?-

Non rispondo e seguo i suoi movimenti con lo sguardo. Lui ruba una patata dal piatto e la mangia.

-mmm che buona, vuoi assaggiare?-

Faccio una smorfia di disprezzo e continuo a guardarlo.

-basta che chiedi e ti sarà dato-

-chi sei?-

-giusto, non mi sono ancora presentato-

Si gratta la nuca della testa come in cerca delle parole giuste e io aspetto che parli.

-conosci Gaetano Badalamenti?-

-dovrei?-

Lo sguardo che mi mandò fu tagliente come la lama di un rasoio.

-dovresti-

La ragazza si è posizionata alle spalle dell'uomo e tiene gli occhi puntati a terra. Io non ho intenzione di chiedergli di andare avanti, poco mi importa delle sue conoscenze. Non saranno loro a tirarmi fuori da qui. Ma la ragazza forse si.

-era mio padre-

Lamia attenzione torna sul ragazzo di fronte a me.

-lo hai ucciso sei mesi fa insieme a quattro delle sue guardie-

Nella mia testa i puntini si collegano rivelando la verità. Gli ho ucciso il padre e ora vuole vendicarsi di me, diciamo che ci potrebbe stare se non fosse stato che suo padre ha tentato di violentarmi. E Frederik ci è riuscito. Scuoto la testa cercando di scaccia recerti pensieri e certi ricordi.

-quel vecchio era tuo padre? Messo male il vecchio-

Lo provoco, anche perché è l'unica cosa che mi riesce bene. Lui alza leggermente la mano e delle mani mi bloccano il petto tenendomi ferma mentre qualcuno preme uno straccio bagnato sul mio viso. E' difficile respirare con il panno bagnato che mi blocca il naso e la bocca ma diventa impossibile farlo quando dell'acqua fredda mi colpisce la testa.

Cerco di trattenere il fiato ma annaspo alla ricerca di ossigeno finendo per respirare acqua gelida.

Il panno viene tolto e tossisco forte. Sputo tutta l'acqua che ho ingoiato e cerco di tornare a respirare.

-vedi non ti conviene parlare male di mio padre. Noi siciliani siamo famosi per tenere molto alla famiglia e non tolleriamo chi gli fa del male-

-tranquillo che ora nessuno potrà fare male al tuo papar...-

Non riesco a finire la frase che di nuovo lo straccio bagnato ritorna sul mio volto e l'acqua torna a scorrere sul mio corpo partendo dalla testa.

Questa volta muoio. Respirare fa male e sento i polmoni andare in fiamme anche se il mio corpo è percorso da brividi di freddo. Inizio a perdere i sensi nel momento in cui tolgono lo straccio e torno a respirare.

-hai due scelte: puoi lavorare per me o restare seduta dove sei per il resto della tua vita a soffrire-

-come si chiama tua madre?-

-non nominare mia madre-

Dice sbattendo un pugno sul bracciolo della sua sedia. La ragazza alle sue spalle sussulta per lo spavento.

-oh andiamo, cos'è morta anche lei?-

Di nuovo lo straccio si fa vivo ma io lo aspettavo. Non è più una sorpresa. Certo è doloroso e preferirei morire piuttosto che provare ancora questo dolore per un altro secondo ma non lascerò che questo faccia provare soddisfazione al ragazzo. Questa volta quando sento perdere i sensi lo straccio non si toglie e continuo a respirare acqua e a vivere quest'agonia finché non sento perdere i sensi e svenire. 

Lei è mia e solo miaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora