Il problema deii posti extra-lusso come la Titanika o il Forte di Shis, rimuginai mentre tornavo in direzione della mia cabina, era che ogni dettaglio era costruito per accavallare stimoli e divertimenti uno sull'altro, tali e tanti da stordire un incauto passeggero.
Avevo lasciato T-torpk a dormire nella sua camera, sarei andata a prenderlo più tardi per andare allo zoo. Voleva vedere quello terrestre insieme a me, ed in effetti anche io avevo voglia di sapere quali creature avrebbero selezionato per rappresentare il mio pianeta. Sul pamphlet che invitava gli alieni a visitare la Terra i grafici insistevano sempre per pubblicizzare la presenza di "gatti piccolissimi" e "dinosauri", quindi immaginavo che almeno quelli ci sarebbero stati (anche se ormai i dinosauri non-aviani venivano quasi tutti da Mimmum).
Io e il mio nuovo amico avremmo avuto tempo per visitare anche gli altri zoo, vedere altri spettacoli.
Sembrava uno spreco non provare tutto, vedere tutto, ma era difficile concentrarsi.
Ero tentata all'idea di entrare in quel cat cafè, in cui potevi accarezzare soffici micini rossi e vari animali (e un fungo alieno dal micelio mobile) che sembravano solo vagamente soffici micini rossi? Volevo davvero prendere il tubo aspirante invece delle scale? Avevo voglia di vedere già un altro spettacolo o visitare uno zoo alieno?
Sì, ma non adesso, e non tutto contemporaneamente.
Persino la composizione dell'aria era stata creata a pennello per poter permettere al maggior numero di specie possibili di respirarla senza supporti speciali.
Nel bagno della mia camera avevo trovato, insieme a molti altri oggetti di uso comune, un ossimetro. Per chi non lo sapesse, un ossimetro è uno strumento che può fornire una stima dell'ossigeno presente nel sangue; quello che avevo io sembrava un vecchio cellulare a conchiglia rosso e bianco, che si agganciava al mio dito come la bocca di un animaletto sdentato.
Il mio ossimetro mi diceva che l'aria sulla Titanika era un po' rarefatta, perché non stavo ai livelli minimi di ossigeno sopportabili, ma quasi. Forse era anche per quello che adesso mi sentivo leggermente meno lucida del solito.
Mi ero ripromessa di reintegrare l'ossigeno ogni volta che mi fosse stato possibile tramite gli strumenti che mi avevano lasciato in camera; a dire la verità ero fortunata che ci fossero abbastanza specie che potevano respirare aria con una composizione chimica simile a quella di cui avevo bisogno io, perché così almeno potevo girare liberamente per uno dei piani della Titanika senza portarmi appresso un respiratore.
T-torpk era sembrato perfettamente a suo agio con l'aria e l'umidità dell'astronave, tanto che non aveva impostato nessun cambiamento.
La sua cabina somigliava moltissimo alla mia ma, per come era stata disposta la mobilia, sembrava essere molto più alta. T-torpk aveva montato una specie di trespolo a parete con dei gradini, e ci si era arrampicato per tenersi a testa in giù con le zampe non raptatorie.
«Spero che non ti dispiaccia, Pkot, sono proprio stanco. Per favore, accomodati anche tu, c'è ancora spazio»
«Va bene, ti ringrazio».
Avevo sfruttato i piccoli gradini alla base del suo trespolo e mi ero arrampicata a mia volta, sedendomi con la schiena alla parete.
«Perché non ti rilassi?» Mi aveva chiesto, con un ticchettio gentile.
«I nostri arti stanno distesi quando siamo a riposo. Sono già in posizione rilassata» Spiegai, lasciando penzolare giù una gamba. Poggiai l'altro piede sul trespolo (era un materiale strano, a metà tra il legno e il metallo, liscio, solido e tiepido) e la testa e la spalla al muro.
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Lo spazioporto
Science FictionQuesta è la storia di Paula, una giovane donna come tante che lavora per il DRICE (Dipartimento per la Regolazione degli Incontri con Creature Extraterrestri) all'interno del più trafficato spazioporto terrestre. Perché, vedete, gli alieni esistono...