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L'arte mi aveva sempre schiarito la mente. Fin da piccola, quando avevo un brutto pensiero, si traduceva in un capolavoro su una tele bianca. Pennellata dopo pennellata, i miei pensieri si distendevano, diventavano più chiari e il mio cuore si alleggeriva un po'.

Per questo motivo, decisi di andare a fare degli schizzi della statua di Caronte, presente nel labirinto. Un po' perché la statua era veramente affascinante e aveva un certo valore a livello artistico, un po' perché volevo cercare di capire perché mi intrigasse così tanto. E soprattutto, catturarla in un disegno mi avrebbe aiutato a capire meglio cosa ci fosse di così poco chiaro in quel labirinto.

Le ombre danzavano sul marmo della statua di Caronte mentre io mi dedicavo a tracciare le linee del suo volto severo. Il labirinto era un luogo di mistero, e Caronte, il traghettatore delle anime, incarnava quell'aura enigmatica che permeava l'Accademia.

Mentre il mio carbone scorreva sulla carta, mi chiesi se, in qualche modo, la mia vita stesse seguendo un percorso simile a quello delle anime nel mitico labirinto. Sentivo di essere in bilico su un confine, un passaggio incerto tra verità e menzogna.

Quando terminai il mio schizzo, osservai la statua di Caronte con occhi critici. Cercai di penetrare il suo sguardo severo, come se potesse rivelarmi un segreto celato nel suo silenzio pietroso. Ma il mistero del labirinto persisteva, e con esso le mie incertezze sulla verità che si celava dietro la sparizione di Lidia.

Mi trovavo in una sorta di trance artistica, immersa nei miei schizzi del labirinto e della statua di Caronte. Ogni tratto del mio carbone sulla carta era una tentativa di svelare i segreti nascosti, di portare alla luce ciò che era celato tra le pietre grigie e le ombre misteriose.

Il labirinto, con i suoi corridoi intricati, rappresentava metaforicamente il groviglio di enigmi che circondava la mia vita all'Accademia. Ogni passo incerto all'interno di quei percorsi tortuosi corrispondeva alle incertezze e alle ambiguità che avvolgevano le relazioni e gli eventi misteriosi.

La statua di Caronte, con la sua maestosa presenza, incarnava la severità e la vigilanza. I suoi occhi sembravano scrutare oltre la superficie, come se potessero penetrare nei segreti celati nel cuore del labirinto e, forse, nelle pieghe della mia mente.

Mentre tracciavo linee e curve, mi resi conto che la chiave per risolvere il mistero poteva trovarsi proprio lì, tra quei corridoi di pietra e l'aura enigmatica della statua. Tuttavia, una parte di me si interrogava se la verità fosse davvero nel labirinto o se avrei dovuto cercare altrove, tra le ombre di intrighi più profondi.

Avvicinandomi ulteriormente alla statua di Caronte, decisi di concentrarmi sul dettaglio del sacchetto che teneva in mano, contenente le monete. Era un elemento particolare, un dettaglio che avevo trascurato nelle mie osservazioni precedenti. Colpita dalla curiosità, mi chinai per esaminare più da vicino quel piccolo accessorio scolpito.

Con mio stupore, notai che il sacchetto non era completamente solido, ma sembrava avere una cavità al suo interno. Il cuore iniziò a battermi più velocemente mentre le mie mani, imbrattate dal carbone, esploravano il vuoto all'interno del sacchetto. Era come se Caronte nascondesse qualcosa, un segreto nascosto tra le pieghe del suo mantello.

Il mio cuore batté forte nel petto mentre la mia mano si insinuava nel vuoto del sacchetto della statua di Caronte. La consistenza fredda del materiale mi fece rabbrividire, ma la determinazione di scoprire cosa nascondesse superava ogni timore.

Tra le dita, sentii una superficie liscia e flessibile. Estrassi il mio tesoro dalla cavità del sacchetto, e quando lo vidi, il mio respiro si fermò per un istante. Tra le mie mani c'era qualcosa di sorprendente e inaspettato: una foto di un'ecografia di un bambino.

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