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Vedevo Nico sempre più estenuato dal carico del peso enorme che portava sulle spalle. I suoi amici lo evitavano, così come sua cugina. Sempre più solo, aveva smesso di frequentare le lezioni. A nessuno importava di lui, ma ogni volta che lo vedevo perdersi in un'altra dimensione, una parte del mio cuore si sgretolava.

Ogni passo che compiva sembrava un peso troppo grande da sopportare, e la sua espressione vacua tradiva una mente afflitta da tormenti interiori.

Le giornate trascorrevano senza che Nico partecipasse alle attività accademiche o sociali dell'Accademia. Si era ritirato in se stesso, cercando rifugio nell'oscurità dei suoi pensieri. Persino Sibilla, una volta sua confidente e complice, ora lo evitava come se fosse un paria.

Non potevo fare a meno di sentirmi impotente di fronte alla sua sofferenza. Ogni volta che lo incontravo, il mio cuore si stringeva nel vedere quanto fosse solo e tormentato. Desideravo ardentemente trovare un modo per aiutarlo a liberarsi dal peso che lo opprimeva, ma ogni tentativo sembrava destinato al fallimento.

E così, mentre il tempo passava implacabile, osservavo impotente il declino di Nico, pregando silenziosamente che trovasse la forza di sollevare il suo fardello e di tornare alla luce del giorno, lontano dalle tenebre che minacciavano di inghiottirlo interamente.

Ne parlai con Elio, ma anche lui sembrava profondamente scosso dagli ultimi eventi. Mi chiese di cambiare discorso e di lasciare stare Nico, lasciarlo alle sue ombre. "Si riprenderà, è forte. Ha i suoi metodi per stare meglio.

Eppure, nonostante le parole di conforto di Elio, potevo percepire la sua preoccupazione. Era evidente che anche lui si sentiva impotente di fronte al declino di Nico, come se il loro legame fosse stato messo alla prova dalla tempesta che li circondava. Ma non potevo ignorare il fatto che, nonostante tutto, Elio mantenesse una fede incrollabile nell'amico, una speranza che forse era l'unico faro di luce in mezzo alle tenebre che li circondavano.

Anche se la situazione sembrava senza via d'uscita, dovevo credere che Nico sarebbe riuscito a trovare la sua via verso la salvezza. Era una speranza fragile, ma era l'unica a cui aggrapparsi in un momento così buio.

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Penny era dovuta tornare d'urgenza a Milano perché era mancato suo fratello. La notizia era arrivata come un fulmine a ciel sereno, sconvolgendo i piani e gettando un'ombra di tristezza su di noi. Bruno, visibilmente preoccupato per la situazione di Penny, mi avvicinò con fare solenne per comunicarmi la notizia.

"Lola, ho delle brutte notizie da darti," disse con voce grave, mentre ci incontravamo nel cortile dell'Accademia. "Penny è dovuta tornare a Milano d'urgenza. Suo fratello è stato ricoverato, e lei sarà lì per un po' di tempo."

Un nodo di preoccupazione si formò nella mia gola mentre ascoltavo le sue parole. Tuttavia, c'era anche un senso di sollievo nel mio cuore: con Penny lontana per un po', non avrei dovuto affrontare l'angoscia di rivelarle i segreti che mi opprimevano.

"Maledizione," esclamai con un sospiro, cercando di nascondere la mia vera reazione dietro una maschera di compassione. "Deve essere un momento terribile per lei. Grazie per avermelo detto, Bruno."

L'annuncio della partenza improvvisa di Penny aveva scatenato una serie di pensieri nella mia mente turbata. Ricordai il legame tra lei e il misterioso libro del Faust, quel volume che sembrava essere al centro di così tante vicende oscure legate a Lidia. Ero convinta che Penny avesse trovato il libro nelle stanze delle Falene prima della sua partenza, e la sua assenza sollevava interrogativi su cosa avesse scoperto e su cosa fosse destinata a fare con quella conoscenza.

Quindi, decisi di confrontarmi con Elio, l'unica persona a cui potevo confidare le mie preoccupazioni. "Elio," lo chiamai, cercando di nascondere la tensione nella mia voce, "dove si trova il libro del Faust adesso?"

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