no one wanted to play with me as a little kid

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Mentre il sonno mi avvolge dolcemente dopo essere stata in bagno a vomitare e a coricarmi affianco a dadda , la mia mente inizia a intrecciare i fili dei ricordi, trasportandomi indietro nel tempo fino alla mia infanzia.

Mi ritrovo nel cortile di quella vecchia scuola, circondata dai bambini che giocano felici. Ma per qualche motivo, sembra che nessuno si accorga di me. Cerco di avvicinarmi a un gruppo di bambine che giocano con le loro bambole, ma sono ignorata ogni volta.

"Posso giocare con voi?" chiedo con un filo di voce, sperando di essere accettata.

Le bambine mi guardano con sguardo sprezzante e ridono tra di loro. "Tu? Giocare con noi? Ma guarda che scherzo!"

Le lacrime iniziano a rigarmi il viso mentre imploro: "Per favore, lasciatemi giocare con voi..."

Ma le loro risate diventano sempre più crudeli. "Ma guarda chi si crede di essere! Non sei abbastanza carina per giocare con noi. Vattene!"

Mi sento spezzata dentro, come se non avessi valore, come se non fossi degna di essere amata.

"Ma... ma io..."

"Zitta, brutta!" urlano le bambine. "Non hai nessun amico perché sei orribile! Nessuno ti amerà mai, sei solo uno sgorbio vivente!"

Le bambine non si limitano solo a parole crudeli; mi circondano e iniziano a darmi spintoni e pugni. Mi sento impotente e sola, mentre il dolore fisico si unisce alla ferita dell'anima.

"Ma perché state facendo questo?" imploro, cercando di difendermi.

Ma le loro risate diventano ancora più feroci. "Guardate come piange la brutta! Non sei neanche abbastanza forte per difenderti!"

Mi ritrovo a terra, protetta solo dalle mie braccia mentre le piccole pugni piovono su di me. Ogni colpo è come un colpo al mio fragile cuore, mentre le parole taglienti continuano a ferirmi senza pietà.

"Per favore, smettetela..." supplico, ma le loro risate malvagie risuonano nelle mie orecchie.

"Guardate che patetica!" urlano, mentre continuano il loro attacco spietato.

Era un ciclo senza fine di isolamento e disprezzo, che aveva scavato profonde ferite nel mio cuore. Anche nel sogno, potevo sentire il peso di quelle parole che mi avevano strappato l'innocenza e la fiducia in me stessa.
Ma il dolore non si fermava lì. Nel mio sogno, mi ritrovai di nuovo a soli dieci anni, nascosta dietro l'angolo della mensa, una forbice stretta nella mano tremante. Ogni taglio sulla pelle mi procurava un senso di sollievo temporaneo, un modo per sfogare l'angoscia interiore che mi consumava.
"Non ti serve a nulla, Aurora. Sei solo un brutto sgorbio vivente," sussurravano le voci nel mio sogno, ricordandomi l'implacabile crudeltà  che avevo subito.
Ma mentre il dolore sembrava consumarmi, una mano gentile posò delicatamente sulla mia spalla. Era l'insegnante, il volto solido di un adulto in mezzo al caos dei miei tormenti infantili.
Mi prese tra le braccia e mi portò via, lontano dalle grinfie del dolore e della cattiveria.

mi sveglio di soprassalto, sentendo come se un peso enorme mi stringesse la gola, imponendomi di respirare. Inizio a gridare il nome di dadda, ma le parole mi escono come un lamento strozzato.

Aurora: Dadda!!
riesco ad appena a balbettare mentre cerco il suo disperato aiuto mentre il panico mi avvolge,
Vedo i suoi occhi spalancarsi di sorpresa e preoccupazione mentre cerca di capire cosa sta succedendo.
Daniel:Aurora, amore mio, cosa succede? Respira, cerca di respirare!"

Ma non riesco a farlo. Ogni respiro sembra un'impresa impossibile, come se l'aria intorno a me si sia trasformata in un muro impenetrabile.

Sento le sue mani afferrarmi, cercando di darmi sostegno, di darmi fiato.
Daniel: Calmati, tesoro, sto qui con te. Respira con me, va bene? In... e fuori..."

ENCHANTED TO MEET YOU//𝓓𝓪𝓷𝓲𝓮𝓵 𝓓'𝓪𝓭𝓭𝓮𝓽𝓽𝓪Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora