L'ultimo anno di scuola...che merda!
Iniziamo dal principio.
Mi chiamo Andrea e vivo in un collegio dal primo anno di medie, il che sarebbe terribile se non avessi due compagni di stanza meravigliosi. La famiglia che non ho mai avuto. Due casinisti tali da rendere la mia vita una bolgia infernale, ma non vorrei nulla di diverso da quello che abbiamo. In realtà sono una rompipalle perfettina so-tutto-io e un disorganizzato cronico e questo li rende, se mescolati, due casinisti.
La mattina del primo giorno di scuola dell'ultimo anno di liceo mi svegliai nel migliore dei modi. Sentii qualcosa di morbido e delicato toccarmi la guancia. Era una sensazione meravigliosa. Sapevo esattamente cosa fosse, però mi piaceva illudermi che fosse mia madre, ma lei non era lì per me. Lei, per me, non c'era mai stata "Andri, inizia l'ultimo anno tra meno di un'ora" sussurrò una voce calda al mio orecchio ancora dormiente. La mia perfetta so-tutto-io che, puntuale come ogni primo giorno di scuola, mi veniva a svegliare. Io l'avrei ripagata per tutto il resto dell'anno, come sempre "Andri, ti prego, faremo tardi" continuò a dire, con voce appena accennata "Sera, fammi dormire, ti scongiuro" Aurora, detta Sera, la piccola e dolce fanciulla dell'appartamento, non si piegava mai alle suppliche di nessuno, per nessun motivo "No, Andri, forza, devi farti coraggio, come ha fatto quel povero diavolo dall'altra parte della camera" un lungo gemito sommesso provenne dalla parte della stanza posseduta dal povero diavolo in questione. Giosuè, pigro quasi in modo imbarazzante, si stava trascinando verso la porta del bagno, continuando a borbottare contro Sera parole non esattamente gentili "Quello che ti sta maledicendo in tutte le lingue conosciute dell'uomo?" la sentii sbuffare e sapevo che stava alzando gli occhi al cielo con un leggero sorriso a stenderle le labbra rosee "Sai quanto può essere pigro Giò, apprezza il fatto che ha trovato la strada del bagno da solo" "Voglio essere pigro anche io!" risposi, infilando la testa sotto il cuscino "Andri, ti prego, non costringermi a prendere l'acqua" l'anno prima Giosuè si era beccato una bella innaffiata a causa del suo rifiuto ad alzarsi in tempo quando Sera glielo aveva chiesto in modo dolce e gentile. Intanto dal bagno provenivano le note della canzone di J-Ax e il Cile, Maria Salvador "Questa canzone non ha senso, è solo orecchiabile" si lamentò Sera, ancora seduta sul bordo del mio letto, intenta a passarmi una mano nei capelli scuri "Ha più senso, invece, ascoltare quelle in inglese e spagnolo che senti tu?" le chiesi, di rimando, appoggiando il capo sulla sua coscia, fissando i miei occhi color carbone nei suoi, due pozze d'inchiostro "Quelle sono belle, almeno" "Si, ma non si capisce un cazzo lo stesso" lei rise, passando il dito indice sul mio accenno di barba "Siamo invecchiati, Andri" "Oh, guarda, il Sole è sorto questa mattina" Sapevo cosa voleva dire. Eravamo cresciuti tantissimo dal primo anno di medie, ma non privava di ovvietà quello che aveva detto Sera. Mi guadagnai uno schiaffo sulla fronte per quello che avevo detto "Senti, testa di fagiolo, hai due secondi per alzarti!" "Sera, non rubare le battute a Merlin" le mi guardò, dubbiosa "Perché?" "Perché lui è il più grande mago di tutti i tempi e tu sei solo la più grande scassapalle del millennio!""Ora che siete all'ultimo anno non credete di potervi adagiare sugli allori. Questo sarà l'anno più duro e difficile che abbiate mai affrontato in questa scuola e dovrete dimostrare si valere sul serio se volete accedere agli esami. Qui non si è mai regalato nulla a nessuno e mai lo si farà!" questo fu il ben venuto che ci diede il nostro professore di latino e greco. Il liceo, grazie a lui, non era mai stata una passeggiata. Interrogava tutti i giorni, quell'uomo, perfino gli ultimi prima delle vacanze estive. Era esasperante e terrificante. Faceva lo stesso effetto di un terrorista con un mitra, quando scorreva l'elenco dei nomi per decidere chi interrogare. Il lato positivo era che, strano ma vero, andavamo quasi tutti bene, nelle sue materie "In questi quattro anni avete fatto sempre il minimo indispensabile per restare tutti e sedici a galla, ma quest'anno non sarà così. Restare a galla non sarà sufficiente. Sappiate che non avrò la minima pietà verso nessuno di voi!" Sera si sporse verso di me, per sussurrarmi all'orecchio "E quando mai ne ha avuta?" Alla fine, grazie a lei, tutti e tre siamo riusciti ad arrivare puntuali in sala per colazione e poi a filare in classe alla velocità del suono. Il primo giorno di scuola, senza di lei, sarebbe stata una vera e propria catastrofe "La cosa peggiore è che, quest'anno, la pensano tutti come lui" intervenne Giò, a due banchi da me. Il nostro, su una classe di diciassette persone, era l'unico banco da tre. Posto vicino alla finestra, noi avevamo il privilegio di poter osservare il mare che si estendeva sotto l'edificio "Tutti gli anni si presentano con queste intenzioni e poi, quando vedono che nessuno di noi riesce a stare al passo con la loro follia, si danno una calmata e tutti passano l'anno. Quindi, stiamo tranquilli. Quest'anno si seguirà lo stesso copione degli altri" "Io spero tanto che tu abbia ragione, sai" sussurrò Sera, continuando a fissare lo schermo bianco della L.I.M. posto di fronte a noi. Un po', conoscendola, la capivo. Lei viveva per eccellere a scuola, ci metteva tutte le sue energie, nello studio. Io e Giò ci accontentavamo di restare a galla ma lei no, lei voleva sempre di più e il fatto che gli insegnanti avessero alzato il tiro, per lei, significava raddoppiare gli sforzi. Povera Sera. Mi ripromisi, mentre le stringevo la mano, che non l'avrei lasciata sola nemmeno per sbaglio.
Sera aveva due migliori amiche: una che le diceva qualcosa della sua vita e con la quale non sapeva se essere arrabbiata o no e una che condivideva con lei praticamente ogni cosa e che era disposta ad ascoltarla a ogni ora del giorno e della notte. Tra Serena, la prima, e Isabella, la seconda, mi stava decisamente più simpatica la seconda anche se ero geloso di entrambe. Sera, infatti, il pranzo, la cena e le due ore da trascorrere settimanalmente in biblioteca le passava sempre con loro, quasi dimenticandosi di me e Giò. Loro non studiavano, come noi, al liceo classico. Frequentavano lo scientifico e, poverine, erano più esaurite di noi.
Quel pomeriggio, sulla terrazza, io e Giò parlavamo proprio di questo "André, seriamente, perché non ti fai i fatti tuoi? O dici a Sera che vuoi che passi con noi tutto il suo tempo o accetti il fatto che abbia anche delle amiche femmine, ma non puoi rompere il cazzo a me mentre provo ad abbronzarmi!" Giò, che aveva già la pelle scura di suo, si illudeva di potersi abbronzare con la canottiera e i jeans sotto il debole sole settembrino "Sei il solito imbecille! E poi mica posso pretendere che viva reclusa in camera nostra" "E, allora, di che stiamo parlando?!" quello era il suo modo di dirmi che dovevo stare zitto e lasciarlo in pace. Quello era il motivo per cui volevo che lei ci fosse. Volevo un bene dell'anima a Giò, era il fratello che non aveva mai avuto, ma con lui non potevi avere mai un dialogo. Non era disposto a starti a sentire se non quando decideva lui che eri degno della sua attenzione e questo capitava poche, pochissime volte. Mentre eravamo fermi sotto il sole ad ascoltare la radio, passò la canzone che, in quell'estate 2015, aveva spopolato ovunque: el mismo sol, di Alvaro Soler. Quella era la canzone preferita di Sera, la conosceva a memoria. Per lei ogni occasione, nei tre mesi estivi, era stata buona per ascoltarla. Avevo iniziato ad apprezzarla anche io, in un certo senso. Come, ora che l'ultimo anno era iniziato, iniziavo ad apprezzare la lentezza con cui, in genere, viene scandito un anno scolastico. Guardando il tramonto scendere sul mare mi augurai che, quell'anno, appena iniziato, non finisse tanto presto.

STAI LEGGENDO
E tutto scorre
RomanceMolto spesso amiamo le persone senza neanche esserne consapevoli. Molto spesso non capiamo quello che facciamo finché non ci scontiamo con le conseguenze. Molto spesso lasciamo, semplicemente, che tutto scorra.