Isa

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Due settimane prima
Avevo accettato di uscire con Giosuè perché mi faceva tanta tenerezza. Da quando aveva litigato con Sera se ne stava sempre mogio mogio, buttato in qualche angolo a fumare sostanze non meglio identificate.
Forse fu per quel motivo che quando mi chiese di uscire per andare al cinema accettai senza neanche pensarci troppo.
Era un sabato piovoso. Un venticello freddo sferzava i nostri volti avvolti fino al naso nelle sciarpe col simbolo del collegio, e scorticava la pelle delle guance. Le mani erano fasciate da guanti di lana ma si irrigidivano ugualmente. L'orizzonte era avvolto in un sottile strato di nebbia che, però , impediva la visuale. Non si riusciva a vedere a più di qualche passo oltre i propri piedi.
Giosuè era stranamente carino, in tutti i sensi. Aveva indossato pantaloni scuri con cavallo alto, un maglione verde bottiglia e il solito giubbotto nero imbottito.
"Tutta questa nebbia è un bel guaio, non fa vedere nulla"
"Si, puoi ben dirlo" non avevo molte cose da dirgli, in realtà. Non ci eravamo mai detti nulla di più di qualche insulto o di parole di circostanza. Non capivo neanche perché mi avesse chiesti di uscire. Era strano ma volevo fidarmi di lui. Era il primo ragazzo che si fosse mai interessato seriamente a me.
"Ti va di andare al cinema o di fare qualcos'altro?"
"Tipo cosa? Non si vede nulla. Non possiamo andare a fare una bella passeggiata" ridemmo entrambi. Non era così spiacevole qual suono.
"Beh, potremmo andare al bar" propose lui.
"Ma ci andiamo sempre, non sarebbe una cosa diversa dal solito" risposi, mentre ci fermavamo davanti all'entrata del locale.
"Ti sbagli, lo sarà" disse "Perché siamo insieme" mi lasciai convincere di buon grado. Entrammo.
L'aria, all'interno, era calda. Appena tolsi i guanti sentii il sangue tornare a circolarmi nelle vene. Sentii i piedi e i polpastrelli formicolarmi.
Ci sedemmo ad un tavolino appartato, che non aveva sedie ma divanetti rossi come sedili. Io ordinai un the al limone e lui una cioccolata calda.
"Come mai prendi il the? Non è tipo acqua sporca che sa di limone?"
"No, io adoro il the, molto più della cioccolata"
"Questione di linea?"
"No, di papille gustative" lo feci ridere. Sera mi diceva sempre che un ragazzo deve far ridere una ragazza per farla innamorare ma, sarà una frase fatta, lui rideva e io mi innamoravo lo stesso.
"Parla un po' di te" disse, mentre leccava il cucchiaino sporco di cacao.
"Non c'è nulla che nessuno non sappia: studio, odio la matematica, anche se faccio lo scientifico, e la mia migliore amica è Sera"
"Che monotonia"
"Puoi ben dirlo" mandai giù un sorso di the bollente e il mio stomaco si sciolse, insieme con tutto il resto del mio corpo. Brividi caldi mi percorsero la schiena.
"Beh, io convivo con Sera e Andri da sempre, credo. Odio studiare e mangiare il polpettone della mensa. Detto fra noi, dubito seriamente che quel coso abbia mai visto della carne" risi della faccia seria con cui lo disse e trascinai anche lui.
"Cosa facevano i piccioncini prima che tu uscissi?"
"Facevano un puzzle. Sai, si divertono con molto poco"
"A me piace fare i puzzle" la cioccolata gli andò di traverso, facendogli sputacchiare goccioline marroni ovunque.
"Non puoi essere davvero noiosa come Sera, mi rifiuto di crederlo"
"Accettalo, siamo praticamente identiche in tutto" sbuffò, alzando gli occhi al cielo.
"Non mi è mai piaciuta Sera, in quel senso. Insomma è irritante, saccente e vuole sempre avere l'ultima parola"
"Non è vero. Lei è dolce, altruista e aiuta sempre tutti"
"Ed è riuscita a mettere nel sacco sia Andri che quel poveraccio di Leo. A proposito, come è andata a finire?"
"Non ci è più uscita. Lo ha bidonato per Andrea" lui scosse la testa.
"Accidenti è così tipo di lei. Quando non e servi più ti butta via"
"Non è vero"
"Lo fa di continuo. Scaricherà anche te, prima o poi" stavo per tirargli un ceffone, lo giuro.
"Possiamo cambiare argomento?" parlammo per tutto il resto della serata del più e del meno, e fu incredibilmente fantastico.

Non seppi bene come però mi ritrovai contro la parete della mia stanza con le sue labbra sulle mie. Era una sensazione incredibile e faceva arricciare la punta dei capelli dall'adrenalina.
"Aspetta" ansimai quando le sue labbra iniziarono a scendere verso il collo "Non possiamo"
"Perché?" mormorò sulla mia pelle. Il suo fiato mi scatenò una strana reazione, come quella che da una piccola scossa, solo più piacevole.
"Perché non voglio" si staccò da me con un sospiro. Mi investì il freddo.
"Non importa, sono stato bene con te" disse, sorridendo, dall'altra parte della stanza.
"Anche io"
"Allora si può ripetere" disse, mandandomi un bacio col soffio, per poi uscire teatralmente di scena.
"Altro che" dissi, lasciandomi cadere sul letto.

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