Giosuè

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Avevo voglia di mangiare qualcosa. Sapevo che la cuoca non aveva ancora aperto la sala mensa, erano solo le diciotto, in fondo. Però sicuramente al bar della scuola c'era qualcosa. Andava bene anche un pezzo di pizza. Tutto pur di tappare il buco nello stomaco che avevo. Mentre camminavo per i corridoi del collegio, che erano deserti, mi imbattei nell'ultima persona che avrei mai pensato di incontrare "Isabella" lei alzò lo sguardo dallo schermo del telefono. Lo sguardo che mi lanciò era sorpreso "Ciao Giosuè" "Dove vai?" "Perché ti importa?" in effetti non sapevo per quale motivo mi importasse. Non avevo mai voluto la sua compagnia anche perché lei non me l'avrebbe mai data quindi non vedevo motivo di starle dietro. Sarebbe stata soltanto un'inutile perdita di tempo "Perché stavo andando al bar e non avevo voglia di andarci da solo" "Mi sai invitando?" bella domanda, brunetta, davvero "Se mi dici di si ti dico che ti sto invitando" lei si mise il telefono in tasca e poi incrociò le braccia al petto "E se ti dicessi di no?" "Ti direi che non ti sto invitando" rise, buttandosi i capelli dietro le spalle in un gesto fluido "Va bene, accetto volentieri, anche perché ho vomitato tutto il pranzo grazie a quella stupida ricerca di anatomia" ci avviammo, fianco a fianco, fino al piccolo bar della scuola. Beh, in fondo, tanto piccolo non era. Un grande bancone, stretto e lungo, dominava il centro della sala quadrata. Tutt'intorno erano posti dei tavolini con quattro sedie intorno di plastica bianca, su c'erano delle saliere, zuccheriere e portatovaglioli. Nel complesso era simpatico anche se non esattamente un gran che. Scegliemmo di prendere posto al tavolo più vicino al bancone, anche perché era l'unico disponibile. A quanto pare, a quell'ora, quel posto era il ritrovo dei secchioni che, cacciati dalla biblioteca, che chiudeva alle diciassette e trenta, cascasse l'universo, si ritrovavano nella sala bar per continuare le loro noiose ricerche "A cosa serve approfondire se hai già il massimo dei voti?" dissi, sottovoce "Non tutti vogliono solo restare a galla come te, sai?" "E tu cosa ne sai di come vado a scuola?" "La ma migliore amica è la tua compagna di banco, Sherlock!" incassai il colpo, ammutolendo all'istante. Certo che quella rospetta aveva la capacità di farmi sembrare un idiota "Vado a ordinare. Cosa vuoi?" "Un cornetto vuoto e un caffè schiumato in vetro. Tazza fredda e zucchero di canna, grazie" Mi voltai verso il barista che, ridendo sotto i baffi per la mia faccia sconvolta, si mise subito all'opera. Io, dal canto mio, presi un pezzo di pizza salsiccia e friarielli e una coca cola. Il tutto ci fu portato in un batter d'occhio "Certo che ti tieni leggero" "Ho fame" risposi, con la bocca mezza piena "Piantala, sei disgustoso!" continuammo così per un po', a mangiare stando in silenzio "Hai una pizza preferita?" le chiesi a un certo punto, non sopportando più il silenzio "Si, quella con le melenzane e tu?" "Oh, io non ho un tipo preferito. Io, le pizze, le provo tutte" risposi, alludendo a tutto, fuorché alle pizze e lei lo capì, perché era una rospetta ma era sveglia. Scelse di non ribattere. Con ogni probabilità era troppo in alto nella catena scolastica per abbassarsi a rispondere alle allusioni di uno come me.

Stavo tornando in camera. Non avevo trovato il modo di trattenere Isabella che, una volta terminato quello che aveva ordinato, era schizzata via a una velocità sorprendente. Stavo per prendere l'ascensore che portava agli alloggi, quando vidi Marco, uno che mi procurava l'erba quando ancora la fumavo, e ciè prima che Sera mi scoprisse. Lui mi fece cenno di avvicinarmi. Se ne stava appoggiato allo stipite della porta dei bagni del primo piano, che si trovava poco distante dalla porta dell'ascensore. Aveva i capelli neri pieni di gel, che glieli fissavano all'indietro, la divisa messa in modo disordinato e gli occhi neri che non promettevano nulla di buono. Mi chiesi cosa quello scassa minchia volesse da me "Allora, sei riuscito a rimorchiare anche nei quartieri alti?" mi dissi che doveva aver visto me e Isa la bar e aveva frainteso le cose alla grandissima, quel coglione "Non è come pensi, non me la sono fatta" "Non ne dubito anche perché una delle principesse della scuola non verrebbe mai con uno come te" sapevo che mi stava provocando e la cosa peggiore era che ci stava riuscendo "Parla chiaro, coglione, non ho tempo da buttare nel cesso con te" gli sibilai contro, sperando che capisse che non era aria "Sta calmo, guarda che sono tuo amico, non voglio mica agire contro il tuo interesse" "Non ci credo neanche un po' "rise in modo odioso. Gli avrei volentieri tirato un pugno su quella faccia da cammello che si ritrovava "Ho un affare per te. Potresti fare molti soldi " "Sentiamo" mi si accostò all'orecchio destro "Scommetto che non riesci a scopartela prima di Natale" una scommessa, ecco cosa voleva "E mettiamo caso che ci riesco, quanto mi dai?" "Ancora non lo so, dipende da quanti scommettono" si fermò, come a valutarmi "Allora, ci stai?" non ci fu neanche bisogno di pensare "Affare fatto"

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