Sera

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"Come sarebbe a dire che ti sei messa a frugare fra le sue cose?" mi disse Andrea, mentre facevamo allungamenti nell'ora di ginnastica "Sai che, se se ne accorge, finisce tutto a schifio, vero?"
"E tu credi che me ne importi qualcosa?" risposi, parlando il più piano possibile "Sai con chi ha parlato, ultimamente?"
"L'impicciona sei tu, quindi direi che la risposta è no"
"Con Marco" lui si girò di scatto verso di me, con gli occhi fuori dalle orbite.
"Quel Marco? Quello che è stato quasi espulso per due volte di fila?" gli avrei tirato un pugno sul naso.
"No, suo zio. Ma ti ascolti, quando parli?"mi guardò malissimo.
" E cosa si sono detti?"
"Perché dai per scontato che lo sappia?" mi guardò ironico. Mi conosceva davvero troppo.
"Parlavano di una scommessa e sai qual è la cosa che mi preoccupa di più?"
"No, quale?" disse, con la voce ovattata dalla felpa che indossava. Eravamo in piedi, piegati in avanti, con il viso tra le gambe. Non era una posizione molto agevole per fare conversazione anche perché ero quasi certa che mi stesse salendo il sangue al cervello.
"Che risalgono a quando hanno iniziato a uscire insieme"
"Sarà una coincidenza, Sera. Tu pensi sempre che il mondo sia in combutta per fare qualche cosa di tremendo ma, se non te l'hanno detto ti informo io, tutti nascondono qualcosa"
"E se io avessi ragione"
"Sarai felice di sentirtelo dire"


La quotidianità della vita è qualcosa che disturba tutti. Nessuno l'apprezza. Tutti si lamentano che, dopo ogni domenica, c'è sempre un lunedì. Però poi, quando qualcosa sconvolge le nostre vite , la rimpiangiamo, quella banale normalità. Che ipocriti che siamo. Incapaci di essere soddisfatti della nostra stessa esistenza, di essere grati per quello che abbiamo e che non sappiamo quanto vale.
Cosa mi spingeva a sconvolgere quella programmata calma? Perché mi sentivo in dovere di sconvolgere quella scientifica quotidianità? Andrea aveva ragione: ero una stupida impicciona. Avrei dovuto farmi un sacco di fatti miei, quel martedì pomeriggio, ma sarebbe stata una cosa troppo umana e intelligente per me.
Giò non era in camera ma io avevo il pc e tutte le informazioni che servivano per entrare nel suo account e indagare.
Stavo per mettermi all'opera quando la porta della stanza si spalancò e ne entrò il mio fidanzato. Si fermò guardarmi, alternando lo sguardo da me al pc "Dimmi che non vuoi farlo per davvero"
"Andiamo, avevi esattamente la stessa cosa in mente!"
"Non attribuirmi i meriti dei tuoi colpi di genio anche perché ho preso una botta in testa"
"Si, che anziché farti rinsavire ti ha finito di scemunire!" sbuffando, coprì la distanza che c'era tra noi con due ampie falcate. Con un colpo secco chiuse il computer e me lo sfilò da sotto le mani.
"Che fai?" chiesi, scattando in piedi.
"Ti impedisco di commettere una pazzia!" si diresse di corsa verso il bagno e si chiuse a chiave dentro. Iniziai a battere con la mano sulla superficie di legno.
"Andrea, esci!"
"Non ci penso neanche!"
"Andiamo, non lo faccio per me, lo faccio per Isa e tu non lo capisci" urlai, tirando un calcio alla porta.
"No, tu lo fai per avere ragione, come sempre. Non capisci che se ti ostini con questa storia finiremo tutti per soffrirne"
"Parli come se sapessi già che è colpevole"
"Perché sappiamo bene entrambi che lo è!" sbottò "Ma non è questo il punto"
"E allora quel è?"
"Riflettiamo" disse "Se tu vai a dire a tutti che Giò sta usando Isa per Dio solo sa cosa avremo le seguenti conseguenze: Isa starebbe male; Giò ci farebbe la guerra, tu rovineresti il nostro ultimo anno di liceo e Marco farebbe in modo di farmi passare un brutto quarto d'ora. Ora dimmi se è quello che vuoi!"  Mi fermai a riflettere per qualche istante. Andrea aveva ragione. Far soffrire tutti era davvero quello che volevo? Ovviamente no. Ma non volevo neanche che Giò prendesse in giro la mia migliore amica. Ero combattuta.
"No, non è quello che voglio" dissi, piano, contro la porta "Ma se lui sta facendo qualcosa che potrebbe fare soffrire Isa?"
"Lei sapeva a cosa andava incontro quando si è messa con Giò. Non darti troppo il tormento. Non tutti i mali del mondo sono colpa tua e non puoi pretendere di salvare tutti. La sofferenza è una cosa normale, credimi" sospirò, con amarezza "Io lo so molto bene"  restammo in silenzio per un bel po', ad aspettare che qualcosa accadesse. Ma tutto rimase fermo, immobile, fino a quando la serratura della porta non scattò.
"Tieni" mi disse, sorridendo, rendendomi il pc.
"Perché me lo ridai?" chiesi, stupita.
"Perché so che farai la cosa giusta" mi baciò la fronte con dolcezza "Tu fai sempre la cosa giusta, infondo. Anche se ci metti un po' a capire qual è" mi sentivo sempre in colpa, grazie a lui. Non perché facesse qualcosa di particolare, ma semplicemente perché mi dava molta più fiducia di quanta ne meritassi.


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