4 Arwan

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Sono sempre stato solo, dei miei genitori non so nulla se non che mi hanno abbandonato davanti a un orfanotrofio. Ho cambiato spesso casa e per questo non ho mai avuto degli amici che durassero a lungo, fino all'arrivo di Lottie. L'ho vista per la prima volta esattamente due anni fa e da allora è sempre rimasta con me.

Lei è diventata la mia miglior amica, anche se è un po' strana. Quando l'ho immaginata la prima volta stavo leggendo uno dei miei libri preferiti sui fantasmi, penso sia per quello che ha un aspetto tanto strano.

Non gliel'ho mai detto perché la vedo spesso fissare con sguardo vuoto gli specchi, però sembra più un fantasma che un umano. Il suo aspetto non si avvicina minimamente a nessuna delle donne che mi stanno attorno, soprattutto quello di Adeline, per fortuna.

Mentre la mia amica è sempre vestita di nero ma sorridente, la tutrice sembra vestirsi in modo colorato per nascondere il suo cattivo umore. L'aspetto di Lottie è sempre rimasto uguale, lunghi capelli bianchi che spesso fluttuano, come se ci fosse una leggera corrente che li attraversa, e occhi quasi totalmente bianchi che non mi perdono mai di vista.

A volte, mi chiedo perché sia così fissata con l'idea di proteggermi. Una volta ho letto in un libro che tutti abbiamo un subconscio che prova ad aiutarci. Se il mio subconscio ha creato Lottie e il suo carattere ultra protettivo, allora posso fidarmi delle sue decisioni.

Comunque la mia vita da quando è arrivata lei è decisamente migliorata, anche se gli incubi non sono ancora spariti. Per quelli lei non può fare nulla. A volte mi sveglio nel cuore della notte, ancora ansimante dopo l'ennesimo sogno, e la vedo seduta su una sedia nella mia stanza, concentrata a leggere un libro. Non so da dove prenda i libri o perché io li abbia immaginati, però sono spesso diversi e lei li ha sempre divorati.

Negli ultimi anni ho cambiato casa solo una volta, per fortuna, ora abito in un orfanotrofio più carino, almeno non puzza di muffa. La tutrice purtroppo però non è cambiata. C'è qualcosa in lei che mi ha sempre infastidito. L'ho detto anche a Lottie e da allora lei le presta più attenzione, rimanendo con me durante le nostre lezioni. Gli altri ragazzi, dai cinque agli undici anni, di questa casa vanno alle elementari, io sono l'unico a ricevere ancora lezioni private, come se Adeline mi insegnasse davvero qualcosa di utile.

Non so perché, ma gli adulti mi hanno sempre escluso e allontanato dagli altri bambini. Nella mia prima casa, quella in cui mi hanno lasciato i miei genitori, ho sentito dire che sono maledetto. Mi hanno trovato in una giornata qualsiasi, in compagnia solo di una coperta, l'unica cosa che mi hanno lasciato i miei genitori. È grazie a quel pezzo di stoffa che ho mantenuto il mio vero nome.

Nei miei sette anni di vita ho sentito molte storie dagli abitanti degli orfanotrofi, ma nessuna come la mia. A volte la sera piango in silenzio, ripensando a quanto i miei genitori siano stati crudeli ad avermi dimenticato, poi la mattina me ne pento e altre lacrime mi sfuggono. Non so quale sia la mia vera storia, ma appena riuscirò ad andarmene da queste mura farò di tutto per scoprirlo.

«Mi insegni ad usarle?» Un giorno l'ho chiesto a Lottie, riferendomi ai suoi coltelli, e lei ha iniziato ad allenarmi. Ho visto come guardava con amore le sue armi e volevo sentirmi figo come lei. Mi piacerebbe diventare un giustiziere, usare le stesse armi della mia miglior amica e combattere insieme a lei i cattivi.

Ho provato anche a disegnare le nostre avventure future, con grande soddisfazione di Lottie, ma i miei disegni non erano molto belli. Negli ultimi mesi ho capito che né il disegno né i coltelli sono la mia vocazione, faccio davvero schifo con entrambi. Lottie è comunque sempre fiera dei miei risultati, ma certe volte è davvero troppo cieca.

Ho provato a creare un altro amico immaginario per i momenti in cui lei spariva, però non ci sono mai riuscito. Forse ho esaurito il potere della mia fantasia con lei, ma in fondo non mi dispiace così tanto. Lottie non mi ha mai detto dove andava, spesso si allontanava senza dire una parola, portando le mani verso i due coltelli che ha con sé. Quando la rivedo, tipicamente dopo diverse ore, intorno a lei si attaccano ombre scure. Colano dai suoi vestiti e dalle sue lame, come petrolio, eppure lei non sembra accorgersene. Non so dove vada, però torna sempre e a me basta quello.

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