ELIJAH
Non riuscivo a percepire altro che i battiti impazziti del mio cuore.
Nessun suono. Nessun odore. Nessuna idea di quello che mi stesse succedendo attorno.
Solo questo immenso senso di panico che mi serrava il petto in una morsa stringente.
Il punto era che...senza il pattinaggio niente avrebbe più avuto senso.
E non sto parlando del trasferimento, dei sacrifici o degli sponsor.
Sto parlando di me come singolo individuo. Come ragazzo di diciannove anni. Come Elijah Stevenson.Perchè lo scorrere delle lame sul ghiaccio è sempre stata l'unica cosa che mi ha permesso di non crollare. Di non mollare. E, soprattutto, di non finire nei giri sporchi in cui finivano i ragazzi del mio quartiere.
Semplicisticamente, per me il pattinaggio era un bisogno incontrollato e necessario.
E trovarmi davanti alla concreta possibilità che un medico venisse a dirmi che non avrei più potuto rimettere gli scarponcini ai piedi mi stava letteralmente consumando.
Chi sarei stato in mancanza della cosa più bella che mi sia mai successa nella vita? Cosa avrei fatto, avendo concentrato tutto quello che avevo su questo? Cosa avrebbe voluto dire il non poter sentire mai più quel calore immane propagarsi in tutto il corpo fin dall'inizio della musica?
Il solo pensiero mi distruggeva.
"Signor Stevenson...." sentii mormorare improvvisamente alla mia sinistra, voltando, poi, il viso in quella direzione ed incontrando l'espressione estremamente apprensiva del mio medico responsabile.
"Sta bene? L'ho chiamata tre volte" si spiegò dopo qualche istante, prendendo a squadrarmi da capo a piedi con leggera confusione.
"Sì, credo"."Mi sembra di capire che quello che le sto per dire sia molto importante per lei" commentò con fin troppa consapevolezza, decidendo di accomodarsi sulla sedia che, fin da quando ero entrato in quell'ospedale, aveva usato sempre e solo Noah.
"Come potrebbe non esserlo?" mi lasciai quasi scappare dalle labbra, mettendomi a torturarmi l'unghia del pollice destro nel tentativo di smorzare la tensione che sentivo bloccata a livello della gola."Sarò molto sintetico ed andrò dritto al punto, allora: la possibilità che, dopo la terapia, lei possa pattinare ancora sono molto alte".
"Ed è un bene, giusto?" domandai con incertezza, costringendo il mio cuore a non riempirsi di gioia perché consapevole che sarebbe arrivato un "ma".Era talmente scontato che faceva quasi ridere.
"Sì. Il problema, però, sussiste nel fatto che la probabilità che la sua caviglia regga i salti da quattro rotazioni che era abituato a fare sono, invece, molto basse. Rischierebbe una valanga di infortuni molto frequenti e più o meno gravi, che a lungo andare potrebbero portarla veramente a non poter mettere più i pattini ai piedi" spiegò il dottor Maurice continuando a mantenere le pupille fisse sulle mie, quasi per darmi qualcosa a cui potermi aggrappare per non scoppiare in lacrime.
"Potrebbe essere più chiaro?" gli chiesi con l'ultimo impeto di speranza, cercando di ignorare in qualsiasi modo possibile il campanello d'allarme che stava partendo nella mia testa.
La questione era semplice: in categoria maschile un solo salto è considerato come base tecnica necessaria e deve essere presentato per forza in entrambi i programmi.
TriploAxel, tre rotazioni e mezzo in aria.
Non c'è quello, non si può gareggiare."Se sta cercando delle certezze in termini di prestazioni agonistiche, io non posso...".
"Fino a quante rotazioni in aria è certo che io non mi faccia male?" lo interruppi con veemenza, non potendone più di quel teatrino di frasi fatte per girare intorno alla questione senza arrivarne ad una conclusione.
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Jealously
Romantizm"Mi hai rubato tutto, venendo qui. Ecco cosa mi hai fatto. Ecco perché non sopporto la tua vista". "È rotta, giusto?". "Tu...sei estremamente diverso da quello che pensavo". "Voglio baciarti da quando ti ho visto per la prima volta". "Perchè hai un...