𝓒𝓪𝓹𝓲𝓽𝓸𝓵𝓸 27

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𝚅𝚊𝚛𝚌𝚘

ɪʀɪɴᴀ

4 luglio 2012
Rome Blvd, Las Vegas,
Nevada, USA
Ore: 11:13

Il cerchio si stava chiudendo.

La mia esistenza, i miei pensieri non erano più quel peso insostenibile che una volta mi trascinava a fondo. Ci avevo dato un taglio alle puttanate di quella ragazzina disperata che vedeva soltanto mostri nell'oscurità.

Ero ancora parte di un mondo dove vigeva la regola del più forte, dove una gerarchia muoveva i fili di tutte le vite che erano dentro ad essa. Ero nata per quello, era vero. Ma avevo capito che ero nata per molto, molto di più. Ero nata per amare ed essere amata. Ero nata per provare il brivido di una felicità collaterale eppure fervida. Una felicità dominata da brividi e colpi d'adrenalina.

No, non ero nata.

Io ero rinata.

E anche se l'avevo fatto forse da tempo, ero più che mai consapevole di aver voltato pagina.

Per sempre.

Edgar aveva fatto ritorno a Las Vegas prima del previsto. La caccia a mio cugino non era stata tanto divertente per lui. L'aveva beccato su una nave diretta ai Caraibi. Si era procurato una nuova identità ed era pronto e sfuggire alla fine che sapeva gli sarebbe spettata dopo aver provato a mozzare la testa al serpente, e non a uno qualunque, ma al più velenoso di tutti.

Quel mattino, subito dopo il suo ritorno, avevo preso Fritz ed ero andata a salutarlo.

Appena il SUV accostò davanti alla tenuta, Markus mi aprì la portiera.

C'era un caldo bestiale quel mattino e già non vedevo l'ora di arrivare alla fine di quel incontro, tornarmene a casa e buttarmene in piscina.

Portai il passo dentro, con Fritz al mio fianco.

«Signora Dutton.» mi salutò la governante, «Gradisce qualcosa da bere?»

In altre circostanze le avrei chiesto di saziare la mia sete con un buon Martini, ma, disgraziatamente, la gravidanza mi aveva provocato un terribile disprezzo per l'alcol. «No, grazie.» Sospirai. «Servi dell'acqua a Fritz.» le ordinai mentre alzavo gli occhiali da sole sopra la testa.

«Certamente.»

Le passai il guinzaglio e lei portò via il Dobermann.

Sul retro della casa, prima di raggiungere il capanno da dove si scendeva nel seminterrato, incontrai Elliot.

Era seduto accanto al tavolo sul patio, all'ombra.

«Non dovevi partire per Londra questa mattina?» gli chiesi.

Il matrimonio era previsto tra poco meno di nove giorni. Berger l'aveva invitato a passare i suoi ultimi giorni da celibe a Londra, per conoscere il resto della famiglia.

Elliot puntò lo sguardo su di me e si alzò in piedi. «Ho rimandato.» rispose con una certa seccatura, «Partirò domani mattina.»

Ci incamminammo, attraverso il giardino sul lato della tenuta, verso il capanno e a guardarlo meglio, Elliot non riusciva a celare di essere un po' impensierito o meglio infastidito. Aveva la fronte corrugata, segno che aveva un po' troppi pensieri per la testa e ogni tanto serrava la mascella dal nulla.

«Mi sembri un po' nervoso, Elliot.» gli dissi imperturbata. «Berger ti sta col fiato sul collo?»

«Sei veloce a saltare alle conclusioni.» sbottò lui.

Devotion 2 // Perfidia E Inganno //Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora