𝓒𝓪𝓹𝓲𝓽𝓸𝓵𝓸 23

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𝙰 𝚝𝚞𝚝𝚝𝚒 𝚒 𝚌𝚘𝚜𝚝𝚒.

ᴇᴅɢᴀʀ

20 giugno 2012
Couturie, New Orleans
Louisiana, USA
Ore: 14:48

Avevo temuto il peggio.

Ancora una volta avevo come preso la mia stessa anima depravata tra i denti e l'avevo fatta a brandelli al suono delle urla di Irina. Sporca di tutto quel sangue, avevo pensato che qualcuno l'avesse toccata, di nuovo. Che qualcuno avesse, per l'ennesima volta, leso ciò che io dovevo proteggere. A tutti i costi.

Ma non sarebbero state quelle a farle davvero del male.

Le parole.

Le parole, le sue più grandi nemiche. Quelle l'avevano uccisa. E questa volta, era stato peggio delle altre. Questa volta il suo dolore mi era entrato dentro. Avevo impresso le sue disperate grida nel mio cervello ed erano rimaste lì. Erano ancora lì, tuonavano a martellate, e spegnere tutto quel rumore, inconsciamente, non volevo.

Se lei soffriva, avrei sofferto anche io.

Attraversando il salotto, sentivo un incessante bruciore al palmo della mano. Irina l'aveva portata sopra il suo grembo. Quel gesto non poteva parlare più chiaro di così ma ancora deviavo le evidenze. Mi servivano prove. Prove concrete perché era così che funzionava la mia mente. I dettagli. I dettagli dovevano lavorare tutti ad incastro, in perfetta armonia.

«Respira ancora.» mi informò Elliot quando uscii fuori, sul retro della casa.

La bionda era ancora legata alla sedia. Quest'ultima era caduta all'indietro e il suo corpo se ne stava praticamente con le gambe all'aria. Con la testa buttata di lato, la bocca aperta, la troia effettivamente, malgrado il brutto stato del suo corpo, respirava ancora. A gran fatica e a scatti sollevava il petto per prendere ossigeno. Diversi ematomi sottopelle suggerivano almeno una decina di emorragie interne causate dal colpo del martello. Mi avvicinai, dando uno sguardo più attento. I femori erano entrambi rotti, una tibia, qualche costola, con ogni probabilità alcuni organi erano stati gravemente danneggiati e non le sarebbe rimasto molto da vivere a prescindere. Era chiaro che soffrisse ma le mancavano le forze per farlo.

Non avrei mai detto che Irina potesse fare un lavoro simile.

A due passi da lì, trovai il martello che aveva usato.

Da quello che sapevo, Ivan Fagarò aveva lo stesso vizio. Usava un martello per mandare aldilà le sue vittime.

«Sono stati loro.» Chase parlò all'improvviso con una furia malcelata che gli faceva prendere fiati irregolari. «Hanno ammazzato loro il signor Fagarò. L'hanno bruciato vivo e poi avevano coperto l'accaduto piazzando un ordigno.» sibilò.

«Nostro padre non era molto lontano dalla verità.» affermò Elliot pacato e io gli diedi ragione.

Nostro padre, infatti, l'aveva detto che Ivan Fagarò non sarebbe mai morto per mano nemica, bensì per mano di un amico.

Non importava quanto si andava a fondo su quella famiglia. Il marcio continuava a venir fuori.

«Dovevi lasciare che finisse.» continuò mio fratello.

«Forse avrei dovuto.» risposi e senza riflettere ulteriormente, presi la Glock e sparai un colpo in testa alla bionda.

Era meglio così.

Irina non avrebbe avuto la sua morte sulla coscienza. Me la sarei portata io.

«Pulite.» ordinai e tornai dentro casa. Mi trovai di nuovo a prendere i fascicoli sulla visita di Irina per leggere o forse per cercare il pezzo mancante.

Devotion 2 // Perfidia E Inganno //Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora