𝓒𝓪𝓹𝓲𝓽𝓸𝓵𝓸 7 (1)

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𝙻'𝚒𝚗𝚏𝚎𝚛𝚗𝚘 𝚍𝚎𝚕𝚕'𝚊𝚗𝚐𝚎𝚕𝚘.

ɪʀɪɴᴀ

Parte 1

16 maggio 2012
Summerlin, Las Vegas
Nevada, USA
Ore: 7:52

Edgar non aveva mai infranto la sua promessa.

Quasi ogni mattino, al mio risveglio, lui era lì, nel nostro letto, al mio fianco. Ogni giorno, non appena il mio corpo lo sentiva, non appena i miei occhi lo vedevano, avevo questo senso di estraneità con la sua mente.

Non distanza, ma soltanto estraneità.

Ogni volta mi chiedevo come facesse, che cosa spingesse uno come lui a porre così tanta dedizione in quelle promesse. Come poteva una mente spietata come la sua dividersi alla luce del giorno e mostrare così tanta abnegazione a me e così tanta impetuosità nei suoi affari.

Lo amavo eppure, ero sempre più cosciente del fatto che ancora ne conoscevo così poco la profondità del suo essere. Che malgrado avessi scavato, o almeno avessi tentato di farlo, Edgar non era mai andato a fondo sulle questioni che lo riguardavano.

Era sbagliato, pensai. Era sbagliato conoscere così poco della persona che si amava. Che fosse uno duro come lui o meno, era sbagliato e basta.

Molti pensieri vaghi mi assalivano quando prendevo coscienza di quei momenti.

Avevo moltissime problematiche su cui riflettere, moltissimi danni da arrecare e una vendetta che stava per avvenire, eppure Edgar era sempre al primo posto in tutto. Non era più la lealtà a muovere i fili ma lui. Lui era diventato la mia priorità, e non credo che ne fosse consapevole.

Anche quel mattino, mi fermai a lungo a riflettere mentre lui riposava beatamente su un lato del letto. Si era sdraiato a pancia in giù, con il volto rivolto nella parte opposta alla mia, le braccia piegate sotto i cuscini e io mi ero stesa con metà corpo sopra di lui. Pelle contro pelle, il suo respiro riempiva delicatamente il silenzio e io lo ascoltavo, battendo le ciglia lentamente e sembrava che ogni secondo durasse un'eternità. Lui dormiva come qualcuno che non l'aveva fatto per anni. Pensai per qualche ragione sospesa nell'aria e un sorriso sulle labbra, che fosse la mia presenza a fargli quell'effetto. Che fosse la fiducia in me che lo rendeva così vulnerabile, che gli permetteva di chiudere gli occhi e lasciarsi conquistare così facilmente dal sonno.

Il mio petto si scaldava e quel silenzio, quella serenità infinta mi rendeva felice.

Sollevai una mano, lottando contro l'istinto di non volerlo svegliare, e passai la punta di due dita sulla sua scapola. La sua pelle era liscia, i suoi muscoli rilassati ma duri e il suo calore era torrido. La mia mano formicolava tanto era forte l'effetto che mi suscitava fargli quella carezza.

Lui non si mosse eppure il cambio del suo respiro mi suggerì che si era svegliato.

Restando con metà corpo sopra il suo, mi sollevai appena più su e mi avvicinai al suo orecchio. I miei lunghi capelli andarono a cadere tutti sopra di lui, sfiorando le sue spalle e il suo collo. «Mio angelo.» gli sussurrai e poi gli lasciai un bacio tra i capelli e poi uno più in là sulla tempia.

Nelle mie labbra si radunarono le fiamme allora le inumidii e gli lasciai un terzo bacio all'altezza dello zigomo.

Fu allora che il suo corpo si mosse.

Mi spostai per lasciargli modo di voltarsi e l'oscurità dei suoi occhi incontrò i miei. Allungò il braccio quasi per puro istinto e mi attirò a sé, fin quasi a mettermi sotto il suo corpo massiccio. «Cosa hai detto?» mi chiese con voce roca.

Devotion 2 // Perfidia E Inganno //Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora