𝓒𝓪𝓹𝓲𝓽𝓸𝓵𝓸 5

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𝚃𝚊𝚗𝚐𝚒𝚋𝚒𝚕𝚎

ɪʀɪɴᴀ

17 aprile 2012
Summerlin, Las Vegas
Nevada, USA
Ore: 00:12

Per una volta, non volevo che Edgar cercasse le ombre nella mia testa.

Ogni sua parola aveva il giusto peso, aveva quell'antidoto a tutto, ma non desideravo essere capita. Io avevo bisogno di quella rottura dentro di me per odiare e per vendicare.

Quella discussione, per me, era finita.

Non avevo nulla da aggiungere, ma sapevo anche, fin troppo bene, che Edgar era un bastardo imprevedibile.

Che se lui diceva che non avevamo finito, era così e basta.

Quando arrivai alla tenuta, il corpo mi sudava freddo. Cercare di anticipare ciò che mi avrebbe fatto non era fattibile.

Nel salotto d'ingresso, con la mente in subbuglio e Fritz alle calcagna, aprii il cassetto di un mobile, il quale sapevo avesse un secondo fondo, e presi fuori la Glock semiautomatica nascosta all'interno.

Camminai svelta fino alla scala elicoidale che portava al secondo piano, con l'intenzione di raggiungere la nostra stanza ma mi bloccai. Sarebbe stato troppo facile per lui trovarmi lì e allora mi avviai verso il salotto che si affacciava sul giardino e la piscina e uscii.

Poco distante dal bordo piscina, mi stesi su uno sdraio, pentendomi di avere soltanto un abito indosso. Rispetto al clima caldo del giorno, durante la primavera, le notti a Las Vegas sono fredde, con temperature che scendono sotto i dieci gradi e io mi ero trovata a battere i denti.

Il Dobermann stette seduto al mio fianco, sempre in cerca di carezze, drizzando con il suo impeccabile fascino le sue orecchie a punta. Tuttavia non rimase lì con me troppo a lungo. Mi abbandonò di colpo, pochi istanti dopo aver puntato il muso in direzione della casa, correndo con estremo entusiasmo. Entrò nel salotto, scomparendo per alcuni attimi dalla mia vista e poi lo trovai in compagnia di Edgar.

Anche lui gli fece due carezze facendo felice quella creatura ignara di tutto.

La camicia di Edgar era ancora bagnata e lui l'aveva aperta, mettendo torso e addome in bella vista.

Appena alzò gli occhi dal cane e puntò lo sguardo fuori, mi trovò subito. Ogni parte del mio corpo si contrasse, le mie dita strinsero impetuosamente la pistola ma andando contro le mie aspettative, Edgar smise di accarezzare Fritz e andò via dal salotto.

Per un secondo rimasi scombussolata.

Non pensai nemmeno per un attimo che non sarebbe tornato e infatti, ricomparve. Questa volta non aveva più indosso la camicia e di sfuggita, mentre camminava a passo lento per raggiungere l'uscita sul giardino, lasciò cadere qualcosa sul divano.

Lì per lì, non ebbi tempo di chiedermi che cosa fosse. Mi concentrai sul passo lento di Edgar, su quella camminata sicura che compiva, facendomi capire quanta poca sottomissione sentisse nei miei confronti.

A poco meno di quattro metri di distanza tra me e lui, balzai in piedi e gli feci vedere l'arma stretta nella mia mano.

Un'arma che non impugnai ancora contro di lui.

Edgar fermò il passo, diede uno sguardo svelto alla pistola lungo il mio fianco e fece un mezzo sorriso colmo di strafottenza. «Ti avevo già detto, micetta, che non mi devi temere.» mormorò piano, «Sebbene tu sia stata, come al solito, esagerata, non alzerò le mani, né ora né in futuro.» ribadì per l'ennesima volta quella dichiarazione ma a questo giro, disse ogni singola parola con una certa malizia che non aveva bisogno di spiegazioni.

Devotion 2 // Perfidia E Inganno //Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora