18. Piano B

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EVELYNE'S POV

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EVELYNE'S POV

«Qualcuno apra!» Gridai disperatamente mentre diedi infiniti pugni alla porta e tirai energicamente la maniglia cercando di uscire al più presto da quel spaventoso seminterrato.

Mi bruciava il palmo perché stavo applicando tutta la mia forza, dunque mi fermai nel fare ciò, ma non optai l'opzione di uscire da quel ripostiglio attraverso la finestra dalla quale ero entrata.
Mi ero posta l'obiettivo di cogliere in flagrante Ethan con la migliore amica di mia sorella e non avrei di certo rinunciato per una porta che non riuscivo ad aprire, altrimenti avrei fatto per niente quaranta minuti di camminata sofferente a causa delle calzature che non ero solita a portare.

Sembravo in un film horror da quanto stavo urlando e lo facevo con tutta me stessa per cercare di farmi sentire da qualcuno, però il quanto mi risultava difficile date le casse che risuonavano a tutto volume al piano superiore.

«Aprite cazzo!» Pregai strillando fino a far arrossire la pelle della mia mano per i colpi che stavo tirando.

Nessuno mi sentiva perciò decisi di aiutarmi con la torcia del telefono per cercare intorno a me una seconda entrata.
Nel fare ciò, mi imbattei in alcuni scatoloni e, data la mia curiosità, sbirciai l'interno di una di essa. Conteneva alcune bottiglie, non sapevo di preciso di quale bevanda, ma ero certa fossero alcolici.

Avrei potuto approfittarne solo se ne fossi stata dipendente, però non avevo mai bevuto in vita mia e non avevo intenzione di farlo.
Temevo che, se mi sarebbe piaciuto l'alcol, poi non avrei più smesso di berne e io non volevo trasformarmi in un'alcolizzata. A mio parere, non aveva senso spendere su un qualcosa che non faceva nemmeno così bene alla salute.

Venivo, dunque, etichettata come santarellina, ma, in fondo, era meglio così. Seppur ci rimanessi sempre male ogni volta che succedeva. Odiavo essere presa in giro, anche se non lo davo a vedere. Riuscivo a mantenere la calma per non rispondere, quando, in realtà, quell'aggettivo mi distruggeva facendomi ricordare la mia solitudine e le esperienze adolescenziali che non avevo ancora avuto modo di provare in prima persona.
Nonostante in quel momento mi trovavo in uno scantinato di una discoteca, ma non ero comunque felice. Ero venuta non per divertirmi, ma soltanto per cercare di concludere la questione 'Ethan', anche se avevo declinato l'invito di Sophie poiché avevo paura delle conseguenze che sarebbero potuto sorgere se qualcuno avesse scoperto la mia presunta carta d'identità falsa.

Se un mese prima qualcuno mi avesse detto che quel giorno mi sarei ritrovata in uno spazio sconosciuto, al buio, con un pannello di legno in mano per aprire illegalmente una finestra pregando di farmi liberare da qualcuno, non ci avrei mai creduto. Non mi era mai capitato di imbattermi in problematiche del genere, però, quando si trattava di proteggere le persone che amavo, avrei fatto qualsiasi cosa.
E La prova concerta erano le circostanze in cui mi trovavo in quel determinato momento.

Fated MatesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora