26. Rancore

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EVELYNE'S POV

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EVELYNE'S POV

Feci aderire la card elettronica al lettore sicché le porte scorrevoli si aprissero e mi permettessero di entrare nella sede della Sinclaire&Co.

Rabbrividii quando fui accolta dall'aria fresca generata dai ventilatori e che si mischiava perfettamente con un profumo piacevole, il quale rendeva l'ambiente più invitante.

Nonostante fossi di fretta poiché intenta ad abbreviare il mio estremo ritardo, mi concessi di osservare la struttura mentre mi dirigevo verso l'ascensore.
Una reception era posta a sinistra dell'entrata, dietro alla quale vi erano tre dipendenti che premevano le tastiere dei pc in sincrono.
Spostando la visuale, ero in grado ammirare le pareti ricoperte per tre quarti da legno lucido e, di fronte alle poltrone nere con dettagli metallici firmate Cassina, erano posizionati dei tavoli bianchi sui quali situavano delle riviste in maniera estremamente ordinata.

Non mi dilungai troppo, perciò accelerai l'andatura e, di conseguenza, il tacchettio sul pavimento di marmo provocato dai tacchi aumentò.

Dopodiché, entrai nella cabina e premetti il tasto più in alto, ovvero quello accanto alla scritta ultimo piano. Attesi che le ante si avvicinassero per specchiarmi un'ultima volta, poi feci dei risvolti alle maniche e li allineaneai, facendo sì che fossero perfettamente posizionati.

Espirando gran parte di aria che riempiva i polmoni, alzai lo sguardo, poi lo abbassai verso le mie calzature. Dovevo prepararmi mentalmente.

Avevo a disposizione meno di trenta secondi per potermi trasformare in una ragazza capace di fingere di essere confidente.
La timidezza mi intralciava, soprattutto a quel tipo di evento, dove gli affari dipendevano anche dall'impressione che la mia famiglia dava ai presunti clienti. I miei genitori, al contrario mio, riuscivano a darne una positiva con la totale semplicità. Mi ritrovavo a combattere contro l'introversione, che si rivelava come un muro difficile da abbattere. Non permettevo ad essa di influire sfavorevolmente in quell'ambito, perciò dovevo impegnarmi e far in modo che non avvenisse.

Oltre al fine di intraprendere la mia carriera da interior designer, facevo tutto questo per provare la sensazione di essere sicura di me stessa, anche se solamente per alcune ore.
Era l'unica occasione in cui ci riuscivo, invece quando mi trovavo in mezzo ai coetanei diventava un'impresa.

Rialzai il capo e guardai dritto, davanti a me.
Era come se un peso mi si fosse tolto dal petto, ma quel sollievo durò solamente tre secondi, dato che subito dopo ne sentii uno il doppio.
I miei occhi incontrarono quelli dell'ultima persona con cui volevo avere a che fare, e mi venne spontaneo stringere la pochette che stavo sorreggendo.

«Evelyne, finalmente sei qui.» Esclamò mia mamma, ma dal suo tono capivo che mi stava rimproverando. «Ti abbiamo aspettata.»

I miei piani da ragazza audace erano andati in fumo, ma non badai al mio battito cardiaco che si era accelerato e nascosi la mia irrequietezza interiore con un sorriso forzato. «Scusatemi.»

Fated MatesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora