13. Curve impercorribili

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Charles

Magari vi sembrerà ridicolo, ma da quando Lydia mi ha chiesto di accompagnarla al matrimonio di suo fratello, faccio fatica a concentrarmi sulla gara di oggi. Sì, perché è passato qualche giorno da quando quella ragazza dai capelli ricci ha pranzato a casa mia ed è passato qualche giorno da quella proposta assurda. Non che sia assurda l'idea di andare ad un matrimonio, però mai avrei immaginato di andarci con lei. Mi sono fatto abbindolare dalla proposta di un patto in cui se fossi andato al matrimonio con lei, in cambio quest'ultima avrebbe fatto qualcosa per me.
E magari avrò anche ragionato col cazzo stavolta, ma come si fa a dirle di no? Specialmente se in palio c'è qualunque cosa voglia.
Quando mi ricapiterà un'occasione del genere? Mai, ve lo dico io.
Tornando ognuno ai priori impegni, i giorni passarono alla velocità della luce e in men che non si dica non solo mi ritrovo al giorno del Gran Premio del Canada, ma il giorno seguente sarei partito con lei per l'Inghilterra.
E non potevo crederci, ma Lydia sa come avere pugno fermo quando si parla di scelte di voli. Si rifiuta di viaggiare con un volo privato. No voglio dire, vi rendete conto?
Ha preferito prendere dei biglietti per un comune aereo, quando avremmo avuto il mio a completa disposizione. Alcuni giorni mi sembra di conoscerla alla perfezione, altri invece è talmente contorta da domandarmi se la ragazza con cui parlo sia davvero lei o un suo alter ego.
Così due giorni fa, durante le prove libere, al termine dei miei giri, trovo i suoi occhioni da cerbiatto inchiodati addosso. Devo ancora abituarmi all'idea che adesso con quel pass può girovagare dove preferisce.
«Qual buon vento ti porta qui, chérie?» giusto per stuzzicarla un pochettino.
E ottengo esattamente la sua tipica reazione, finge di fregarsene quando sotto sotto quella parola la fa arrossire fino alle punte dei piedi.
«Sono qui per ricordarti che esattamente il giorno dopo la gara si parte» incrocia le braccia, dandosi un'aria seria.
Mi guardo attorno e prendendola per le spalle sottili la allontano dal box, così che nessuno possa sentirci.
«Qui è meglio» dico, lasciandole le spalle «Non voglio che ci sentano».
Diffidente di quello che le dico, anche lei lancia qualche occhiata in giro giusto per assicurarsi di persona che sia tutto okay.
«Non ho bisogno che tu me lo ricorda ogni volta che ci vediamo, Lee, credo di essere arrivato al punto di immaginare quella data pure mentre dormo!».
Lei mi schiaccia l'occhiolino «Così ti voglio». Lei entusiasta, io un po' meno, forse perché ignora che attualmente la mia mente è rabbuiata da un pensiero più grande, ovvero la gara di quella domenica.
La pressione è a mille, dati i problemi che presenta la monoposto e di cui i meccanici non riescono a darsi pace. La prima sessione di prove è andata bene, la seconda e la terza sono state un disastro invece.
Oggi è domenica. È la resa dei conti. La speranza però, come ho imparato nel tempo, è l'ultima a morire e questa gara me la giocherò fino all'ultimo. Non importa quante probabilità possa avere di vincere o di accontentarmi di un secondo posto, ce la metterò tutta.
Ad allentare la tensione ci vorrebbe proprio quella bestiolina. Avrebbe avuto sicuramente le parole giuste per caricarmi. Perché a volte, davvero, mi bastano le sue parole decise o anche solo la sua presenza, per percepire inevitabilmente una fonte di energia che mi aiuta a ripartire.
E poi sembra che niente possa abbattere questa ragazza, le scorre dentro una forza tale che anche quando decide di prestarmene un po', non le accade assolutamente nulla. Ne ha così tanta che difficilmente si lascia abbattere. Oltretutto è come se scegliesse proprio chi può attingere a questo suo potere, non lascia nessuno approfittarsi di lei.
Perciò io non posso che reputarmi fortunato per questo.
«Charles, allora sei pronto?» chiede Michela dall'altra parte della porta, mentre mi crogiolo nei miei pensieri senza aver ancora chiuso la tuta rossa.
«Arrivo tra un minuto!» le mento. Lei però se la beve e sento i suoi passi allontanarsi. Controllo l'orario segnato dall'orologio appeso alla parete, notando che a breve comincerà la cerimonia di apertura.
Il casco mi attende poggiato sul tavolino e osservando le nuove modifiche alla sua estetica, come un flash, mi viene in mente quella volta che prima della gara a Monaco, Lydia ne ha baciato la superficie.
È stato un gesto così disinvolto che fatico tutt'ora a credere che sia stata proprio lei a farlo. E se solo avessi potuto sfregare una mano sul casco e, come una lampada magica, da esso fosse uscito un genio a chiedermi quale sia il desiderio che vorrei esaudisse per me, allora sceglierei di rivedere Lydia in questo preciso istante.
Ma ahimé non posso usare di nuovo Michela come scusa per cercare Lydia e farla venire fin qui. Chiedendole questo favore ho rischiato di grosso l'ultima volta. Abbiamo rischiato, mi correggo.
So con certezza che si trova ai box McLaren per fare da supporto a Lando, di cui ancora non capisco che tipo di relazione possa legarli. Non solo non comprendo cosa ci sia o ci sia stato tra loro, ma non capisco nemmeno cosa possa piacerle così tanto di lui da ronzargli sempre vicino.
Quando le chiedo spiegazioni si tiene sempre sul vago ed è una cosa che non mi da pace. La voglia di sapere cosa si dicono o fanno insieme mi strugge.
Tralasciando questo però, è inspiegabile quanto non sopporti il fatto che lei non sia qui o che non possa fare il tifo per me.
Proprio quando sembra di averla tutta per me, si presenta l'ennesimo motivo che mi fa ricredere.
In più non faccio che chiedermi cosa le sia saltato in mente quando ha scelto me per accompagnarla al matrimonio, se Lando sarebbe stato la scelta migliore tra i due.
Tiro un sospiro profondo. Questo non è il momento adatto per risolvere i misteri di Lydia.

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