2. Intervistare non è mai stato così difficile

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Charles

Sento la sveglia trapanarmi le orecchie e cerco di coprirle soffocandole con un cuscino.
Sprofondo nel piumone bianco del mio letto. Non sono ancora pronto per affrontare la giornata.
La testa mi martella all'impazzata, pentendomi per quanto ho bevuto ieri sera. Se lo sapesse il mio preparatore, Andrea, mi ucciderebbe senza esitare un attimo.
Normalmente posso concedermi di bere alle feste, in questo caso però, mi aveva espressamente chiesto di non farlo per l'intervista di oggi.
Come se i miei pensieri potessero evocarlo, ecco che il telefono inizia a squillare. Il suono rimbomba nella camera da letto vuota e inevitabilmente, anche dentro la mia testa. Ormai in stato di autodistruzione per quanto mi fa male.
Distrattamente lo prendo dal comodino, leggo il suo nome dallo schermo e prevedo subito una bella ramanzina.
Tiro un bel respiro e clicco l'icona verde per rispondere alla chiamata «Dove diavolo sei?» esordisce con tono severo, ricordandomi vagamente quello di un padre prima di un rimprovero.
Ci tengo a precisare una cosa, lui non è anche il mio manager.
Fa le sue veci, ma non lo è. Ci conosciamo da moltissimo tempo per il fatto che abbiamo avuto un amico in comune, Jules.
Jules in realtà non era solo un mio amico, ma il migliore che avessi mai avuto, dal momento che siamo cresciuti insieme. Non molto tempo fa però, è volato in cielo, lasciando un vuoto incolmabile nella mia vita.
Tutti mi dicono che ne sarebbe fiero, della mia posizione attuale intendo; infatti Jules è il motivo principale della mia devozione per questo sport e la Ferrari, di cui faccio parte da circa tre anni ormai.
Direi che è il massimo a cui posso aspirare. Voglio dire, Ferrari è il sogno di ogni pilota.
«Sono...mi sto preparando, a dire la verità» mento mentre scosto le coperte seccato. Mi preparo un caffé in cucina nella speranza che possa essermi d'aiuto per i postumi dell'alcool. Ne dubito fortemente.
Potrei permettermi un appartamento più grande di questo in effetti, ma vivo solo qui e per ora mi sta bene così. Inoltre viaggio per la maggior parte dell'anno per via delle gare e tutto il resto, motivo per cui non ho mai sentito la necessità di vivere in una villa fuori città.
«Non dire stronzate, so che ancora non hai nemmeno fatto colazione».
Guardo la tazzina che tengo tra le dita e rifletto sul fatto che ci vorrebbero proprio dei biscotti al burro, per accompagnarlo.
Mi auguro che Andrea non sia dotato della supervista, perché trovando i biscotti su uno scaffale, comincio a strafogarmene. Gli verrebbe un infarto guardandomi mangiare quella roba.
«A cosa devo la tua chiamata quest'oggi? Sai, mi è mancata la tua voce squisitamente dolce al mattino» non posso fare a meno di usare un tono scherzoso.
Cerco di sopprimere una risata, che lo farebbe incazzare di brutto e finirebbe per mandare all'aria ogni mia speranza di uscire da questa situazione spiacevole.
«Michela mi tartassa di chiamate dicendomi che non riesce a mettersi in contatto con te, dunque mi sono accertato personalmente della questione». Allontano dall'orecchio il telefono e controllo nella rubrica le chiamate perse e a quanto pare Michela ha tutte le ragioni per lamentarsi di me. Trovo una decina di chiamate perse da parte sua che probabilmente non avrò sentito durante il mio sonno profondo.
La sera precedente è bastato poggiare la testa sul cuscino per catapultarmi nel mondo dei sogni in men che non si dica. Di solito mi ci vuole un po', perciò ho trovato estremamente soddisfacente dormire senza guardare un film o fissare il soffitto.
Tornando a Michela invece, è la mia manager. Una donna che oltre ad occuparsi della mia carriera in Formula 1 da quando gareggiavo con Alfa Romeo Sauber, deve anche sopportare il mio caratteraccio.
È davvero una donna in gamba, si fa in quattro per ottenere sponsor, interviste e molto altro per me.
La Formula 1, ahimé, non va avanti solo tramite le corse e il continuo miglioramento delle monoposto delle varie scuderie.
Col tempo ho compreso che il pilota dev'essere carismatico, deve piacere al pubblico, diventando a tutti gli effetti il volto della scuderia per cui gareggia.
La mia famiglia è da sempre conosciuta nel mondo delle corse, mio padre correva, perciò tutti a Monaco sanno chi siamo e ora che sono campione del mondo in carica, non posso fare alcun passo falso.
Per cui non c'è da stupirsi se quando mi vedono in giro mi chiedono autografi o foto da scattare insieme. La fama è sempre stata il mio obiettivo, anche se prima ignoravo il peso che avrebbe avuto sulla mia vita.
Perciò con la privacy che diminuisce anno dopo anno, non riesco ad avere una relazione seria da troppo tempo ormai. Mi capitano sveltine con ragazze che se ne approfittano, ma mai provando interesse per chi sono veramente. Probabilmente è anche colpa mia se le ragazze non mi conoscono affatto, non lascio mai che qualcuno abbassi le mie difese. D'altronde nella mia situazione, non posso fare diversamente.
Qui come anche in altri sport, altri sogni, altri obiettivi, non può esserci alcuna distrazione.
Ho fatto troppa strada per arrivare a vincere a bordo delle Rosse, non sarà per una ragazza qualunque che smetterò di scalare la vetta. Chiamatemi pure egoista, non mi importa.
Per cambiare idea dovrà materializzarsi una ragazza capace di farmi letteralmente perdere la testa. Una ragazza in gamba che non mi giudichi in modo superficiale e che sia disposta a tutto. A tutto quello che il mio mondo comporta, pregi e difetti compresi.
Andrea continua rassegnato con «D'accordo, sai che ti dico? Puoi chiamarla tu stesso e capire cosa vuole con esattezza? Così magari la smetterà di intasarmi il telefono di chiamate».
Porto gli occhi al cielo «Amico mio, dove prendete tutta questa pazienza tu e Michela?».
Oltre ad essere una battuta, è quello che mi chiedo per davvero ogni volta che si trovano a che fare con me.
«Me lo chiedo anch'io continuamente».
Lo saluto e riattacco, successivamente invece chiamo Michela, per farle sapere che sono ancora vivo. Anche se dopo ieri sera non ne sarei più così sicuro. Dovrei avere un'aspirina da qualche parte, potrei prenderne una intanto.
La mia manager intanto mi illumina elencando i miei impegni di oggi, mentre io guardando fuori la vetrata vorrei solo fare un giro in barca, come è mio solito quando c'è una bella giornata.
La butto lì «E se annullassi tutto con la scusa che non mi sento tanto bene?» le propongo guardando le barche bianche ancorate al molo.
Lei ride dall'altro capo del telefono «Cos'è, hai voglia di scherzare adesso? Non ci pensare nemmeno Charles, gli impegni sono impegni».
Non demordo e ci riprovo «Ma non sto scherzando, è vero che non mi sento bene!».
Certo se avessi saputo che ingaggiare Andrea e Michela, come preparatore e manager, significasse avere i cloni dei miei genitori anche nel lavoro ne avrei fatto certamente a meno.
«Andrea ti aveva avvisato di non esagerare, Charles. Ora, sbrigati a prepararti che tra poco hai l'appuntamento».
Finisco di mangiare l'ennesimo biscotto e a bocca piena le prometto di essere puntuale. Lei si tranquillizza e il suo tono diventa improvvisamente più dolce.
Prima di chiudere la chiamata si affretta a dirmi «Ah Charles, per favore non mettere quella vecchia felpa blu».
Seccato le rispondo «Cosa non va nella felpa blu adesso?».
«Prova qualcosa di diverso, una camicia ad esempio» questo è veramente il colmo.
La accontento optando per una camicia.
Dopo essermi preparato di fretta, arrivo sul luogo dell'incontro in anticipo come promesso a Michela.
L'appuntamento è in un hotel che si affaccia su una parte del circuito.
Immagino sia abbastanza lussuoso, dal momento che la gente dal balcone della propria stanza potrebbe comodamente godere della vista delle monoposto durante la gara.
Non credo esista luogo più bello di Monaco, ne sono ossessionato, non solo perché ci sono nato ma anche per la raffinatezza e la grinta che trasmette.
Ci conosciamo tutti qui, mi hanno visto crescere e migliorare e sento un senso di dovere nei confronti di queste persone.
Non vi è una singola volta in cui non abbia messo piede a Monaco durante il Grand Prix, aspirando alla vittoria. Questa città ha il potere di mandare in visibilio i tifosi, il genere di spettacolo che risveglia in me la voglia di salire sulla monoposto e successivamente sul podio, tenendo tra le mani il trofeo del primo posto mentre nell'aria echeggia il famoso inno monegasco.
Riporto l'attenzione all'hotel, dove decido una volta per tutte di entrare e porre fine a questa dannata intervista.
Prima si comincia, meglio è.
Sta andando tutto fin troppo bene, entro nella hall e mi accolgono, come se fossi il sindaco della città. Sorrisoni e parole di benvenuto da ogni dipendente del posto.
Mi fanno accomodare nella sala che sarà dedicata alla stampa, mi offrono un caffé e qualcosa con cui fare colazione nell'attesa; una gamma di croissant di ogni tipo a cui non so resistere e salato vario. Alla grande direi!
Proprio così, se non fosse per un piccolissimo, quasi insignificante dettaglio. Mi riferisco alla presenza di una ragazza che mai mi sarei aspettato di incontrare.
La ragazza in questione ha dei lunghi capelli castano scuro, ad un occhio meno attento sembrerebbero lisci naturali, ma da come sono gonfi si nota come lei stia cercando di reprimere il loro lato ribelle, piastrandoli.
Gli occhi scuri che mi ricordano quelli di un cerbiatto, grandi e profondi.
E un corpo che difficilmente si dimentica. Spalle piccole e delicate come il resto della sua figura, fatta eccezione per i fianchi e il culo, in grado di cogliere l'attenzione anche del più stolto.
In un primo momento non si accorge di nulla, ma quando alza lo sguardo sollecitata da una chiamata di un suo collaboratore nella mia direzione, mi riconosce e mi indica con tanto di dito.
«Tu!» le sfugge e dal modo in cui mi guarda, mi fa tornare all'idea del cerbiatto che lei emula alla perfezione, senza rendersene conto. Infatti avete presente lo sguardo sorpreso che farebbe un cervo dinnanzi alla luce dei fari di un furgone in corsa? Ecco, esattamente Lydia adesso.
«Ad essere stupito dovrei essere io, non te! Ma che ci fai qui?!» in realtà il fatto che ci sia anche lei rende questa giornata meno pesante.
Contentezza a parte, lei aggrotta la fronte seria facendole apparire una piccola ruga «Cosa credi che ci faccia qui? Sarò io quella che condurrà l'intervista tra pochi minuti!».
Stavo giusto per ribattere con un'altra risposta, un uomo però non me lo permette interrompendoci e informandola di alcuni cambiamenti nel programma. Facendo da terzo incomodo mentre i due discutono di lavoro rifletto su un paio di cose.
Ad esempio, non mi aspettavo si occupasse di giornalismo, né tanto meno capisco questo suo nervosismo. Voglio dire, ieri mi avrà riconosciuto. Sapeva sin dall'inizio chi fossi, giusto?
Perché credo che al giorno d'oggi sia improbabile trovare qualcuno che non conosca il mio nome.
Mi è capitato solo una volta di parlare con un uomo, un tassista, che non mi riconobbe nonostante mi parlasse della gara che avevo appena finito di fare.
Quando la discussione tra l'uomo e lei termina, la saluta raggiungendo poi altri membri dello staff, lasciandoci soli.
Allungo la mano verso il suo braccio per tranquillizzarla, perché vorrei si sentisse a suo agio con me. Ma si volta dalla parte opposta ed esce dalla sala, senza proferire parola.
«Lydia asp-» vengo nuovamente interrotto da Michela, stavolta.
Non so cosa mi faccia incazzare di più in questo istante; il fatto che sia stato interrotto più di una volta o per non aver captato la presenza di Michela prima, mentre parlavo con Lydia.
Michela mi affianca ricordandomi come sempre di non rivelare alcuna informazione personale, poiché renderebbe la mia situazione e, la mia vita oltretutto, il centro mediatico di questi giorni. È fondamentale che non trapeli nulla, ma solo il minimo indispensabile.
Lydia rientra nella sala con un'aria diversa, più disinvolta e sicura di sé.
Dove ha nascosto la Lydia di pochi minuti fa?
Si siede su una poltrona, esattamente di fronte la mia. Un uomo le sistema il microfono sulla camicetta di un fucsia che risalta il castano scuro dei suoi capelli. E lo stesso fanno con me successivamente. Poiché l'intera intervista verrà registrata, per ricavarne le informazioni per l'articolo della rivista.

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