Parte 3

5 0 0
                                    

Danielle aveva raggiunto la macchina, parcheggiata sotto l'albero dall'altra parte della strada dove sorgeva il commissariato. Una bella fortuna trovare un posto all'ombra quando il Sole picchia duro. Una volta montata non accese subito il motore, rimase ferma a pensare. Sapeva del bosco e di quel fiume, ma non del signore menzionato da Smith e nemmeno della grotta e del castello, per non parlare dei graffiti, che mai hanno avuto ad oggetto simili eventi; eppure era nata lì. Doveva assolutamente capire qualcosa in più, al di là delle indagini, e così decise di passare a casa di Antony e Martha, i suoi genitori, anche loro nati lì. Il rapporto che aveva con loro non era semplice, soprattutto con il padre, che mai avrebbe voluto che sua figlia facesse un lavoro che lui considerava da uomo; sognava facesse l'insegnante di chimica, la materia scolastica preferita di Danielle. Lei però andò dritta per la sua strada nonostante tutto, perché la vita era la sua e non doveva viverla per far contenti gli altri, doveva essere felice lei, e essere insegnante non avrebbe pagato da questo punto di vista. La madre, invece, aveva protestato all'inizio, ma poi l'aveva accettato, a differenza del padre, ma forse un giorno l'avrebbe fatto anche lui. Immersa in questi pensieri, mise in moto la macchina e poco dopo era davanti alla casa dove era cresciuta. Niente era cambiato rispetto a quand'era piccola, se non i fiori nei vasi vicino alla porta di casa: prima erano gerani, ora orchidee. Il cancello contenuto nella solita recinzione che a Danielle non era mai piaciuta , il prato sempre molto curato e le tende rosso chiaro sulle finestre. Tende di vario tipo, ma sempre rosso chiaro, la tonalità preferita di Martha. Danielle parcheggiò l'auto e suonò il campanello. Fu la madre, una donna dai capelli lunghi e scuri con occhi chiari, molto bella ed elegante, a risponderle. 

-Chi è?

-Ciao mamma, sono Danielle. Posso entrare? 

-Certo. Ora ti apro.

Danielle bussò e trovò la madre ad aprirle la porta. 

-Vieni pure. 

Il soggiorno, invece, era un po' diverso da come lo ricordava: era stato ricomprato il divano e acquistato un nuovo mobiletto bianco, sopra al quale vi era una cartellina gialla che quasi esplodeva per tutti i fogli che c'erano all'interno. 

-Ti trovo bene, non ti passa un anno. Ma papà non c'è? 

-Ora è fuori a comprare la frutta, che io me la sono scordata questa mattina quando sono andata a fare la spesa. Tornerà a breve. 

Danielle non fece in tempo a rispondere che sentì la porta che si apriva: era il padre con una busta piena di arance rosse ( da lui molto gradite) e mele verdi . Si girò e lo salutò.

-Ciao papà. 

Lui, dopo aver posato il cibo sul tavolo del soggiorno, ricambiò il saluto, ma non come dovrebbe fare un padre che rivede la figlia che da un po' di anni vive sotto un altro tetto. Era sempre stato un uomo austero e di poche parole, ma comunque non si sarebbe comportato così se Danielle non avesse indossato quella divisa. 

-Ciao Danielle. Qual buon vento ti porta? 

-Un mio collega è scomparso e abbiamo aperto un'indagine, che, da quello che ci ha detto il commissario Smith, coinvolge una presunta leggenda su questa città. Io non ne ho mai sentito parlare, ma forse voi la conoscete. Ho bisogno, per favore, del vostro aiuto per poter collaborare con gli altri. Dobbiamo ritrovarlo il prima possibile. 

Antony si scurì in volto immediatamente. 

-Speravo mi rispondessi che eri solo venuta a vedere come stavano i tuoi genitori. 

-Papà non cominciare. Ovvio che vi volevo vedere, sennò sarei entrata nella biblioteca comunale a cercare informazioni. Parlando di cose serie, sapete di una grotta vicino al Devil's River che se percorsa porta a un castello segreto? 

-Ci vorrai anche vedere, ma tutto è collegato a quel commissariato. Ti impegna completamente, la tua vita gira intorno a quello. 

Danielle iniziava a spazientirsi.  

-Papà, per favore, non sono qui per discutere.

-Io non voglio discutere. 

-Si che lo vuoi fare, stai sempre a rinfacciarmi la scelta che ho fatto. Che ti piaccia o no è questa, e non la cambierò solo per obbedirti. Non sono il tuo cane. 

-Non ho mai detto che devi essere il mio cane. Vorrei solo che mi parlassi di te, della tua vita, dei tuoi hobby, ma ogni volta che vieni racconti solo delle indagini. Sembra che non ci sia niente di più importante. 

Danielle sentiva il sangue ribollire nella vene e alla fine si ribellò al padre. 

-Non sai tenere una conversazione normale. Colpa mia che sono venuta, avrei dovuto immaginare che non sarebbe servito a niente. Arrivederci.

La madre cercò di fermarla. 

-Danielle aspetta, non hai sbagliato a venire. Rimani pure, non far caso a tuo padre. Lo sai come è fatto.

-Si lo so come è fatto, ma qui chi è che non dovrebbe far caso a lui sei tu, che ancora non hai imparato a contraddirlo quando sbaglia. Adesso, vado davvero. Buona giornata e scusate ancora per il disturbo. 

Danielle se ne andò sbattendo la porta con una forza che nemmeno sapeva di avere. Era molto arrabbiata, il padre non faceva altro che rinfacciare e infastidire. Si chiedeva che bisogno c'era di fare quella scenata; non poteva semplicemente sedersi con Martha e aiutare la figlia? Sembrerebbe di no. Antony probabilmente non accetterà mai la scelta della sua Danielle, ma in fondo peggio per lui. Lei ormai era una donna indipendente, non aveva più nessuno a cui rendere conto. L'unica cosa rimasta da fare a quel punto era andare sul serio alla biblioteca comunale, così salì in macchina e partì per il centro della città, che non era molto lontano dalla sua vecchia casa, giusto 10 minuti, 15 se c'era molto traffico. 


Progetto Di VendettaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora