La vita continua

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CAPITOLO 4

Lucien divenne il tutore di Jason. Il notaio registrò il documento a fine gennaio.
Nonostante Alex e la moglie, avessero provato in tutti i modi a contestarlo, quando scoprirono che il Maggiore e la consorte avevano depositato la copia esatta da un loro legale di fiducia, non poterono fare altro che arrendersi.

Lo stesso giorno venne letto il testamento, di fronte a tutti i congiunti.
Gli unici beni erano la casa e pochi risparmi. Purtroppo, tra le volontà del Maggiore c'era la richiesta di coprire tutti i debiti di Alex.
Sembrava volesse dare una seconda possibilità al genero, confidando che avrebbe apprezzato il gesto e cambiato le sue recenti, brutte abitudini.

Allegate alle volontà testamentarie, c'erano tre lettere, una per ogni figlio.
Quelle delle figlie erano, naturalmente, destinate anche ai mariti.
Il notaio informò gli eredi: per volontà del Maggiore Archer, avrebbero dovuto leggerle in quel momento. Poi, se l'avessero ritenuto necessario, condividerne il contenuto.
Lucien fu il primo ad aprire la missiva. La tenne in modo che anche la moglie potesse leggerla. Joy si asciugò gli occhi mentre Lucien l'abbracciava. Con uno sguardo d'intesa, il marito cominciò a leggere:

"Miei cari Lucien e Joy,
mi ci è voluto molto coraggio per scrivere queste righe. Mi sono sempre ritenuto impavido ma, mai come oggi, il dubbio mi assale. Non so se sto prendendo la decisione giusta, eppure ritengo sia l'unica soluzione onorevole, per la dignità della mia famiglia. So che farete un buon lavoro nel guidare Jason e spero che tu, Lucien, lo istruisca aiutandolo a conseguire i tuoi stessi risultati, quelli che permetteranno alla mia dolce Joy di avere una vita agiata. Dovrete vendere la casa, per sistemare i problemi di Alex, ma credo ne varrà la pena. Lucien, quel giorno mi dicesti che ti avevo ridato la vita, sono certo che comprenderai, quindi, perché ho deciso di fare lo stesso con Alex.
Con immensa gratitudine,
William Archer."

Nel silenzio che seguì, Jason notò la tristezza, ma anche l'orgoglio di Lucien e Joy.
Allo stesso tempo, vide la rabbia e l'imbarazzo di Alex e Felicity. Forse, lei non era al corrente dei problemi del marito.
Jason, dal canto suo, non riusciva a capire le proprie emozioni. L'unica cosa che capiva era che non aveva più una casa.
"Lucien?" chiese insicuro, "dove vivrò?"
Il cognato si avvicinò e gli mise un braccio intorno alle spalle.
"Da me e Joy. Starai da noi finché non avrai un posto tutto tuo e credimi succederà, ti aiuterò io."
Jason annuì.
"Vuoi condividere la tua lettera?" continuò il cognato.
Jason diede una sbirciatina poi assentì.
"Caro Jason,
non ti vedo da anni e questo mi rattrista. Voglio tu sappia, con assoluta certezza, che sono sempre stato fiero di te.
Mr Hosborn mi scrive costantemente, elogiando i tuoi progressi, esaltando la tua intelligenza e l'empatia coi tuoi compagni. Non avrei potuto desiderare un figlio migliore."
Jason leggeva quelle parole come se fossero state parte di un testo scolastico. Non identificava quell'uomo che scriveva tante lodi. Non era suo padre quello, o almeno, non come lo aveva conosciuto. Continuò la lettura, cercando di nascondere i suoi pensieri. Era irrispettoso ragionare in quel modo, mentre leggeva parole così gratificanti.
"Ti chiedo perdono, ragazzo mio, per non essere riuscito a lasciarti nulla, ma voglio che tu comprenda le mie decisioni. Siete i miei tesori più grandi, dopo vostra madre naturalmente."
A Joy sfuggì una risatina.
Jason continuò:
"Non sarei in pace, sapendo che anche solo uno dei miei figli soffre. Ho bisogno che tu capisca: il mio desiderio ultimo è di fare il possibile per garantire a ognuno di voi il meglio. Avrei voluto un po' più di tempo da passare insieme per conoscerci meglio, ma forse ci conosciamo abbastanza. Con affetto.
Tuo Padre."

Non un suono si udiva nello studio del notaio, solo il ticchettio di un orologio che doveva essere nascosto da qualche parte.
Tutti spostarono lo sguardo su Alex e Felicity.
Alex prese la lettera aperta, dalle mani della moglie. La ripiegò e la infilò in tasca. I denti stretti e la mascella contratta, rivelavano il suo disappunto. Si sistemò la giacca dell'uniforme, indossata per dimostrare la sua posizione nell'esercito, spolverando con la mano la spalla sinistra, dov'erano applicati i nuovi gradi.
"Bene!" disse con arroganza, alzandosi.
"Se questo è tutto, noi ce ne andiamo. Partiremo per Bruxelles tra qualche settimana, mi auguro che per allora le volontà del Maggiore vengano rispettate."
Si diresse alla porta senza aspettare la moglie né salutare nessuno.
Felicity sembrava imbarazzata e offesa. Si apprestò a seguire il marito, ma prima di uscire guardò il notaio.
"Grazie, buona giornata."
Beh, le buone maniere, almeno lei, le conosceva.

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