CAPITOLO 9
Jason era tornato a Eton da una settimana e non aveva ricevuto, ancora, nessuna lettera da Milly. Forse, aspettava che fosse lui a fare il primo passo.
Era molto insicura. Il giovane aveva già scritto sei lettere, praticamente una al giorno, ma non ne aveva spedita nessuna.
Non capiva perché avesse scritto tanto, sapeva solo che si trovava allo scrittoio con la penna in mano. A volte si chiedeva come ci fosse finito.
Cliff aprì la porta della camera di Jason.
"Allora, capitano, vieni con noi?"
Dietro di lui, Marcus e Oliver lo incitarono a uscire.
Jason non aveva detto niente ai suoi amici, né del titolo, né del fidanzamento.
Non si sentiva pronto ad affrontare tutto quello che gli era piovuto addosso. Voleva essere, ancora per un po', lo studente, il capitano e l'amico.
"Dove andiamo di bello?" rispose, alzandosi e nascondendo le lettere nel cassetto. Un coro entusiasta risuonò nel corridoio. Così, con gli amici di sempre, Jason riprese in mano la sua vecchia vita. Voleva godersela, finché poteva.Arrivati alla locanda, entrarono tutti infreddoliti. Una spruzzata di neve aveva imbiancato il paesaggio intorno al collegio, dando un senso di candore a quel freddo pomeriggio della prima settimana di febbraio. Si accomodarono vicino al grosso camino e ordinarono quattro boccali di birra. Jane arrivò ancheggiando.
"Buonasera, signori" salutò, posando le bevande sul tavolo. Si avvicinò a Jason accarezzandogli la schiena, prima di strusciarsi su di lui.
"Hai freddo, ragazzone, non é vero? Vieni con me, ci penso io a scaldarti".
Jason avrebbe preso al volo, qualche mese prima, l'offerta di un corpo caldo e disponibile, ma in quel momento non era dell'umore.
"Grazie, Jane, ma stasera la voglio dedicare ai miei amici".
Così dicendo le baciò la mano, con un gesto galante. Ridacchiando, Jane si allontanò. I ragazzi lo derisero: "Ehi, capitano hai fatto così tanto sesso, a Londra, da essere fuori forma?"
Marcus non mancava mai di rinfacciare a Jason tutte le sue conquiste.
"Lascialo stare, Marcus, siamo usciti per divertirci". Oliver era, da sempre, il mediatore.
Cliff posò la birra.
"Se si fosse offerta di scaldarmi, mi sarei fiondato sulle scale!"
"Mi avete invitato a uscire per stare con me, o no?" Jason rideva di quelle schermaglie. Erano cose così semplici e normali.
"Mi siete mancati ragazzi". Alzò il boccale e gli altri fecero lo stesso.
"All'ultimo semestre" gridarono in coro.Tornato in camera, Jason ripensò alla serata. Era un po' brillo, ma non abbastanza da non ragionare. Aveva scherzato con gli amici sul fatto di preferire loro al sesso. Da una parte era la verità, gli erano mancati tanto ma, dall'altra, sapeva perché aveva rifiutato le avances di Jane. Aveva pensato tutta la settimana a Milly. La vedeva nei suoi sogni, così dolce e spaventata. Era entrato nello studio del rettore per ben tre volte, solo per guardare il dipinto del cerbiatto. Aveva avuto la conferma che, davvero, i suoi occhi erano uguali a quelli del cucciolo che il pittore aveva chiamato Bambi. Da allora, nella propria testa, la chiamava così. Più di una notte, si era svegliato in uno stato di eccitazione, pensando a lei. Gli sembrava sbagliato, ma non riusciva a smettere di desiderarla.
Il mattino seguente, Cliff si presentò alla sua porta.
"Jason, c'è posta per te!" dichiarò, porgendogli una busta.
"Non è da parte di tuo cognato e nemmeno di tua sorella, almeno non Joy, conosco la loro calligrafia" aggiunse, facendo l'occhiolino.
Jason cercò di mantenere la calma, mentre prendeva la missiva dalle mani dell'amico.
"Grazie, Cliff, per avermela portata".
Cliff alzò le spalle con noncuranza.
"Sono andato a ritirare la mia posta e il rettore mi ha chiesto di consegnarti la tua".
Sembrava tranquillo, ma Jason intuì che qualcosa lo turbava.
"Va tutto bene, amico?"
"Tutto bene, capitano. Allora, chi ti scrive?"
Jason non voleva mentire al suo miglior amico ma non voleva neanche che sapesse com'era cambiata la sua vita. Non avrebbe sopportato di venire sommerso di domande alle quali non avrebbe saputo rispondere. Voleva che lì, tutto rimanesse immutato, almeno fino a giugno.
"Sembra di Felicity. La leggerò più tardi! Hai già recuperato tutte le materie? A me ne mancano solo un paio".
Il cambio di discorso sembrò funzionare.
"Sai che non sono bravo come te! Devo dare almeno altri cinque esami per rimettermi in pari" sospirò. Era stato troppo facile. Cliff non avrebbe mollato così in fretta. Avrebbe preteso di conoscere il contenuto della lettera o, almeno, l'avrebbe sfinito a furia di domande. Jason si chiese se anche lui nascondesse qualcosa.
Durante le lezioni non riuscì a concentrarsi. La lettera gli bruciava nella tasca. Finalmente terminarono e il ragazzo uscì di corsa, evitando gli amici.
Arrivato in camera, chiuse attentamente la porta, si buttò sul letto e prese la lettera. Guardò sognante le lettere che componevano il suo nome e l'indirizzo. Non c'erano titoli, era stato scritto esattamente come aveva fatto lui, quando l'aveva dato a Milly. La grafia era elegante e dolce come lei. Si sorprese a baciare la busta. Rise di sé, ma si consolò sapendo che nessuno l'avrebbe mai scoperto.
L'aprì con attenzione e, prima di leggerla, osservò quelle righe ordinate. Voleva gustarsi quel momento. Non l'avrebbe mai ammesso, ma l'aveva attesa con ansia. Era esaltante, quasi quanto una vittoria sul campo. Gli aveva scritto!
Si decise a leggere:
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SOLO TU
ChickLitIL ROMANZO -Ci sono momenti nella vita, in cui tutto sembra già deciso e tu non puoi far altro che accettare l'inevitabile. Questo sembra il filo conduttore del destino dei due protagonisti. Eppure, a volte, ciò che non si vuole è esattamente quello...