CAPITOLO 2
Jason Archer aveva vissuto i suoi quasi diciannove anni di vita in piena autonomia. Suo padre William era un maggiore dell'esercito, sempre in viaggio per missioni, più politiche che militari e sua madre, impegnata coi suoi studi sulla botanica, lo seguiva ovunque.
Lui e le sorelle maggiori avevano avuto delle balie e dei precettori da sempre, perciò non avevano sofferto molto la mancanza delle figure genitoriali.
Le feste comandate erano le uniche occasioni in cui la famiglia si riuniva.
Il Maggiore William Archer si informava allora sui progressi dei figli e li valutava come faceva con i suoi sottoposti. Non era troppo da sopportare, si trattava di poche settimane di esami prima di mesi di libertà assoluta. La madre invece, Mrs Morine Archer, passava il tempo a trascrivere e disegnare ogni tipo di pianta che aveva visto e di cui aveva preso appunti.
Le sorelle di Jason, Joy e Felicity, di cinque e quattro anni più grandi di lui, si erano sposate a pochi mesi di distanza l'una dall'altra, con due tenenti conosciuti grazie al padre.
Jason era rimasto solo negli ultimi due anni, da quando anche Joy si era sposata. Non che ne sentisse la mancanza visto che frequentava Eton da più di quattro anni. A volte non tornava a casa per lunghi periodi. Preferiva passare le vacanze da qualche amico.
Erano perlopiù figli di nobili ma Jason, campione nel cricket, era tenuto in grande considerazione. Aveva un gruppo affiatato di compagni di squadra con i quali si divertiva parecchio, ma restava comunque il figlio di un soldato. La disciplina gli veniva naturale, perciò non era mai finito nei guai o almeno non in guai seri. Andava bene in ogni materia e aveva uno stuolo di ragazze che gli cadevano letteralmente ai piedi.TRE ANNI PRIMA
Jason aveva perso la verginità a quindici anni, in occasione del suo compleanno, in una bettola vicino a Eton. I ragazzi avevano deciso di trasgredire e ora stavano bevendo birra locale, non certo una bevanda da nobili, in una taverna tutt'altro che raffinata.
Quella giornata era iniziata alla grande.
Per essere il ventitré aprile, faceva molto caldo e il sole splendeva in un cielo limpido, già questo era un regalo.
Avevano vinto la partita più importante del campionato di cricket contro la squadra più forte e ora stavano provando l'ebrezza della prima sbronza.La cameriera che li serviva era piuttosto carina, con una generosa scollatura, che non mancava di sbattere sotto al naso dei ragazzi ogni volta che riempiva loro i boccali. Quando Clifford urlò tanti auguri al capitano, la ragazza si avvicinò a Jason ancheggiando.
"Quindi" disse accarezzandogli la schiena, "oggi, è il tuo compleanno bel ragazzone?"
Jason, un po' annebbiato dal terzo boccale di birra, annuì, agitando la testa su e giù. Non era una novità per lui che le ragazze lo guardassero in quel modo, ma di solito ne rideva con gli amici, senza darci troppo peso.
Non quel giorno.
Forse per la gioia della vittoria in campo, forse per la bevanda tracannata in fretta, forse per l'incitamento dei suoi compagni o forse perché stava festeggiando, ma quando la cameriera si sporse, poggiandogli il seno sulla faccia, una strana eccitazione lo pervase.
"Sono Jane," sussurò "e voglio farti un regalo" continuò, facendogli l'occhiolino. Si girò verso gli altri amici, allegra: "O forse lo farai tu a me." Scoppiarono tutti a ridere, mentre Jane trascinava Jason su per le scale verso le camere, tra fischi e applausi.
Fu allora che Jason scoprì il piacere del sesso.~•~•~♡~•~•~
L'anno seguente segnò il ragazzo in modo permanente.
Era una fredda mattina di gennaio quando Jason fu convocato dal rettore dell'istituto. Non era la prima volta che varcava la soglia di quello studio, vecchio e polveroso con un costante odore di fumo e di muffa.
A volte era stato chiamato per ricevere complimenti, altre era stato richiamato all'ordine. Mr Hosborn sedeva dietro la vecchia scrivania segnata dal tempo, ma immutata nella sua imponenza. Dietro di lui, si innalzava uno scaffale altrettanto scuro e antico, pieno di libri da terra al soffitto. Le tende grigie sbiadite dal sole erano aperte, ma la giornata nuvolosa non lasciava entrare troppa luce, nonostante le finestre fossero davvero grandi. Una lampada a olio posata sulla scrivania, dava ulteriore luminosità, ma non abbastanza da rendere la stanza illuminata. Tutto rimaneva in penombra compreso il volto di Mr Hosborn, il quale alzò lo sguardo dalla lettera che teneva tra le mani, spostandolo sul ragazzo fermo sulla soglia della porta rimasta aperta.
Notando il dolore negli occhi del rettore, Jason fu pervaso da una sensazione di gelo, non dovuto alle basse temperature del periodo, ma a un senso di perdita, come se il calore avesse improvvisamente abbandonato il suo corpo.
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SOLO TU
ChickLitIL ROMANZO -Ci sono momenti nella vita, in cui tutto sembra già deciso e tu non puoi far altro che accettare l'inevitabile. Questo sembra il filo conduttore del destino dei due protagonisti. Eppure, a volte, ciò che non si vuole è esattamente quello...