Confusione

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CAPITOLO 3

La sua stanza, come quella delle sorelle, era al terzo piano.
Arrivato al pianerottolo del secondo, vide Felicity uscire dalla camera dei genitori.
Si fissarono un attimo.
"Jason? Sei tu?"
Felicity sembrava quasi non riconoscerlo.
"Mio Dio, non ti vedo da quanto, due anni? Sei diventato più alto di papà, ma somigli tanto alla mamma!"
Con un sospiro, gli si avvicinò. Jason le diede dei colpetti sulle spalle. No, non erano proprio espansivi.
"Felicity, ti trovo bene."
Fu tutto quello che riuscì a dire.

Le due sorelle erano diverse come il giorno e la notte, ma avevano in comune i colori del padre. Bionde con occhi verdi. Felicity oltre a essere più alta di Joy, era sempre stata molto diretta.
Joy, invece, era introversa, cosa che in una famiglia come la sua era tutto un dire.
"Jason, spero tu non abbia obiezioni sul fatto che io e Alex abbiamo preso la camera di mamma e papà. Come sai,  quelle al terzo piano sono solo due così abbiamo unito i letti per Joy e Lucien."
Jason si chiese perché non avessero dato la camera dei genitori a Joy, visto il suo stato, ma, se si erano accordate così, a lui andava bene.
"No, Felicity, nessun problema."

Scesero insieme e trovarono Joy addormentata sul divano del salottino che affacciava sul giardino.
Lucien le sedeva accanto e la guardava con tenerezza.
Entrati, Jason e Felicity si accomodarono sulle poltrone di fronte. Il silenzio era imbarazzante.
Jason e Felicity sembravano immuni al dolore, mentre Joy e Lucien erano davvero provati.
Fu Lucien a rompere il silenzio:
"Il Maggiore mi ha salvato la vita, sapete? E poi mi ha donato il suo più grande tesoro, o almeno uno dei tre."
L'emozione nella sua voce aveva una forza tale da diffondersi nella stanza come fumo, finendo per intossicarti.
Questa fu la sensazione che provò Jason.
La respirò, la sentì espandersi nel torace fino a diventare pesante, opprimente.
Gli vennero le lacrime agli occhi. Pareva che solo piangendo avrebbe liberato il petto da quel macigno. Ma non poteva piangere, era un uomo, questo gli diceva sempre suo padre.
Il suono dei passi provenienti dall'ingresso, lo destarono da quei pensieri.

Alex Bekett entrò con passo militare.
Non c'erano emozioni sul suo viso e il saluto che riservò alla moglie, fu un semplice cenno del capo.
Che differenza tra Lucien Kerr e Alex Bekett, non potè non pensare Jason.
Quando si accorse di lui, Alex alzò un sopracciglio.
"Jason? Davvero notevole!"
Non sapendo come rispondere, il giovane ringraziò.
Fu di nuovo Lucien a parlare, in effetti era il più loquace:
"Allora, Alex come ti sei accordato col pastore? Spero abbia compreso la situazione e acconsentito sia alla cerimonia che alla posa della lapide!"
Solo in quel momento Jason si rese conto che, non solo non ci sarebbero state bare durante il funerale, ma non ci sarebbero state nemmeno lapidi, se non  richiesto espressamente.
Guardò con riconoscenza Lucien, intuendo che era merito suo se i genitori avrebbero avuto una degna sepoltura, o quasi.
Alex alzò le spalle, come risposta immediata al cognato.
"Kerr, ho ordinato al pastore di celebrare una messa per i defunti domani pomeriggio alle quindici, sono passato dallo scalpellino e ho ordinato la lapide. Sarà pronta in tarda mattinata, con nomi e  data della scomparsa."
"Quale data?" chiese Lucien, non esattamente soddisfatto dal lavoro svolto dal cognato.
"Quella che ci hanno comunicato dal ministero, quindici dicembre!" rispose infastidito.
"Quella è la data in cui è stato diramato il dispaccio! Non abbiamo informazioni certe, su quando sia avvenuto il naufragio; erano partiti il sei dicembre, probabilmente hanno navigato per due, massimo tre giorni, prima di essere sorpresi dalla tempesta. Non sappiano se i venti li abbiano portati fuori rotta o se..."
"Basta cosi!" tuonò Alex.
Tutti rimasero impressionati da quell'attacco di rabbia, mentre aggiungeva, furente:
"Ho fatto ciò che dovevo! Quale importanza può avere una data, quando non abbiamo neanche i corpi?"
Lucien stava per rispondere in modo accalorato, lo si capiva dallo sguardo. Alex lo aveva praticamente zittito!
La mano di Joy si posò sul braccio del marito.
Lucien la guardò, poi alzò gli occhi sul viso della moglie e la rabbia lasciò il posto alla tenerezza. Jason notava tutto e lo memorizzava.
Più tardi avrebbe analizzato ogni dettaglio.
Felicity intervenne:
"Mio caro Kerr devi sapere qual è il tuo posto! Alex è da più tempo in famiglia, ci siamo sposati prima di voi ed è il più maturo, quindi è, al momento, il capofamiglia."
Come, come? Pensò Jason, non era lui in teoria il capofamiglia?
Beh, doveva ammettere che non aveva neanche sedici anni.
Poi un altro pensiero affiorò tra gli altri: perché Felicity e Alex chiamavano Lucien, Kerr? Certo era il suo cognome ma sembrava un modo per mantenere le distanze. E qual era il suo posto? Che voleva dire Felicity?
Era dunque per questo che lei e il marito avevano preso la stanza dei genitori?
Eppure Joy era nata un anno prima di Felicity.
Jason non avrebbe mai capito gli adulti.
Certo provava più simpatia per Lucien e Joy che per Felicity e Alex, ma forse era più simile a quest'ultimi, freddo come loro.
Mentre seguiva questo pensiero, Felicity sganciò la bomba:
"Quindi, penso che tocchi a me e Alex informare Jason che non potrà finire gli studi."
"Felicity, no!" cercò di interromperla Lucien, ma Jason ormai era furente.
"Di cosa stai parlando? " chiese alla sorella mentre la rabbia gli arrossava il viso.
Lucien anticipò tutti:
"Calmati, Jason. Sistemeremo tutto, hai la mia parola"
"La tua parola, certo!" lo canzonò Alex " La parola di un bastardo non vale niente."
Joy sobbalzò, stringendo il marito in un abbraccio.
Lucien non reagì come aveva previsto Jason, anzi sorrise scuotendo la testa, poi guardò Alex negli occhi:
"Forse, non ho conosciuto l'uomo che mi ha messo al mondo e che avrebbe dovuto essere mio padre, ma ho avuto sicuramente una figura paterna che mi ha guidato, incoraggiato e spinto a essere un uomo migliore. Dal giorno in cui l'ho conosciuto, sono rinato ed è stato lui a fare in modo che ciò accadesse. È stato più di un padre e io farò tutto il possibile affinché suo figlio abbia ciò che gli avrebbe dato lui".
A Jason era stato insegnato che gli uomini non piangono e non si abbracciano ma, cavolo, aveva quasi sedici anni e una gran voglia di piangere e abbracciare
Lucien.

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