Maggio 2064

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Maggio 2064


«Non è una trappolina un po' elementare? Io se trovassi un comunicatore con l'accesso sbloccato sospetterei qualcosa» disse Hagen.

«Dato il livello dimostrato finora da Black Stranger credo che potrebbe funzionare» rispose Wunderlich.

I due erano nell'ufficio tecnico e stavano guardando un grande schermo diviso in varie finestre. Wunderlich aveva lasciato il comunicatore in bella vista nella stanza dei ricercatori e Hagen si era collegato alle webcam del laboratorio, che ora lo inquadravano in una dozzina di prospettive.

«Torno nella mia stanza, se qualcuno lo trova e comincia a curiosare chiamami all'istante.»

Neanche un'ora dopo arrivò la chiamata: «Il nuovo dottorando ha preso il com ed è sparito, ma la porta è sorvegliata e non l'ho visto uscire. Il fatto che si sia messo in un angolo cieco mi fa pensare male.»

«Chissà perché non sono sorpreso» mugugnò Wunderlich. «E bravo Black Stranger. Vado a dirgli due parole.»

«Non vorrai...»

«Non sono così scemo, voglio solo vedere la sua faccia se lo colgo sul fatto.»

Si recò alla stanza dei ricercatori e attraverso la vetrata vide Schwarz, che si era ritirato in un angolo ed era impegnatissimo a fare chissà cosa con il comunicatore. Nonostante il suo proposito di rimanere calmo riuscì a stento a trattenersi dallo sfondare il vetro con un pugno e prendere quell'idiota per il collo. Respirò profondamente e si scostò dalla vetrata, e solo allora si accorse di Antoniou e Herschel; a quanto pare avevano intenzione di entrare nel laboratorio ma esitavano, intimidite dalla sua espressione.

Le salutò con un sorriso forzato. Le ragazze sembrarono rilassarsi ed entrarono. Aspettò qualche istante, entrò anche lui appena prima che la porta si richiudesse, e si avvicinò silenziosamente a Schwarz, sperando di riuscire a vedere cosa stesse combinando con il suo com. Glielo strappò di mano e guardò lo schermo, ma non vide niente di significativo. «Schwarz, ti serve qualcosa dal mio comunicatore?»

«No, professore, ho visto che l'ha dimenticato e stavo venendo a portarglielo.»

Medaglia d'oro alla faccia tosta. «Come vedi non dovrai disturbarti. Adesso puoi tornare al lavoro.»

Wunderlich tornò nella sua stanza, chiuse la porta e chiamò Jochen. «È Schwarz.»

«Va bene. Ci riuniremo al più presto per decidere cosa fare, intanto adesso che lo sai puoi tenerlo lontano da informazioni vitali.»

«Puoi scommetterci.»

*

«Non è una meraviglia?» chiese Black Stranger. La stanza virtuale era un pub rumoroso e affollato, dagli arredi vecchiotti.

«In confronto alle altre stanze l'aggettivo mi sembra decisamente esagerato» disse la donna soldato dagli occhi azzurro ghiaccio. «Potevi avvertirmi dell'attacco di nostalgia, mi sarei messa qualcos'altro.»

«Ma dai, non ti ricordi il nostro pub? Possiamo venire anche nudi che non se ne accorge nessuno. In teoria anche il mio avatar non sarebbe molto adatto.»

«In effetti mi sto stancando di quella specie di banchiere pakistano.»

«Chissà, forse presto ci vedremo di persona in tutta la nostra lentigginosa gloria...»

«Vuoi dire che...»

«Ma quello è Jamie Brooks!» Black Stranger si girò verso un ragazzone altissimo e obeso, con la testa quasi completamente avvolta in una sciarpa bianca e verde. «Non è possibile, hanno aggiunto una simulazione di Jamie per autenticità? O sarà qualcuno che fa lo scemo e lo usa come avatar? Ehi, Jamie!» Agitò un braccio per richiamare l'attenzione del ragazzo, in un comico contrasto con il suo abbigliamento formale.

Red Phoenix batté una mano sul tavolino: «Che vuol dire che ci vedremo di persona? Che dovrai scappare dall'Università? Mi pare di capire che tutti i tuoi piani sono naufragati e che dovrai optare per la soluzione drastica.»

«La ricercatrice che mi hanno mandato, oltre a essere devota a Wunderlich e a non c'entrare niente con Rote Blitze, non lavora neanche sul SAS, quindi mi è completamente inutile. Oddio, parlo dal punto di vista politico. Ha un sacco di altri meriti.»

«Non mi interessano gli altri meriti.»

«Naturalmente» concesse Black Stranger con un sorriso ironico. «Tra l'altro c'è in giro pure un idiota di informatore della polizia che sta combinando altri pasticci. Insomma, ho deciso di parlare chiaro con Wunderlich, ma come hai notato tu non ci sono molte speranze che accetti.»

Red Phoenix sospirò. «Abbiamo un'aeronavetta in Olanda. La terrò pronta.»

*

Dopo la scena con Schwarz, Wunderlich era così infuriato che ebbe difficoltà a riprendere il lavoro. Sapeva di avere la polizia alle calcagna, ma che uno dei suoi dottorandi si rivelasse un agente così squallido...

Alla fine riuscì a recuperare la concentrazione, ma poco dopo distolse di nuovo lo sguardo dal computer, sorpreso dalla sfumatura rossastra della luce che entrava dalla finestra. Il sole stava tramontando. Guardò l'orologio.

Al diavolo, dovrò restare fino a tardi. Almeno avrebbe lavorato in pace, gli altri a quell'ora tornavano a casa.

Qualcuno bussò alla porta.

«Avanti» disse Wunderlich, seccato.

«Possiamo parlare?» chiese il nuovo arrivato, in un tono di voce stranamente umile.

«Tulloch!» Non era possibile, si rivolgevano appena la parola e doveva scegliere proprio quella serata per rompergli le scatole? «Scusa ma non è proprio il momento giusto.»

«Lo so, ma con te non è mai il momento giusto.» L'umiltà di Tulloch non durava mai a lungo.

«Dimmi di che si tratta in tre parole e, se non è proprio urgente, temo che dovremo rimandare.» Non poteva essere urgente visto che per fortuna non avevano niente in comune, né a livello di ricerca né di didattica.

«Te lo dico in tre lettere, e decidi tu se è urgente: S-A-S.»

Wunderlich scattò in piedi.

«Lo prendo come un assenso» fu la risposta sarcastica.

A Wunderlich sembrò acido sulla pelle. Come si permetteva Tulloch di venire a parlargli di una cosa che non avrebbe dovuto neanche conoscere, e sghignazzando, per giunta?

Prima che trovasse una risposta adatta, Petra Antoniou si affacciò nella stanza: «Mi scusi professore, stavo cercando Doug.»

Doug? Molto discreta quella Antoniou, nessuno avrebbe capito cosa stava succedendo.

Tulloch sembrava covare pensieri analoghi, perché guardò la ragazza spazientito e le disse: «Temo che ne avremo per un bel po'. Non aspettarmi, ci sentiamo più tardi. Anzi, forse sarebbe meglio rimand...»

«Non preoccuparti, tanto devo restare anch'io, ho da lavorare. Ti aspetto. A più tardi, Black Stranger! Arrivederci, professore.»

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