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Daphne Clifford

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Daphne Clifford

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Il suo arrivo in Bahrein era stato ancora più complicato di quanto previsto. Il tassista che doveva portarla in hotel sembrava non conoscere affatto l'inglese, e come se tutto ciò non bastasse, non le prendeva il cellulare per potergli dire quale fosse la sua destinazione.

Quel giorno tutto sembrava andare storto.

Aveva sentito Conrad quella stessa mattina, abbastanza allarmato dagli ultimi atteggiamenti dei loro genitori, che sembravano essere più esagitati del solito, per di più si era ritrovata imbottigliata nel traffico in direzione dell'aeroporto ed in tutto ciò l'ansia della sua prima apparizione in pubblico la stava divorando viva.

Ci mancava solo il tassista.

Dopo aver cercato di spiegarsi nel migliore dei modi, tra cellulare inagibile ed indicazioni date in un inglese alquanto discutibile, riuscì finalmente ad avviarsi verso l'hotel. Forse in quel momento lo sceicco Nasser le sarebbe tornato utile.

No, non scherziamo.

Il viaggio le sembrò durare un'eternità, anche a causa del traffico serale in città, ma appena notò la scritta luminosa e pacchiana dell'hotel, anche i suoi occhi si illuminarono. Quell'Odissea aveva finalmente una fine, e poteva buttarsi su un letto a riposare un po'. Dopo aver pagato il tassita, uscì dalla macchina e fu travolta da un caldo indiscrivibile. Sapeva che nell'Asia sud-occidentale facesse caldo, ma non si aspettava minimamente di trovarsi un'aria così soffocante.

Le strade erano affollate e rumorose, inondate da un'aria frizzante di gioia e vitalità notturna. Notò tantissimi ragazzi vagare per le vie strette della città, tra chiacchiericci e gente che consumava l'iftar nei vari locali che davano sulla strada.

L'hotel era probabilmente il più lussuoso della città, ma anche dall'aria piuttosto semplice. Comunque la sala d'accoglienza era ampia e spaziosa, seppur piena di molti lavoratori che si stavano svagando, godendosi il giorno libero prima dell'inizio del weekend. Si diresse subito verso il desk, così che potesse fare il check-in nella sua stanza.

Come se tutto ciò non fosse sufficiente, ci si era messo anche il receptionist a darle una bella notizia. Non c'era nessuna camera a nome Clifford.

«Provi a vedere sotto il nome Norris.» suggerì la ragazza, mettendosi in punta di piedi per cercare di sbirciare tra i vari fogli delle prenotazioni.

«Il signor Norris è in camera in questo momento... ma ha solo una camera a suo nome.»

Oh no.

«Può chiamarlo per me?» domandò, spiegando al ragazzo -giovanissimo, forse persino più di lei- che non le prendeva il cellulare e che aveva urgentemente bisogno di parlare con il Signor Norris. Era divertente sentirlo chiamare così.

ANOTHER LOVE | LANDO NORRISDove le storie prendono vita. Scoprilo ora