Libro X - LA PIETRA DI MERLINO

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Come re Artù giostrò con ser Tristano che non avevavoluto dirgli il motivo per cui portava lo scudo, e come fudisarcionatoEra davvero una meraviglia vedere ser Tristano slanciarsi dauna parte all‟altra del campo e abbattere di forza quantiincontrava: nessuno poteva resistergli e il re degli Scozzesi eil re d‟Irlanda dovettero infine cedere terreno. Re Artù deciseallora di non lasciarsi sfuggire il prode cavaliere e ordinò aser Ivano il Biancamano di armarsi; quindi avanzò insieme alui e, paratosi innanzi a ser Tristano, gli chiese donde venissequel suo strano scudo.« Lo ricevetti dalla regina Morgana la Fata » fu la rispostadel cavaliere.« In tal caso saprete descrivere le insegne che portate congiusto merito » disse Artù.« Signore, non so spiegarvene il significato: lo scudo mi fudato senza che io lo richiedessi, e il saperlo non è parte delcompito in cui mi sono impegnato ».« In verità, non dovreste portare un‟insegna di cui nonconoscete l‟intendimento » commentò il re. « E ora vi pregodi dirmi il vostro nome. »« A che scopo? »« Perché voglio conoscerlo. »« Per il momento non lo saprete » gli rispose ser Tristano.« Allora ci batteremo! »« Perché volete scontrarvi con me se non vi dico chi sono?Se foste un uomo d‟onore non ne avreste bisogno, perchéavete ben visto quanto mi sia già adoprato in questa giornata.Siete dunque poco cortese a sfidarmi, tuttavia non vi356temo e non mi sottrarrò: anche se ritenete di avere un buonvantaggio su di me, saprò tenervi testa! »Artù imbracciò lo scudo e abbassò la lancia, mentre serTristano si apparecchiava allo stesso modo; quindi si venneroincontro al gran galoppo e il re ruppe l‟asta contro loscudo dell‟avversario, che gli restituì il colpo aprendogli unaprofonda ferita al fianco e rovesciandolo a terra insieme alcavallo. Ser Ivano volle allora vendicare il proprio signore e,presi scudo e lancia, chiamò a gran voce ser Tristano ingiungendoglidi stare in guardia. Si scontrarono col fragore di untuono, e ser Ivano infranse la propria asta mentre ser Tristatolo percuoteva con maggior forza ed efficacia, lo costringevaa lasciar vuoti gli arcioni e poi si rivolgeva ai cadutidicendo:« Bei cavalieri, non ho scelto io di giostrare, perché peroggi ne avevo avuto abbastanza! »Artù si levò allora in piedi e si portò accanto a ser Ivano;quindi rispose al vincitore:« Abbiamo avuto quel che ci meritavamo, poiché vi abbiamosfidato per nostro orgoglio pur non sapendo il vostronome. »« Per la Santa Croce! » aggiunse ser Ivano. « A parer miosiete comunque il più forte cavaliere vivente-.-*‟Ser Tristato partì all‟istante, e ovunque gli capitasse dipassare chiedeva notizie di ser Lancillotto, ma con sua grandeafflizione non riusciva ad apprendere neppure se fossevivo o morto. Proseguendo così la sua ricerca, un giorno checavalcava in una foresta scorse una bella torre circondata daun lato da una palude e dall‟altro da un prato dove era incorso una battaglia. Si diresse da quella parte e vide che ununico cavaliere si opponeva con prodigioso valore a noveavversari, e che in poco tempo li disarcionava tutti quanti,uccidendo metà dei loro destrieri, mentre quelli sopravvissutifuggivano per il prato o nella foresta.Ser Tristano provava grande pietà per il cavaliere chesosteneva da solo tanto travaglio, perciò si avanzò tra i contendentiingiungendo loro di cessare lo scontro nel nomedelle buone regole della cavalleria.Gli rispose per tutti il capo degli assalitori, che era serBreunis Senza Pietà, il cavaliere più infido che vivesse a queitempi.357« Perché vi immischiate? » chiese. « Se foste saggio, ve neandreste per la strada da cui siete venuto. »« Un cavaliere così ardito non morrà per mano di un brancodi vigliacchi! » esclamò ser Tristano. « State dunque inguardia perché farò il possibile per recargli soccorso. »Come ser Tristano salvò la vita a ser Palamede, e comeessi promisero di combattersi entro due settimanePer evitare che gli avversari appiedati gli uccidessero il cavallo,ser Tristano smontò di sella, quindi si riparò dietro loscudo e prese a menare fendenti a destra e a manca abbattendoun cavaliere quasi a ogni colpo, sì che quelli si gettaronoben presto in fuga, ivi compreso ser Breunis Senza Pietà cheriuscì a porsi in salvo dentro la torre, e a sottrarsi all'inseguimentodi Tristano che lo aveva incalzato fino alle mura. Poi,non potendo combattere oltre, ser Tristano si avvicinò alcavaliere solitario che era andato a sedere sotto un albero elo salutò con cortesia.« Siete il bentrovato! » gli disse.« Mi avete sottratto a una morte certa e ve ne ringrazio dicuore » rispose il cavaliere.« Come vi chiamate? »« Ser Palamede il Saraceno. »« Allora ho salvato la vita all'uomo che odio di più almondo » proruppe Tristano. « Oggi avete ricevuto una bellagrazia, ma ora guardatevi da me! »« Chi siete? » gli chiese ser Palamede.« Ser Tristano, il vostro mortale nemico. »« Sia pure così » replicò il Saraceno « ma aveta fatto troppoper me perché possa prendere le armi contro di voi. Inoltrenon sarebbe onorevole sfidarmi: voi siete fresco e io gravementeferito; tuttavia, se proprio non ne volete fare a meno,fissate un giorno e io non mancherò di battermi. »« Avete ragione » ammise Tristano. « Ci troveremo alloratra due settimane sul prato accanto al fiume di Camelot,dove Merlino ha collocato la grande pietra. »Raggiunto tale accordo, chiese poi a ser Palamede perchéfosse stato assalito.« Eccovene il motivo: seguivo la mia avventura in una358foresta qui vicina quando scorsi una dama che piangeva sulcadavere di un cavaliere. Vedendola tanto dolente le chiesichi avesse ucciso il suo signore ed ella mi rispose che erastato il cavaliere più falso e crudele di cui si sia mai intesoparlare: ser Breunis Senza Pietà. Ebbi compassione di lei e lafeci montare sul suo palafreno promettendole salvaguardia eaiuto per seppellire il morto, ma mentre ci avvicinavamo aquesta torre sbucò fuori all‟improvviso ser Breunis che, dopoavermi abbattuto proditoriamente da cavallo, prima ancorache potessi rimontare in arcioni uccise la damigella, conmio grande sdegno. Così, appena ebbi ripreso il cavallo, diediinizio alla contesa. »« Ora ne so la nobile cagione e non mancherò di aiutarvifinché sarete al sicuro dai vostri nemici » disse ser Tristano.« Rammentate però la promessa di incontrarvi con me allapietra di Merlino. »« Vi sarò » fu la risposta di ser Palamede.Ripresero insieme il cammino e cavalcarono nella forestafino a una sorgente di acque limpide e gorgoglianti dovesmontarono per bere. Videro così un destriero legato a unalbero e, poco più di là, coricato sotto un altro albero, un belcavaliere cui non mancava alcun pezzo d‟armatura, fattaeccezione per l‟elmo che s‟era posto sotto il capo.« In nome del buon Dio, ecco un cavaliere errante! »esclamò ser Tristano. « Cosa suggerite di fare? »« Svegliatelo! » rispose ser Palamede.Ser Tristano lo destò urtandolo col calcio della lancia equegli si levò prontamente: si mise l‟elmo in capo, balzò inarcioni e, senza dire una sola parola, si slanciò contro serTristano e lo abbatté di lancia, aprendogli una ferita alfianco sinistro. Il caduto era in estremo pericolo, ma il cavalierenon infierì; si distanziò un poco al galoppo e poi si volsecontro ser Palamede affondandogli l‟asta in corpo e disarcionandolo.Dopo di che si inoltrò nella foresta, mentre serTristano e ser Palamede si rimettevano in piedi e recuperavanoi cavalli.« In fede mia » affermò poi ser Tristano « inseguirò il cavaliereche ci ha vergognosamente sconfitti. »« Io invece mi riposerò qui vicino accanto a un amico » fula risposta di ser Palamede.« Badate a non disertare il nostro appuntamento » lo am359moni ser Tristano. « Temo che non vogliate mantenere l‟impegnoperché sono molto più forte di voi.»« Non ho paura » replicò ser Palamede « e se non saròmalato o prigioniero, non mancherò. Ma ho maggiori ragionidi dubitare che voi vi sarete perché ritengo che se vi batteretecon quel temibile cavaliere, ben difficilmente riuscirete asfuggirgli. »Poi si lasciarono e presero diversi cammini.Come ser Tristano cercò il cavaliere che lo aveva abbattuto,e di molti altri cavalieri della Tavola RotondaSer Tristano cavalcava dietro colui che lo aveva vinto quandovide una dama accasciata sul corpo di un cavaliere.« Bella dama, chi ha ucciso il vostro signore? » domandò.« Un cavaliere che sopraggiunse mentre stavamo riposando:chiese al mio signore donde venisse e, saputo che eradella corte di Artù, lo sfidò alla giostra, affermando di odiarequanti appartenevano al sovrano. Così il mio signore montòin arcioni e si misurò con lui, ma lo sconosciuto lo trafissecon la lancia recandomi cordoglio e danno. »« Sono dolente per voi » le disse ser Tristano « ma ditemi,vi prego, il nome del vostro sposo. »« Galardoun, e si sarebbe dimostrato un valoroso! »Ser Tristano lasciò la dama al suo pianto e proseguì ilcammino. Per due notti non ebbe che pessimi asili, ma alterzo giorno del suo inseguimento trovò un ricovero più confortevoledove erano già alloggiati ser Galvano e ser Bleoberis,entrambi gravemente feriti. Subito Tristano chiese lorose avessero notizie del cavaliere che cercava.« Lo incontrammo con nostro grave danno » gli rispose serGalvano. « Ed ecco come si svolse la nostra contesa: il miocompagno ser Bleoberis mi esortò a non battermi con unavversario più forte di me, ma il cavaliere prese le sue parolea scherno e si scontrò con lui infliggendogli una dolorosaferita. Per non essere disonorato, non potei fare a meno divendicare il mio compagno, ma al primo cozzo fui rovesciatoa terra insieme al cavallo e poco mancò che rimanessi ucciso.Dopo di che lo sconosciuto si allontanò lasciandoci al suolo, eio maledico il momento del nostro incontro! »360« Ha ferito e disarcionato con una sola lancia anche me eser Palamede » gli riferì ser Tristano.« In fede mia, vi consiglio di lasciarlo andare e di noncercarlo oltre » intervenne ser Galvano. « Metto a pegno latesta che lo incontrerete nella prossima festività della TavolaRotonda. »« Non mi concederò riposo finché non l‟avrò trovato! »replicò ser Tristano.Ser Galvano gli domandò allora chi fosse, e il cavaliere diLiones non glielo nascose, domandando a sua volta ai feriticome si chiamassero. Quindi riprese il cammino e, giuntoper caso in un prato, si imbattè in ser Kay e in ser Dinadancui chiese se avessero incontrato il cavaliere che stava inseguendo.«È lo stesso che si scontrò con noi! » esclamò ser Kay.« Questa notte abbiamo trovato asilo presso una vedova dovealloggiava anche lui. Saputo che eravamo della corte di Artù,disse grandi villanie del re e specialmente della regina; equesto fu il motivo per cui l‟indomani si venne a battaglia.Ma al primo scontro lo sconosciuto mi ha conciato per lefeste e il mio compagno ser Dinadan, invece di vendicare lamia caduta, ha preferito darsi alla fuga. »Dopo di che ser Tristano prese congedo da loro. Attraversatauna vasta foresta, sbucò in una piana dove sorgeva unconvento e, poiché da lungo tempo non si concedeva sosta, visi fermò per sei giorni a riposare.Come ser Tristano abbatté ser Sagramore l'Impetuoso eser Dodinas il SelvaggioNel frattempo Tristano mandò in città Governale con l‟ordinedi riportargli una nuova armatura perché quella che avevaera rotta e malconcia, e quando lo scudiero fu tornato conl‟equipaggiamento si accomiatò dal sant‟uomo che l‟avevaospitato e ripartì di buon mattino. Cavalcando alla venturaincrociò all'improvviso ser Sagramore l‟Impetuoso e ser Dodinasil Selvaggio, che lo sfidarono alla giostra.« Accetterei volentieri se non avessi promesso di battermiin un giorno stabilito e ormai prossimo » rispose ser Trista361no. « Non voglio prendere le armi, perché se venissi feritonon potrei tenere fede alla mia parola. »« Prima di andarvene dovrete giostrare, sia pure vostromalgrado » insistè ser Sagramore.« Poiché mi costringete, farò del mio meglio » concluseallora ser Tristano brandendo lo scudo.Si slanciarono al galoppo e il cavaliere di Liones disarcionòdi forza prima ser Sagramore e subito dopo ser Dodinas;poi si allontanò insieme a Governale lasciandoli entrambia terra. I vinti non vollero però abbandonare la contesa e,rimontati al più presto in arcioni, gli andarono dietro di grancarriera.« Mi sembra che non sia passato molto tempo dacché vigettai di sella » gridò loro Tristano appena li vide sopraggiungere.« E ora pare che ne vogliate ancora! »« Dite il vero, e ci vendicheremo dell‟affronto » gridaronodi rimando i due cavalieri.« Non ne avreste bisogno perché lo scontro avvenne pervostra espressa richiesta » replicò Tristano. « Vi chiedo dunquein nome della cavalleria di lasciarmi andare: se ci battessimonon ne uscireste incolumi, e anch'io potrei riportaregravi ferite, mentre fra tre giorni devo misurarmi con uncavaliere tra i più valenti e non posso avere impedimenti. »« Chi è il vostro avversario? » gli chiese Sagramore.« Ser Palamede il Saraceno. »« Allora avete ragione di temerne il valore, e l‟ardimento, eritiriamo la sfida. Diteci però come vi chiamate. »« Ser Tristano di Liones. »« Siate il bentrovato perché abbiamo inteso di voi coselodevoli. »Poi presero congedo e ognuno se ne andò per la propriastrada.Come ser Tristano incontrò ser Lancillotto presso la grandepietra, e come si combatterono senza riconoscersiSer Tristano procedette spedito fino alla grande pietra cheMerlino aveva eretta a Camelot nel luogo dove ser Lanceorfiglio del re d‟Irlanda era stato ucciso da ser Balin, e dove poisi era tolta la vita dama Colomba che, per amore di ser362Lanceor, si era trafitta con la sua stessa spada. Grazie allesue arti magiche, Merlino aveva profetizzato che in quelluogo avrebbero combattuto un giorno due perfetti amanti,che sarebbero anche stati i migliori cavalieri della corte diArtù.Giunto dunque alla grande pietra, ser Tristano si guardavaattorno in cerca di ser Palamede, quando vide venirgliincontro un bel cavaliere con le armi bianche e lo scudocoperto.« Siate il benvenuto perché avete tenuto fede alla promessa!» gli gridò appena quegli gli fu vicino.Senz‟altro indugio brandirono gli scudi e abbassarono lelance, e poi si corsero incontro al gran galoppo, cozzando contale veemenza che cavalli e cavalieri finirono in terra. Districatisituttavia al più presto dalle selle, i contendenti si ripararonodietro gli scudi e presero a colpirsi fieramente con lespade lucenti sì che il sangue scorreva copioso dalle ferite ecolava fin sull'erba. Combattevano da quattro ore senzascambiare una sola parola e trinciando via gran pezzi d'armatura,quando Governale si rivolse allo scudiero dell‟altrocavaliere osservando:« Ah, Signore Gesù, sono davvero ammirato dai colpi chesa dare il mio padrone! »« In fede mia, non ne ha assestati più di quanti ne abbiaricevuti » replicò l‟altro.«Ah, Dio non lasci perire due cavalieri tanto prodi!»esclamò allora Governale.Così i due scudieri piangevano e si lamentavano alla vistadelle spade balenanti e coperte del sangue dei loro padroni.Infine lo sconosciuto si rivolse a ser Tristano:« Cavaliere, avete combattuto a meraviglia come mai vidifare ad alcun altro; perciò, se vi piace, ditemi il vostronome. »« Non sono disposto a rivelarlo a chiunque. »«In verità, io non fui mai restio a dirlo quando ne erorichiesto » rispose l‟altro.« Allora ve lo chiedo adesso » disse ser Tristano.« Ebbene, sono ser Lancillotto del Lago. »« Ahimè, che ho fatto! » proruppe ser Tristano. « Siete l‟uomoche più amo al mondo. »« Bel cavaliere, ditemi infine il vostro nome. »363« Tristano di Liones. »« Ah, Gesù, che sorte mi è toccata! » esclamò ser Lancillottoinginocchiandosi e offrendogli la spada.Ma anche ser Tristano gli tendeva la propria lama: cosìognuno intendeva assegnare all‟altro la vittoria. Sedutisi poiaccanto alla pietra di Merlino, essi si tolsero gli elmi perrinfrescarsi e si baciarono più di cento volte; infine rimontaronoa cavallo e si diressero verso Camelot, ma appena fuoridalle mura incontrarono ser Galvano e ser Gaheris che avevanopromesso a re Artù di non fare ritorno a corte finchénon vi avessero ricondotto ser Tristano.Come ser Lancillotto portò ser Tristano a corte, e dellagrande gioia del re e di altri per la sua venuta« La vostra ricerca è compiuta » disse loro ser Lancillotto.« Ecco ser Tristano di Liones! »« Bentrovato, gentil cavaliere! Mi sollevate da un arduocompito » esclamò allora ser Galvano. « Ma ditemi, vi prego,per quale ragione siete venuto in questa contrada. »« Per ser Palamede » fu la risposta di Tristano. « Ci eravanoaccordati di batterci in questo giorno alla pietra di Merlino,ma con mia grande meraviglia non si è presentato e il caso havoluto che al suo posto incontrassi ser Lancillotto. »Informato dall‟arrivo del cavaliere di Liones, sopraggiungevain quel mentre Artù in compagnia del siniscalco Kay.« Siete il benvenuto come ogni cavaliere che giunge allamia corte » disse il re prendendo per mano Tristano.Quando però ebbe inteso che questi aveva combattuto conser Lancillotto e che entrambi avevano riportato gravi ferite,manifestò il più vivo dolore. Intanto ser Tristano gli narravacome avesse incontrato a una fonte un cavaliere con lo scudocoperto che aveva scavalcato lui e ser Palamede.« Dopo di che » proseguì « lasciai il mio compagno e loinseguii, e, passando per molti luoghi, appresi che avevaucciso o abbattuto vari avversari ».« In fede mia, è lo stesso cavaliere che disarcionò me e serBleoberis » intervenne ser Galvano.« Ahimè, ha scavalcato anche me! » si lamentò il siniscal364co « e mio malgrado non sono riuscito a scoprire chi fosse. »« Neppure noi » confermarono ser Tristano e tutti gli altri.« Ebbene, lo so io » si pronunziò infine Artù. « E ser Lancillottodel Lago, e già in altre occasioni si è comportato nellostesso modo! »« Avete ragione, sire, quel cavaliere ero io » assentì Lancillotto.« Portavo lo scudo coperto perché nessuno, riconoscendomi,si rifiutasse di giostrare con me, e denigrai la vostracasa perché non volevo far sapere che ero di questa corte. »Il re guidò poi ser Tristano alla Tavola Rotonda, dove icavalieri furono subito raggiunti dalla regina Ginevra e dalsuo seguito.« Benvenuto, ser Tristano » dissero le dame.« Benvenuto! » ripetè il sovrano. « E ora vi prego di accordamiun dono.»« Qualunque cosa mi comanderete » affermò ser Tristano.« Allora restate a corte. »« Sire, è contro la mia volontà, perché devo combattere inaltre contrade. »« Lo avete promesso e non potete rifiutarvi » replicò il re.« Sarà dunque come volete » concluse ser Tristano.Artù si avvicinò poi al seggio che era appartenuto a serMoroldo d‟Irlanda e vide che vi era apparsa un‟iscrizione chediceva:QUESTO È IL SEGGIO DEL NOBILE CAVALIERE SER TRISTANO.Allora il re lo nominò compagno della Tavola Rotonda conlo sfarzo e i festeggiamenti che potete immaginare.Ma ora lasciamo ser Tristano e parliamo di re Marco.RE MARCO DI CORNOVAGLIACome, per odio a ser Tristano, re Marco venne in Inghilterracon due cavalieri, e ne uccise unoRe Marco era molto indispettito della fama che ser Tristanosi era conquistata dopo che egli lo aveva bandito dalla Cornovaglia;così un giorno mandò alcuni emissari in Inghilterraa spiare le gesta del nipote. Quando dunque i messaggeri365furono di ritorno, riferirono secondo verità quanto avevanoappreso, e cioè che ser Tristano eccelleva su ogni altro cavaliereche non fosse ser Lancillotto. Le notizie rallegrarono laBella Isotta ma accesero d‟ira il cuore del re che, presi con sédue buoni cavalieri che si chiamavano ser Bersule e serAmant, e altrettanti scudieri, si travestì in modo da nonessere riconosciuto e si mise in viaggio verso l‟Inghilterra conil proposito di nuocere al nipoteGiunti sulla strada per Camelot re Marco parlò ai suoicavalieri.« Poiché siete gli uomini di cui più mi fido, vi rivelerò ilmotivo per cui sono venuto in questa contrada » disse.« Voglio uccidere ser Tristano, dovessi pure ricorrere all‟astuziao al tradimento! »« Ahimè, che intendete fare? » esclamò ser Bersule. « Vostronipote è il cavaliere di maggior merito che si conosca e io vidico apertamente che non consentirò alla sua morte; anziabbandonerò voi e mi porrò al suo servizio. »A tali parole, il re brandì la spada e, gridando « Prendi,traditore! » la calò su ser Bersule fendendogli il cranio fino aidenti.Alla vista di tanta infamia, ser Amant e gli scudieri sipronunziarono contro il proprio sovrano.« Avete compiuto un‟azione indegna e malvagia e non virenderemo più servigio » dissero. « Sappiate inoltre che viaccuseremo davanti a re Artù. »In un accesso d‟ira, Marco avrebbe allora voluto uccidereanche ser Amant, ma il cavaliere e gli scudieri si tennerouniti e riuscirono a sfuggire alla sua violenza. Quando Marcocomprese infine che era impotente a vendicarsi, si rivolse aser Amant e gli disse:« Saprò difendermi dalla tua accusa di tradimento; tuttaviati prego di non far conoscere la mia identità alla corte diArtù, qualunque cosa mi accada. »E mentre, avendone ottenuto l‟assenso, si allontanava algaloppo, il cavaliere e gli scudieri davano sepoltura al morto.366Come re Marco incontrò a una fonte ser Lamorak che silamentava per amore della moglie di re Lot, e come poigiunse a un castello dove fu riconosciutoRe Marco riposava accanto a una fonte incerto se recarsi allacorte di Artù o tornare in Cornovaglia, quando sopraggiunseun cavaliere in armi che, senza accorgersi della sua presenza,legò il cavallo a un albero e sedette sul bordo dell‟acqua,abbandonandosi poi ai più languidi e tristi lamenti d‟amoreche si fossero mai intesi.« Ah, bella regina di Orkney, moglie di re Lot, quali penesoffro per amor vostro » gemeva lo sconosciuto tra i singhiozzi.Re Marco si alzò e, dopo avergli rivolto il saluto, lo pregò didirgli il suo nome e il motivo della sua afflizione.« In verità i miei lamenti son solo la centesima parte deldolore che può esprimere il mio cuore. In quanto al mio nome,non lo nascondo ad alcuno che porti scudo: sono ser Lamorakil Gallese » rispose l‟altro, che poi aggiunse: « Messere, lavostra parlata rivela che siete di Cornovaglia dove dimora il repiù infame del mondo, acerrimo nemico di ogni valoroso,come ha dimostrato quando per gelosia verso la reginascacciò suo nipote Tristano, che è stimato e onorato da tutti icavalieri. È un gran peccato che un sovrano jtanto falso ecodardo abbia sposato una dama bella e buona come Isotta, sìche tutto il mondo parla con disprezzo di lui e con grandeencomio di lei ».« Io non ho niente a che fare con questo e non ne voglioparlare » protestò re Marco. « Voi, piuttosto, che notizie aveteda darmi? »« Posso dirvi che presto si terrà un torneo al castello diJagent vicino a Camelot, indetto, a quanto credo, dal Re deiCento Cavalieri e dal Re d‟Irlanda » rispose ser Lamorak.In quel mentre sopraggiunse ser Dinadan che salutò entrambipur non ravvisando re Marco; tuttavia, appena ebbecompreso di quale paese egli era, lo rimproverò mille volte piùaspramente che ser Lamorak. Ma poiché Marco non replicò enon si pronunciò a favore del sovrano di Cornovaglia, i trecavalieri proseguirono insieme il cammino finché raggiunseroun ponte alla cui estremità si innalzava una bella torre.Sotto le mura stava un cavaliere armato di tutto punto chebrandì la lancia e li sfidò a gran voce.367« Si chiama ser Aline e vuole giostrare con chiunque passidi qui » spiegò ser Dinadan a re Marco. « Fatevi dunqueinnanzi voi che finora avete rifiutato di battervi. »Risentito per le sue parole, re Marco abbassò la lancia e siscagliò contro ser Aline: nel cozzo le aste volarono in frantumima i cavalieri si tennero in sella così che il difensore delponte si affrettò a inviare al re un'altra lancia perché seguitasserolo scontro; ma quegli non acconsentì in alcun modo.Ser Lamorak, ser Dinadan e re Marco furono poi accolti nelcastello, dove ricevettero una festosa accoglienza finché l‟intendentedella rocca, che si chiamava ser Beriuse, si accorsedel sovrano di Cornovaglia.« Signore » gli disse allora « vi conosco meglio di quantopensiate: siete re Marco, colui che uccise a tradimento miopadre sotto i miei stessi occhi e che avrebbe messo a morteanche me se non avessi trovato scampo in una foresta. Peramore di ser Tor, il signore del castello, non recherò danno avoi e ai vostri compagni, ma sappiate che quando avretelasciato questa dimora vi attaccherò se ne avrò l‟occasione. »Re Marco provò allora molta vergogna e non seppe cosarispondere.Come ser Beriuse si scontrò con re Marco, e come serDinadan si schierò dalla sua parteQuando ser Lamorak e ser Dinadan conobbero la vera identitàdi re Marco furono molto dispiaciuti di averlo avuto acompagno. Tuttavia ser Dinadan decise di condurlo alla cortedi Artù, e l‟indomani riprese il viaggio insieme a lui; maavevano percorso non più di tre miglia che si imbatterono inser Beriuse e in due suoi cugini.« Guardatevi da me, traditore! » gridò ser Beriuse a Marco.« Messere, lasciatelo stare per questa volta » intervenne serDinadan. « Lo sto conducendo alla corte del mio signore Artùe, benché non mi piaccia e non vorrei avere nulla a che farecon lui, sarei costretto a prendere le sue parti. »« Mi duole che vi schieriate al suo fianco » replicò l‟altro.E senz‟altro indugio si scagliò contro re Marco che, colpitonel centro dello scudo, lasciò vuota la sella. Ser Dinadandiede allora addosso di lancia a uno dei compagni di ser368Beriuse e lo abbatté dagli arcioni, quindi disarcionò allostesso modo il terzo cavaliere. Ebbe così inizio una grandebattaglia: ser Beriuse si teneva stretto ai compagni e lottavacon grande vigore, ma ser Dinadan finì per abbatterlo diforza al suolo e per volgere poi in fuga i suoi cavalieri. Allorare Marco, che era un vero assassino, si avventò sul caduto perucciderlo, ma ser Dinadan intervenne prontamente a salvarglila vita. Quindi ripartì insieme al re lasciando ser Beriusegravemente ferito.Cavalcarono per quattro leghe inglesi, finché giunsero a unponte sorvegliato da un cavaliere ben armato e pronto abattersi con chiunque volesse passare.« Tocca a voi » disse re Marco al compagno.Ser Dinadan temeva che l‟avversario fosse un valoroso eavrebbe senz‟altro preferito che scendesse in lizza il sovranodi Cornovaglia, ma poiché questi non ne voleva sapere ed eglinon poteva sottrarsi in alcun modo alla sfida, imbracciò loscudo, abbassò la lancia e si slanciò verso il cavaliere, che losbalzò a terra al primo scontro. Rimessosi in piedi e ripresoil cavallo, ser Dinadan chiese allora che ci si battesse con laspada.« Per ora la nostra contesa finisce qui perché tale è ilcostume di questo passaggio » gli rispose peitò l‟altro.Ser Dinadan si allontanò assai contrariato per non averpotuto prendere la rivincita; inoltre, non era riuscito a farsidire il nome dell‟avversario. Tuttavia dallo scudo gli sembravadi aver riconosciuto ser Tor.Come re Marco si fece beffe di ser Dinadan, e come essi siincontrarono con sei cavalieri della Tavola RotondaMentre proseguivano il cammino, re Marco prese a schernireser Dinadan dicendo:« Pensavo che i cavalieri della Tavola Rotonda non trovasseroalcuno in grado di eguagliarli.»« È la verità » gli rispose ser Dinadan « e sul mio capo voinon siete certo dei migliori; ma poiché aveve tanto disprezzoper me, mettiamo alla prova le nostre forze. »« Non mi batterò con voi per alcun motivo » protestò il re.« Vi chiedo solo di non rivelare chi sono alla corte di Artùdove sono tenuto in grande odio. »369Erano intanto giunti alla bella dimora di un cavaliere cheli pregò di accettare la sua ospitalità. Essi si fermarono così ariposare ed ebbero ogni agio e ottima accoglienza poichéogni cavaliere errante era il benvenuto in quel castello, specialmentese era della corte di Artù. Ser Dinadan chiese poiall‟ospite se sapesse chi era il cavaliere sorvegliante del ponte,che lo aveva scavalcato nella giostra.« È ser Tor figlio di Aries il Vaccaro » gli confermò ilsignore del luogo. « Non dovete dolervi di essere stato battutoperché è un ottimo cavaliere. »Mentre stavano così ragionando, videro nella pianura seicavalieri armati di tutto punto che ser Dinadan riconobbedagli scudi: il primo era il buon cavaliere ser Ivano figlio dire Uriens, il secondo ser Brandile, il terzo Ozanna dal CuoreArdito, il quarto ser Ivano il Bastardo, il quinto ser Agravanoe il sesto ser Mordred. Ser Dinadan meditò allora in cuor suodi indurre con qualche astuzia re Marco a scontrarsi con unodi loro. Montati dunque tutti e due in arcione, lasciarono ilcastello e, dopo tre buone leghe inglesi, trovarono i sei cavalieriche bevevano e mangiavano accanto a una fonte. Alcunidei cavalli erano legati, altri vagavano poco distante e gliscudi erano appesi qua e là sugli alberi all‟intorno.« Ecco dei cavalieri erranti che giostreranno con noi » disseser Dinadan indicandoli a re Marco.« Dio non voglia! Siamo due contro sei » protestò quegli.« Non tiriamoci indietro » replicò ser Dinadan. « Attaccheròio per primo. » E senz'altro indugio mosse verso di loromentre re Marco si allontanava insieme alla gente del suoseguito alla stessa velocità con cui l‟altro si slanciava all‟attacco.Come i sei cavalieri mandarono ser Dagonet a giostrarecon re Marco, e come questi rifiutò di combattereAppena ser Dinadan vide che il re se ne era andato, tolse lalancia dalla resta, si buttò lo scudo dietro la schiena e siavvicinò ai compagni della Tavola Rotonda che non tardaronoa riconoscerlo e a dargli il benvenuto. Poi vollero saperedelle sue avventure e se avesse incontrato ser Tristano o serLancillotto.370« Come è vero Iddio, non ho visto nessuno dei due dacchého lasciato Camelot » rispose ser Dinadan.« Chi era il cavaliere che si è bruscamente separato da voidirigendosi verso quel campo laggiù? » gli chiese poi serBrandile.« Uno di Cornovaglia, il maggior codardo che sia mai montatoa cavallo » rispose semplicemente ser Dinadan, che siera impegnato a non palesare l‟identità di re Marco.Dopo aver conversato e riposato con agio, i cavalieri ripreseroinsieme il cammino e rientrarono al castello dove pocodopo fu accolto anche ser Griflet il Figlio di Dio che eraaccompagnato da Dagonet, il buffone di re Artù e l‟uomo piùgioviale del mondo. Visitando poi da solo la rocca, ser Dinadanscorse in una camera re Marco e gli chiese ragionedell‟improvvisa partenza.« Non ho osato restare perché erano in tanti » gli rispose ilre. « Ma voi, come siete scampato? »« Erano migliori amici di quanto credessi » gli confessò serDinadan.« Chi è il loro capitano? » volle sapere re Marco.Per spaventarlo, ser Dinadan gli fece allora il nome di serLancillotto, aggiungendo che era riconoscibile dallo scudo abande nere e argento.« Vi prego allora di non lasciarmi solo » disse re Marco chetemeva il Cavaliere del Lago.« Ve ne siete andato e ora non mi garba di stare con voi »replicò ser Dinadan.E l‟indomani riprese il viaggio insieme ai compagni dellaTavola Rotonda cui riferì come avesse incontrato al castelloil cavaliere di Cornovaglia.« Gli ho detto che con noi c‟è ser Lancillotto e come suosegno distintivo gli ho descritto lo scudo di ser Mordred. »« Allora facciamo così » intervenne quest‟ultimo « io sonoferito e quindi non posso portarlo: diamolo a Dagonet perchési scontri con il cavaliere di Cornovaglia. »« Così farò, in fede mia! » esclamò il buffone, indossando learmi di ser Mordred.Si nascosero tutti nel folto e, quando sopraggiunse re Marco,Dagonet gli si gettò contro al galoppo gridando come unforsennato:« Stai in guardia, perché ti ucciderò! »371"Ecco ser Lancillotto" pensò re Marco notando lo scudo.Temendo per la propria vita, si diede alla fuga il più velocementepossibile, inseguito per tutta la grande foresta daser Dagonet che non smetteva di insultarlo come un ossesso,con grande ilarità dei cavalieri della Tavola Rotonda. SerIvano e ser Brandile decisero però che era opportuno andarea vedere come se la cavava: sapevano che il buffone eramolto caro al re che lo aveva armato cavaliere di sua mano, enon volevano che gli capitasse alcun male.Come ser Palamede incontrò per caso re Marco in fuga, ecome vinse ser Dagonet e altri cavalieriI cavalieri cavalcavano qua e là gridando e inseguendo reMarco, sì che tutta la foresta risuonava del loro strepito. Oraavvenne che nella sua fuga precipitosa Marco giungesse auna fonte dove stava un cavaliere errante, armato di tuttopunto e con una grossa lancia in mano.« Onta a te se non ti fermerai » gridò questi al re. « Restamivicino e ti sarò garante! »« Lasciatemi passare perché sono inseguito dal miglior cavalieredel mondo. »« Non è certo tra coloro di maggior merito » commentò ilcavaliere della fonte quando vide sopraggiungere ser Dagonet.« Comunque, fosse anche ser Lancillotto o ser Tristano,non esiterei a scontrarmi con il più forte di loro. »A tali parole re Marco arrestò il cavallo e si portò al suofianco. E fu così che lo sconosciuto affrontò ser Dagonet che,raggiunto da un durissimo affondo di lancia, volò oltre lacoda del destriero e per poco non si ruppe il collo. Dopo ilbuffone, finirono a terra ser Brandile, ser Ivano e ser Ozannadal Cuore Ardito.« Suggerirei di mandare uno scudiero a pregare quel cavalieredi rivelarci il suo nome » disse infine ser Griflet.« Per il momento non lo conosceranno » fece però risponderelo sconosciuto. « Sappiano solo che sono un cavaliereerrante come loro, ma che non appartengo alla corte diArtù. »« In fede mia » fu il commento di ser Agravano « è uno deicombattenti più forti che abbia mai visto: ha vinto tre nostri372compagni e, se non vogliamo essere disonorati, dobbiamobatterci anche noi! »Mise dunque la lancia in resta ma l‟altro, che si tenevapronto, lo sbalzò di sella e trattò poi nello stesso modo serIvano il Bastardo e ser Griflet, risparmiando solo ser Dinadanche era rimasto indietro, e ser Mordred che era disarmato.Non rimanendogli altro da fare, lo sconosciuto si allontanòpoi di buon passo e re Marco gli tenne dietro lodandolo a granvoce; ma quegli non gli rispose né si curò delle sue parole,limitandosi a sospirare amaramente a capo chino. Dopo cheebbero percorso tre miglia inglesi, chiamò un valletto delseguito di re Marco e gli impartì quest‟ordine:« Va‟ a quel bel maniero laggiù e raccomandami alla signoradel luogo pregandola di inviarmi buon cibo e buonebevande. Se ti chiederà di me, rispondile che sono il cavaliereche segue la Bestia Latrante! »Il valletto raggiunse in breve il castello e riferì la suaambasciata.« Buon Gesù! E il mio caro e nobile figlio ser Palamede.Ahimè, quando lo rivedrò? E perché mai non vuole restarecon me? » esclamò la dama piangendo e levando alti lamentifinché cadde svenuta. \Appena ebbe ripreso i sensi, consegnò quanto le era statorichiesto sì che il valletto tornò ben provvisto di viveri; mapoi andò a confidare al proprio signore re Marco che il cavaliereche stava con loro si chiamava ser Palamede.« Ne sono contento, ma tu stattene tranquillo e non direnulla » gli ordinò il re.Poco dopo però Marco si addormentò profondamente eser Palamede rimontò subito in arcioni e riprese il camminoda solo, dicendosi che non era onorevole accompagnarsi aun cavaliere che non sapeva rimanere sveglio.Come re Marco e ser Dinadan udirono ser Palamedelamentarsi amaramente per Isotta la BellaTorniamo ora a ser Dinadan, che aveva ritrovato i settecompagni e aveva appreso con sdegno quanto era accaduto.« Scommetto la testa che era ser Lamorak il Gallese, ma vi373prometto che lo troverò se è ancora in questa contrada »disse dando di sprone.Si era fatta sera e ser Dinadan percorreva ancora la forestaallorché intese dei lamenti che gli parvero umani. Si diresseallora da quella parte e, quando fu vicino al luogo dondeproveniva quel suono, smontò e proseguì a piedi finché scorseun cavallo legato a un albero e un cavaliere senz‟elmo chesi doleva amaramente.« Ahimè, Bella Isotta regina di Cornovaglia, perché mai viamo? » lo intese dire. « Voi non avete colpa di questa miapena e il biasimo ricade solo sui miei occhi: siete la più belladi tutte, e io da stolto non posso fare a meno di esservi devotoanche se non mi dimostrate né amore né cortesia, e amateriamata ser Tristano di Liones che è il cavaliere migliore delmondo. »Anche re Marco ascoltava poco distante quel lamento:messosi alla ricerca di ser Palamede, era infatti giunto percaso alla fonte. Appena si fu accorto della presenza di serDinadan, temendo che quegli potesse rivelare chi fosse, raggiunsei suoi uomini nel luogo in cui aveva ordinato loro difermarsi e si portò il più speditamente possibile a Camelot,dove scoprì di essere stato preceduto da ser Amant, che loaveva accusato di tradimento davanti alla corte.Come re Marco uccise ser Amant a torto davanti a reArtù, e come ser Lancillotto andò a prenderlo e lo riportòa corteRe Artù comandò allora che ser Amant e re Marco, di cui nonsapeva la vera identità, si affrontassero in duello. Avvennecosì che ser Amant, che pure era nel giusto, fosse trafitto daparte a parte dall‟infame sovrano di Cornovaglia, che siaffrettò poi a lasciare la corte nel timore di essere scoperto.Alcune damigelle che Isotta la Bella aveva inviate a serTristano chiesero però licenza ad Artù di visitare ser Amantfintanto che il moribondo, che aveva ancora in corpo il tronconedella lancia, era ancora in grado di parlare.« Raccomandatemi alla vostra sovrana e ditele che fui uccisoper amor suo e di ser Tristano » disse loro ser Amant.E precisò che l‟assassino era re Marco di Cornovaglia, il374quale aveva vilmente messo a morte anche il compagno serBersule.« Tutto questo » aggiunse « perché non abbiamo voluto acconsentirealla rovina di suo nipote. »Le damigelle proruppero allora in alte grida che furonointese in tutto il castello.« Ah, Gesù, che conosci tutte le cose nascoste » si lamentavano« perché permetti che un traditore vinca e uccida uncavaliere leale che combatte per una giusta contesa? »Fu subito riferito alla corte chi era stato a uccidere serAmant e ancor prima ser Bersule, e il re, la regina e tutti ibaroni ne furono oltremodo adirati; ma sappiate che serTristano pianse di cordoglio per la perdita dei nobili cavalierie che ser Lancillotto, che aveva visto le sue lacrime, sipresentò subito al re e gli disse:« Sire, datemi licenza di riportarvi il traditore. »« Conducetelo a corte, ma per il mio onore non uccidetelo» gli ordinò Artù.Ser Lancillotto si armò in tutta fretta, scelse un grandedestriero, impugnò una buona lancia e raggiunse il sovranodi Cornovaglia dopo tre sole miglia.« Fermati, codardo » gli intimò allora. « Che tu lo voglia ono, mi seguirai a corte. »« Chi siete, bel signore? » gli chiese Marco voltando il cavallo.« Ser Lancillotto del Lago. »« Mi arrendo a voi, cavaliere onorato! » si affrettò a gridareMarco vedendolo avanzare con la lancia protesa.Ser Lancillotto non gli prestò orecchio e gli corse addosso;allora il sovrano si lascio cadere di sella come un saccovuoto e rimase poi immobile a terra invocando pietà, mentrel‟altro lo ingiuriava e lo esortava a rimettersi in piedi.« Non combatterò e vi seguirò dove vorrete » protestòil re.« Ahimè, perché non posso assestarti un buon colpo peramor di ser Tristano e Isotta la Bella e di coloro che haiucciso a tradimento! » si lamentò ser Lancillotto.Re Marco fu così ricondotto a corte. Appena giunto,smontò di sella, gettò via elmo e spada e si lasciò cadereprono innanzi ad Artù, rimettendosi alla sua grazia e misericordia.375« Che Dio mi aiuti! » esclamò il re. « In un certo senso sieteil benvenuto e in un altro non lo siete, e se sono lieto divedervi è solo perché vi trovate qui contro la vostra volontà.»« Dite il vero » ammise Marco. « Non vi sarei se ser Lancillottonon mi ci avesse portato di forza »« Mi avete sempre rifiutato il servigio e vi siete schieratocontro di me uccidendo i miei cavalieri » lo ammonì Artù.« Ma ora vi sia chiaro che mi dovrete prestare omaggio efedeltà. »« Sire » rispose re Marco, che celava la falsità sotto le belleparole « darò le più ampie riparazioni e farò la vostra volontà.»Allora Artù, desiderando metter pace tra lui e ser Tristano,lo trattenne a corte e impose una tregua di un giorno.Come ser Dinadan raccontò a ser Palamede della battagliatra ser Lancillotto e ser TristanoRitorniamo ora a ser Palamede, che ser Dinadan confortavacome poteva nel suo grande dolore.« Chi siete? » gli chiese ser Palamede.« Un cavaliere errante come voi che vi ha cercato a lungo acausa del vostro scudo » si limitò a dire ser Dinadan.« Eccolo, e sappiate che se lo toccherete lo difenderò » fu larisposta di ser Palamede.« Non voglio battermi, bensì trattare con voi con buonemaniere. »« Mi sta bene, se tale è il vostro desiderio. »« Dove state andando? » domandò poi ser Dinadan.« Sul mio capo, non lo so: dove mi condurrà la sorte. »« Avete notizie di ser Tristano o l‟avete visto? »« Che Dio mi aiuti! » esclamò ser Palamede. « Ne ho intesoparlare e l‟ho incontrato di persona: anche se non nutriamoreciproco affetto sappiate che mi salvò la vita quando mitrovai in pericolo. Prima di separarci stabilimmo tuttavia dibatterci in un certo giorno vicino a Camelot, presso la pietradi Merlino, ma io non potei trovarmi al convegno perché eroprigioniero in un castello insieme ad altri cavalieri. Ne sonoperciò ampiamente scusato e sono certo che il mio rivale376comprenderà che non ho mancato alla mia parola per codardiao per viltà. »Ser Palamede specificò poi in quale giorno si sarebbedovuto tenere lo scontro.« Dio mi aiuti! » proruppe ser Dinadan. « In quello stessogiorno e nel medesimo luogo ser Lancillotto e ser Tristanohanno ingaggiato la battaglia più fiera che si sia mai vistatra due cavalieri: si sono infatti battuti per più di quattroore con grande spargimento di sangue tanto che era meravigliache potessero ancora resistere. Ma poi hanno cessato lacontesa per mutuo consenso senza che fosse possibile giudicarechi dei due fosse stato il migliore e si sono giuratiperpetua amicizia e fratellanza. Ser Tristano è stato poieletto cavaliere della Tavola Rotonda e ho preso il seggioche appartenne a ser Moroldo. E ora, messere, ditemi ilvostro nome, e io mi impegnerò ad accompagnarvi a Camelotdove potrete guadagnarvi molto onore al prossimo torneocui presenzieranno la regina Ginevra e Isotta di Cornovaglia.»« Vi sarò, ma solo per amore di Isotta la Bella, altrimentinon vorrei avere nulla a che fare con la corte di Artù! »« Ditemi chi siete e verrò con voi rendendovi servigio »insistè ser Dinadan.« Sono ser Palamede, fratello del nobile e buon cavaliereser Safer e di ser Segwaride, saraceni per nascita da partedi padre e di madre. »« Sono lieto d'avervi incontrato e vi prometto sulla miavita che di mia volontà non vi recherò mai danno bensìtutto il beneficio possibile » dichiarò allora ser Dinadan.« Sono certo che vi farete onore alla corte di Artù e chesarete ben accolto! »Poi si misero l‟elmo in capo, lo scudo sulla spalla emontarono a cavallo prendendo l‟ampia strada per Camelot.Come ser Lamorak giostrò con diversi cavalieri del castelloin cui si trovava Morgana la FataI due cavalieri cavalcarono finché scorsero una bella roccaforteassai ricca e possente.377« Ecco un castello che non potrebbe essere preso o conquistatocon alcuna macchina da guerra » disse ser Dinadanindicandolo al compagno. « Vi dimora la regina Morgana laFata: lo ricevette dal fratello re Artù, che se ne è poi pentitoamaramente. Da quel momento non c‟è stato più accordotra loro e la sorella gli ha fatto guerra ogni volta che hapotuto mantenendo proprio in questo maniero un foltogruppo di armati al solo scopo di distruggere quanti sonocari al re. Infatti non vi passa alcun cavaliere che non debbacombattere contro uno, due o persino tre avversari. Se poiappartiene ad Artù ed è sconfitto, perde cavallo, armatura eogni altra cosa che possiede, e persino la libertà qualoranon riesca a fuggire. »« Dio mi protegga! » esclamò ser Palamede. « Fare guerraal proprio signore che è chiamato il fiore della cavalleriacristiana e pagana è un costume malvagio e indegno di unaregina, e io vi porrò fine di tutto cuore. Morgana non riceveràmai alcun servigio da me, e se come penso mi manderàcontro i suoi cavalieri, essi avranno di che combattere!»« E io vi giuro sulla mia vita che non vi verrò meno perquanto potrò » affermò ser Dinadan.Sopraggiunse in quel mentre un cavaliere con lo scudorosso che avanzò verso ser Palamede e gli disse:« Per l‟amore che dovete alla cavalleria vi chiedo di nonbattervi con la gente del castello. L‟impresa spetta a me esono venuto proprio per questo. Lasciatemela dunque, e sesarò battuto vendicatemi.»« In nome di Dio, staremo a vedere come ve la caverete »gli rispose ser Palamede.Ben presto un cavaliere uscì dalle mura a sfidare allagiostra il nuovo venuto che lo rovesciò al suolo; si feceallora innanzi un altro campione che fu parimenti abbattuto,e poi se ne presentò un terzo, che non ebbe sorte miglioredei compagni. Infine ser Palamede pregò il cavaliere dalloscudo rosso che gli permettesse di aiutarlo in tanto travaglio.« Lasciatemi fare come voglio: fossero anche in venti, ionon li temo » gli rispose quello, mentre i suoi scudieritoglievano i finimenti ai cavalli dei vinti e li facevanofuggire nella foresta.378I tre cavalieri del castello furono così costretti a rimaneresul posto ad osservare il Cavaliere dallo Scudo Rosso rovesciarea terra un altro loro compagno, che si ruppe la schienae anche il collo.Come ser Palamede avrebbe voluto combattere per il Cavalieredallo Scudo Rosso contro quelli del castelloSi fece allora innanzi un cavaliere con lo scudo cancellato dibianco e di nero e quello dallo scudo rosso non esitò adaffrontarlo trapassandogli l‟usbergo e la carne e spezzando laschiena al cavallo.« Messere » disse allora ser Palamede al vincitore « oralasciatemi combattere: avete bisogno di riposo. »« Perché mai? » rispose quegli. « Ritenete forse che sia debolee fiacco? Mi sembra che mi facciate torto dal momentoche mi porto assai bene, e vi ripeto quanto vi ho già detto:fossero pure in venti, non mi tirerei indietro. Se sarò vinto eucciso, potrete poi vendicarmi. Ma se credete che mi manchinole forze e avete così gran voglia di misurarvi con me,troverete di che occupare il vostro bracciò! »« Signore » replicò ser Palamede « mi sono intromesso nonperché volessi combattere, ma perché mi sembrava che avestetroppo da fare. »« Se foste cortese non mi rivolgereste un‟offerta vergognosa.Vi chiedo perciò di giostrare con me, così che possiatescoprire quanto sia spossato! »« Poiché lo esigete, state in guardia! »Si vennero incontro alla massima velocità dei destrieri, e ilCavaliere dallo Scudo Rosso affondò la propria lancia contale forza che l‟asta trapassò lo scudo e penetrò nel fianco diser Palamede aprendovi una larga ferita. Mentre il Saracenolasciava vuota la sella, il suo avversario si volgeva verso serDinadan, che si era fatto innanzi per vendicare il compagno,e gli gridava:« Signore, non voglio battermi con voi.»L‟altro continuò però ad avanzare incurante delle sue parolee spezzò vilmente la lancia contro di lui, ma il Cavalieredallo Scudo Rosso lo ripagò con un colpo durissimo e lorovesciò di netto a terra. Poi ordinò agli scudieri di non379impossessarsi delle cavalcature di ser Palamede e di ser Dinadan,che erano cavalieri erranti come lui e, portatosi nuovamenteinnanzi al castello, si misurò con altri sette avversari,che non seppero resistergli e furono tutti abbattuti. Deidodici campioni di Morgana, il Cavaliere dallo Scudo Rossone uccise quattro nella giostra e ne risparmiò otto, ma solodopo che ebbero giurato sulla croce della spada che nonavrebbero più seguito i malvagi costumi imposti dalla loroperfida signora.Dalle mura uscì allora un uomo disarmato che gridò:« Cavaliere dallo Scudo Rosso, ci avete recato troppo dannoin questa giornata! Tornatevene dove volete perché nonc‟è più nessuno che voglia prendere le armi contro di voi, enon possiamo che dolerci della vostra venuta. »Finito il suo discorso, l‟uomo rientrò nel castello e fecesubito sbarrare le porte. Mentre il Cavaliere dallo Scudo Rossosi rimetteva speditamente in cammino insieme agli scudieri,ser Palamede si avvicinava a ser Dinadan e gli diceva:« Non ho mai subito una sconfitta più vergognosa: inseguiròquel cavaliere e mi prenderò la rivincita con la spada, perchépenso che a cavallo non riuscirei a farmi onore! »« Lasciate stare » lo sconsigliò ser Dinadan. « Avete vistocon i vostri occhi che oggi si è adoprato fin troppo, e nonsarebbe onorevole battersi con lui. »« In nome di Gesù Onnipotente, non mi darò pace finchénon l‟avrò affrontato » replicò ser Palamede.« Allora vi starò a guardare » concluse ser Dinadan.Come il Cavaliere dallo Scudo Rosso giostrò con ser Palamedee lo ferì gravementePoco dopo ser Palamede e ser Dinadan sbucavano in unavalle e scorgevano il Cavaliere dallo Scudo Rosso, sedut osenz‟elmo in capo, accanto a una fonte dove era smontato perrinfrescarsi e riposare.« Cavaliere, state in guardia e ricordatevi dell‟onta che miavete inflitto al castello » gli gridò ser Palamede avvicinandosial galoppo.« Non ricavereste onore a giostrare con me » replicò l‟altro« avete pur visto quanto ho già faticato quest‟oggi. »380« Voglio la rivincita e non mi tirerò indietro. »« Allora può anche darsi che vi tenga testa » disse il cavalieremontando in arcioni e impugnando una grossa lancia.« Non intendo giostrare: sarei certo di non potervivincere! » protestò ser Palamede.« Mi parrebbe che un cavaliere dovrebbe combattere acavallo! » commentò l‟altro.« State a vedere. »Palamede smontò prontamente di sella, si riparò dietro loscudo e snudò la spada. Allora anche il Cavaliere dallo ScudoRosso lasciò il cavallo e brandì scudo e spada. Si corseroincontro e si tempestarono di colpi per un‟ora senza concedersitregua neppure per riprendere fiato: attaccavano e paravanoe si assalivano con incredibile furore, rivolgendosireciproche minacce di morte, talvolta incalzando di puntatalaltra calando fendenti come forsennati, sì che le cotte dimaglie erano tutte tagliate e la carne nuda appariva in piùpunti sotto le armature. Ma ser Palamede vedeva con grandeangoscia la spada dell'avversario coprirsi del proprio sangue,inoltre si faceva sempre più debole a causa della dolorosissimaferita al fianco che aveva ricevuta al castello.« Cavaliere dallo Scudo Rosso » disse infine « mi sembrache ci siamo messi alla prova assai duramente e, se consentite,vi chiedo in nome della cavalleria di dirmi chi siete. »« Non lo farò perché mi avete usata ben poca cavalleriaquando mi chiedeste di battermi nonostante io fossi affaticato.Tuttavia, se voi mi rivelerete il vostro nome, io vi dirò ilmio. »« Sono ser Palamede. »« E io ser Lamorak il Gallese, figlio ed erede del buon rePellinor e fratellastro del nobile cavaliere ser Tor. »Come ebbe inteso il suo nome, ser Palamede si inginocchiòa chiedergli mercé.« Oggi mi sono comportato con voi in modo oltraggioso »disse.« Ah, signore, non aggiungete altro » gli rispose però serLamorak stringendolo tra le braccia.Poi aggiunse:« Siete un degno cavaliere e in queste contrade non v‟èalcuno che vi superi per prodezza. Mi duole pertanto cheabbiamo dovuto combatterci. »381« A me invece non dispiace, anche se ho riportato ferite benpiù gravi delle vostre » rispose ser Palamede. « Ma mirimetterò presto, e siate certo che neppure per il più belcastello di questo regno vorrei che non ci fossimo incontrati, evi amerò per tutti i giorni della mia vita più di ogni altrocavaliere, fatta eccezione per mio fratello ser Safer. »« Ed io farò altrettanto, salvo mio fratello ser Tor » risposeser Lamorak.Intanto era sopraggiunto ser Dinadan, che fece gran festa aser Lamorak; poi gli scudieri ripararono gli scudi e le armaturee tamponarono il sangue delle ferite. Dopo aver riposatotutta la notte in un convento lì vicino, ripresero tutti insieme ilviaggio e giunsero in vista di un bel castello cintato da buonemura che si ergeva su una collina, dove trovarono un comodoasilo.« Ser Dinadan » domandò poi ser Lamorak « cosa fareteora? »« Domattina andrò alla corte di Artù. »« In fede mia, io non riprenderò la sella per almeno tregiorni » disse invece ser Palamede. « Sono malamente ferito,ho perso molto sangue e voglio fermarmi a riposare. »« Allora resterò anch‟io e, se non vi tratterrete troppo alungo, riprenderemo poi il viaggio insieme » disse ser Lamorak.« Rimanete anche voi ser Dinadan, ve ne prego. »« Non posso » rispose quegli. « Voglio rivedere ser Tristano.Non so restare a lungo lontano da lui. »« Ah, cavaliere » esclamò ser Palamede « ora comprendo chevolete bene al mio mortale nemico! Come potrei dunquefidarmi di voi? »« Ebbene, amo il mio signore ser Tristano più di ogni altro egli renderò sempre servigio e onore! »« Così farò anch‟io per quanto posso » affermò ser Lamorak.L‟indomani ser Dinadan partì dunque per Camelot dove fuaccolto lietamente da tutta la corte, e specialmente da serTristano che lo preferiva ad ogni altro per le sue virtù disaggezza e di cortesia.Dopo lo scambio dei saluti, alla domanda di Artù se avesseincontrato delle avventure, ser Dinadan narrò quanto eraaccaduto davanti al castello di Morgana la Fata e come serLamorak avesse vinto dodici cavalieri e disarcionato lui stessoe ser Palamede.382«Che Dio mi aiuti! Vorrei che quel prode fosse qui connoi! » esclamò re Artù.« Sire » rispose ser Dinadan « non tarderà a giungere allavostra corte in compagnia di ser Palamede. »Come re Artù fece bandire una giostra, e come ser Lamorakvi partecipò e abbatté ser Galvano e molti altriTre giorni dopo Artù indiceva una giostra che si sarebbesvolta nei pressi di un convento e a cui avrebbero partecipatomolti cavalieri della Tavola Rotonda. Ser Tristano, ser Lancillottoe ser Dinadan decisero però di non prendere le armi,affinché ser Galvano, il nipote del re, avesse la possibilità divincere il premio. Al mattino del torneo, questi compì infattimeravigliose prodezze insieme ai quattro fratelli e fu superiorea ogni suo compagno, tanto che Artù e tutti i cavalieridiedero a lui l'onore dei primi scontri. Subito dopo un cavalieredallo scudo coperto di cuoio sbucava all‟improvviso dallato della foresta e scendeva in lizza abbattendo con l‟unicalancia due cavalieri della Tavola Rotonda. Nell‟ardore dellalotta egli perse però la copertura dello scudo sì che tuttipoterono vedere che era di colore rosso. In poco tempodisarcionò ser Galvano e tre dei suoi fratelli.« Vorrei sapere chi è » chiese allora re Artù. « A parer mio èil migliore cavaliere che abbia mai visto combattere. »« Giostra meglio di ser Palamede e, se desiderate saperlo, èser Lamorak il Gallese » gli rispose ser Tristano.Mentre così ragionavano, il Cavaliere dallo Scudo Rosso siscontrava per la seconda volta con ser Galvano, lo gettavanuovamente di sella e poi rendeva lo stesso servizio ad altriventi avversari. Fu così chiaro che il premio della giornatasarebbe spettato a lui; ma al momento opportuno, il vincitoresi sottrasse a tutta la compagnia e si inoltrò di soppiattonella foresta. Tuttavia re Artù, che non lo aveva lasciato congli occhi, se ne avvide e lo seguì prontamente insieme a serLancillotto, ser Tristano e ser Dinadan.« Ser Lamorak, siete il bentrovato » gli disse il sovranoquando l‟ebbe raggiunto.Allora il cavaliere si tolse l‟elmo e ricambiò il saluto; quindibalzò da cavallo e accorse da ser Tristano per cingerlo alle383ginocchia, ma questi non glielo permise: smontò prima chel‟altro gli si accostasse, e i due cavalieri di strinsero in unabbraccio con reciproca gioia. Anche il re e i compagni dellaTavola Rotonda furono molto lieti d‟aver ritrovato ser Lamorake lodarono il suo valore. Ma ser Galvano ne fu moltoindispettito, e convocò i fratelli a consiglio segreto.« Come potete vedere, il re odia coloro che noi amiamo epredilige chi ci è nemico » disse loro. « Sapete bene infattiche ser Lamorak non nutrirà mai affetto per noi perché gliabbiamo messo a morte il padre Pellinor che aveva ucciso reLot nostro padre. Inoltre egli ci ha disonorati oltraggiandonostra madre, e io voglio vendicarmi. »« Ci troverai pronti ai tuoi ordini! » esclamarono i fratelli.« Per ora statevene tranquilli: agiremo quando sarà ilmomento » concluse ser Galvano.Come re Artù. indusse re Marco a riconciliarsi con serTristano, e come essi partirono per la CornovagliaLasciamo ora ser Galvano e seguitiamo il racconto parlandodi re Artù che un giorno disse a re Marco:« Sire, vi prego di accordarmi un dono. »« Vi darò qualsiasi cosa mi richiederete, secondo il miopotere » fu la risposta di re Marco.« Vi chiedo allora di essere un signore leale per ser Tristanoe di concedergli benevolenza nel vostro regno: riportatelocon voi in Cornovaglia e permettetegli di rivedere i suoiamici! »« Vi prometto sulla mia vita e per la fede che devo a voi e aDio che lo onorerò per amor vostro, per quanto mi saràpossibile e lecito » affermò re Marco.« Se lo giurerete sul Libro Sacro, vi perdonerò ogni malanimoche abbia mai avuto verso di voi » concesse a sua voltaArtù.Marco rese così giuramento solenne alla presenza di tuttala corte e come suggello prese le mani del nipote e le congiunsealle sue, ma meditava ugualmente il tradimento, come poidimostrò quando fu rientrato nel suo regno.Ser Tristano si apparecchiò dunque a tornare in Cornovagliacon grande afflizione della maggior parte dei cavalieri384della Tavola Rotonda e in particolare di ser Lancillotto, serDinadan e ser Lamorak che erano certi che Marco l‟avrebbeucciso o portato alla rovina.Ser Lancillotto si presentò perciò al sovrano di Cornovagliae gli disse:« Sire, vi consiglio di badare a voi: se farete del male a serTristano con qualche artifizio o inganno, per la fede che devoa Dio e all‟Ordine della Cavalleria, vi ucciderò con le miemani. »« Ser Lancillotto, avete detto fin troppo » gli rispose Marco.« Io mi sono già espresso apertamente, giurando davantial re e ai cavalieri che non gli nuocerò in alcun modo. Sarebbeperciò un‟onta troppo grande venire meno alla mia promessa.»« Parlate bene ma avete fama di essere vile e traditore sìche nessuno può credervi: è ormai risaputo che siete venutoin questa contrada con il solo intento di uccidere vostronipote » replicò ser Lancillotto.Tuttavia, poiché lo stesso ser Tristano voleva tornare conMarco in Cornovaglia per rivedere Isotta la Bella da cui nonsapeva stare lontano, essi partirono di lì a poco.Come ser Percival fu fatto cavaliere da re Artù, e comeuna fanciulla muta parlò e lo condusse alla Tavola RotondaE ora parliamo di due fratelli di ser Lamorak.Re Artù e i suoi cavalieri erano profondamente afflitti perla partenza di ser Tristano, tanto che non ebbero alcuna gioiaper un‟intera settimana. Ma allo scadere dell‟ottavo giornogiunse a corte un cavaliere che chiese al re di concederel‟investitura al giovane scudiero che lo accompagnava.« Qual è il suo lignaggio? » domandò Artù.« È figlio di quel re Pellinor che un tempo vi rese buonservigio, ed è il fratello mio e di ser Lamorak » fu la rispostadel cavaliere, che precisò di chiamarsi ser Agiovai.« Allora per amore di ser Lamorak e di vostro padre loarmerò cavaliere domani, ma vorrei sapere il suo nome »disse il sovrano.« Percival il Gallese, sire. »385L‟indomani Percival ricevette l‟investitura, ma tutti a cortepensavano che gli sarebbe occorso molto tempo prima didiventare un buon cavaliere. Così, quando fu il momento deldesinare e il re si fu seduto a tavola e con lui ogni cavalieresecondo il proprio merito, per comando dello stesso ArtùPercival sedette tra i commensali di minore importanza.A corte v‟era però una damigella della regina, di nobileschiatta ma muta dalla nascita, che entrò nella sala e andòdritta da ser Percival dicendogli ad alta voce in modo daessere intesa da tutti i presenti:« Alzatevi e seguitemi, ser Percival, nobile cavaliere e soldatodi Dio. »Intanto lo prendeva per mano e lo guidava al lato destro delSeggio Periglioso.« Gentil cavaliere » disse ancora « prendete posto a questoseggio che appartiene a voi e a nessun altro. »Il re e tutta la corte festeggiarono allora il nuovo compagnodella Tavola Rotonda. La damigella lasciò subito la sala echiese un prete, e appena si fu confessata e comunicata spirò.Come ser Lamorak giacque con la moglie di re Lot, comeser Gaheris suo figlio la uccise, e della morte di ser LamorakIl racconto toma ora a ser Lamorak che era lodato e onoratoda ogni buon cavaliere all‟infuori di ser Galvano e dei suoifratelli che desideravano solo il suo male e che, meditando dicogliere l‟occasione per ucciderlo, fecero venire la madre in uncastello vicino a Camelot. La regina di Orkney era infattigiunta da poco allorché ser Lamorak le inviò un messaggero efissò con lei un convegno di cui venne subito a conoscenza serGaheris, che si pose in agguato.A notte, ser Lamorak arrivò tutto armato, legò il cavallovicino a una postierla segreta ed entrò in una stanza dove sitolse l‟armatura; quindi raggiunse il letto della regina dove,amandosi di tutto cuore, essi trassero grande gioia l‟unodall‟altra.Quando ser Gaheris giudicò che fosse giunto il momento siaccostò al letto e, afferrata bruscamente la madre per i capelli,le mozzò la testa. Ser Lamorak sentì così sprizzare su di sé il386sangue caldo di colei che amava e balzò dal letto gridandocome uomo afflitto e sgomento:« Ah, ser Gaheris, cavaliere della Tavola Rotonda, avetecommesso un‟azione malvagia e vile! Perché uccideste lamadre che vi generò? Avreste avuto maggior ragione di colpireme! »« Dici il vero, e benché l‟uomo sia nato per offrire il proprioservigio alla donna, sei tu che hai commesso l‟offesa » replicòser Gaheris. « Tuo padre uccise il nostro, eppure tu hai giaciutocon nostra madre disonorando me e i miei fratelli: èuna vergogna troppo grande perché sia tollerata! Quanto poia tuo padre re Pellinor, sappi che fu ucciso da me e da miofratello Galvano. »« Avete commesso un torto ancora più grande e farestebene a ricordare che la morte di mio padre non è ancora statavendicata!»« Non minacciarmi, Lamorak, altrimenti ti ucciderò. Èsolo perché ora sei disarmato che il mio onore di cavaliere mivieta di metterti a morte, ma sappi che in qualunque altraoccasione ti rincontrerò, non risparmierò la tua vita » ribattèser Gaheris. « Ormai mia madre è affrancata da te: vai dunquea prendere il cavallo e vattene. »Per il momento ser Lamorak non era in grado di opporsi;così montò in sella e lasciò il castello facendo gran lamento.Tuttavia, per il dolore e la vergogna, non volle andare allacorte di Artù e si diresse da un'altra parte.La notizia che ser Gaheris aveva uccisa la madre fu comunqueben presto risaputa e suscitò lo sdegno di molti cavalierie dello stesso Artù che, in un accesso d‟ira, comandò al nipoteGaheris di lasciare la corte. Ma anche ser Galvano era oltremodoadirato che il fratello avesse mozzato il capo alla madree risparmiato ser Lamorak.« Sire » disse invece ser Lancillotto al sovrano « l‟uccisionedi vostra sorella è un vile delitto consumato con tradimentopremeditato, e per questo perderete il buon cavaliereser Lamorak. Sono inoltre certo che se ser Tristano ne fosse aconoscenza non verrebbe mai più alla vostra corte, e ciòsarebbe un danno ancora più grande per voi e per tutti ivostri cavalieri. »« Dio non voglia che mi vengano a mancare due dei miglioricampioni della Tavola Rotonda! » esclamò Artù.387« Sire » replicò ser Lancillotto « perderete senz‟altro serLamorak: i vostri nipoti lo uccideranno in un modo onell‟altro; lo hanno stabilito tra loro impegnandosi congiuramento. »« Ed io lo impedirò » affermò il re.Di lì a poco, però, ser Galeotto il Nobile Principe indisseun grande torneo della durata di sette giorni nella suacontrada di Suriuse. Vi convennero re e principi, duchiconti e baroni e nobili cavalieri, e ognuno compì meraviglioseprodezze; ma per acclamazione generale il primopremio fu dato a ser Lancillotto, il secondo a ser Lamorak ilGallese, il terzo a ser Palamede e il quarto a re Bagdemagus.Terminati i festeggiamenti in onore dei vincitori, l‟assembleasi sciolse e ser Lancillotto pregò ser Lamorak ditornare a corte.« Farò sì che re Artù imponga a ser Galvano e ai suoifratelli di non nuocervi in alcun modo » gli disse.« Ser Lancillotto, voglio che sappiate che per la reverenzadovuta al mio signore Artù non intendo vendicarmi dei suoinipoti, ma che non mi fiderei mai di loro anche se egli se nerendesse garante » replicò l‟altro.Ser Lamorak si separò da Lancillotto e ripartì da solo, efu così che ser Galvano e i suoi tre fratelli Agravano, Gaherise Mordred andarono ad attenderlo in un luogo appartato:gli uccisero il cavallo poi lo assalirono tutti insieme, difronte, alle spalle e ai lati e, dopo più di tre ore di combattimento,ché ser Lamorak si difendeva da valoroso, ser Mordredgli aprì una profonda ferita nella schiena e gli altri lofecero a pezzi.Così morì il nobilissimo ser Lamorak, cavaliere della TavolaRotonda; ma sappiate che ser Gareth, il quinto fratello diser Galvano, non ebbe alcuna parte nel vile assassinio.Come ser Tristano fu ferito, e come promise di prestaresoccorso a re Marco minacciato dai nemici di SessoineTorniamo ora a ser Tristano, che si trovava in Cornovaglianel castello di ser Dinas il Siniscalco per rimettersi delleferite di lancia e di spada ricevute in un torneo, dove tuttaviaaveva vinto il premio.388Da Sessoine, però, era nel frattempo giunto un grande etemibile esercito agli ordini di un valoroso uomo d‟armi dinome Elias che era penetrato nelle terre di re Marco fin quasial castello di Tintagel.Sapute le allarmanti notizie, il re convocò il consiglio.« Sire, dovete mandare a chiamare ser Tristano, altrimentinon vinceremo mai la fortissima armata nemica » fu la deliberazionedei baroni. « Privi del suo aiuto, sarebbe come remarecontro corrente. »« Farò come dite » rispose il sovrano, che la necessità costringevaad agire contro la disposizione del proprio cuore.E benché di sua volontà non si sarebbe mai rivolto al nipoteche odiava a morte, lo mandò a cercare in tutta fretta e glidisse:« I nostri nemici di Sessoine sono vicini e se non daremobattaglia al più presto distruggeranno il paese. »« Sire, sapete che potete disporre di me; tuttavia non sonoancora guarito delle mie ferite e non sarò in grado di portare learmi per un‟intera settimana. Dopo, però, farò quanto potrò »gli rispose ser Tristano.« Allora riposatevi e riprendete vigore: intanto io muoveròcontro il nemico con tutte le mie forze » decise il re.Si portò a Tintagel e raccolse un grande esercito che divisein tre schiere: affidò il comando della prima a ser Dinas ilSiniscalco, e le altre due a ser Andred e a un suo consanguineodi nome ser Argius. Poi, su consiglio dei suoi cavalieri, uscì dalcastello di Tintagel per attaccare i nemici, che disponevanoanch‟essi di tre battaglioni ben agguerriti. Ser Dinas si feceinnanzi per primo uccidendo di sua mano due cavalieri edando così inizio alla sanguinosa battaglia in cui, tra unospezzare di lance e cozzare di spade, trovarono la morte moltibuoni combattenti d‟ambo le parti. Infine gli uomini di reMarco dovettero ripiegare e rientrare nel castello, incalzati davicino da quelli di Sessoine che ne fecero gran massacro. Unadecina di nemici riuscì persino a portarsi dentro le mura,mentre altri quattro venivano schiacciati dalle saracineschetempestivamente abbassate.Marco inviò subito un valletto dal nipote per informarlodelle ingenti perdite, e ser Tristano fece sapere che sarebbevenuto appena fosse guarito. Intanto, però, Elias si era portatosotto le mura a intimare la resa e Marco, che sapeva che non389avrebbe potuto tenere il castello senza il soccorso di serTristano, richiese nuovamente il suo intervento. Ormai Tristanosi era completamente ristabilito, così partì sollecitoper Tintagel accompagnato da dieci prodi cavalieri dellaTavola Rotonda e, passando il più furtivamente possibile perboschi e fossati, riuscì a raggiungere le mura del castello e avarcarne la porta dopo aver abbattuto e ucciso quattro cavalieridi Sessoine che tentavano di contrastarlo. I dieci cavalieridella Tavola Rotonda uccisero invece un avversario perciascuno.Così ser Tristano e la sua schiera poterono entrare, e reMarco e tutti gli altri, riconfortati dal loro arrivo, li accolserocon gioia.Come ser Tristano vinse la battaglia, e come Elias chieseche un cavaliere combattesse con lui corpo a corpoIl mattino successivo il comandante dei nemici mandò arichiedere a re Marco che uscisse a dare battaglia.« Perché » gli fece dire « ora che avete con voi ser Tristanosarebbe disonorevole restare dentro le mura. »Marco si adirò per quel messaggio e, prima di dare risposta,si recò dal nipote a chiedere consiglio.« Sire, volete che mi pronunzi io? » gli domandò quegli.« Sì, lo voglio. »Allora ser Tristano si rivolse al messaggero con questeparole:« Porta al tuo signore la risposta del re e mia: domattina glidaremo battaglia in campo aperto. »« Chi siete voi? » domandò il messaggero.« Ser Tristano di Liones! »E mentre l‟uomo andava a riferire a Elias quanto avevaudito, ser Tristano diceva allo zio:« Vi prego di concedermi il comando dell‟esercito. »« Anch‟io ve ne prego: prendetelo! » fu la risposta del re.Ser Tristano dispose dunque gli uomini in modo opportuno:li divise in sei schiere e comandò a ser Dinas di prenderel‟avanguardia e ad altri valorosi di guidare il rimanente;inoltre, quella stessa notte fece bruciare le navi nemiche, checolarono a fondo nei freddi flutti del mare.390Informato dell‟accaduto, Elias non dubitò che fosse operadi ser Tristano.« E deciso a non lasciarci fuggire » disse. « Perciò, bravicompagni, domani combattete a volontà e non scoraggiatevi:nessun singolo cavaliere, fosse pure il migliore del mondo,potrebbe fare fronte a tutti noi! »Ordinò l‟esercito in quattro battaglioni ben armati e guarnitidi uomini e, quando quelli del castello fecero la sortita, limandò fieramente all‟attacco. Ser Dinas compiva grandiprodezze, ma stava avendo la peggio insieme alla sua schiera,quando sopraggiunse ser Tristano che uccise due nemicicon un‟unica lancia e poi seminò la morte a destra e a manca.Allora il capitano Elias irruppe nella mischia e calò un fortefendente sull‟elmo di re Marco facendogli lasciar vuota lasella. Poco dopo, però, il re veniva rimesso in arcioni da serDinas, mentre ser Tristano si avventava come un leone suElias e lo rovesciava a terra. La battaglia si protrasse finquasi a sera, ora portandosi fin sotto le mura ora allontanandosidi un buon tiro d‟arco, finché per il gran massacro el‟ingente numero dei feriti tutte e due le parti furono costrettea ritirarsi.Si occuparono dei feriti e fecero il conto dei morti: reMarco aveva perduto un centinaio di cavalieri e gli assediantialmeno il doppio; dopo di che ambedue le parti tenneroconsiglio e tutti si pronunziarono contrari a proseguire labattaglia, purché se ne potesse uscire onorevolmente. Il capitanoElias si adirò però oltremisura che i suoi uomini nonvolessero continuare a combattere e mandò a dire a re Marcoche trovasse un campione disposto a misurarsi con lui corpoa corpo: se egli avesse vinto, avrebbe ricevuto ogni anno untributo dalla Cornovaglia; in caso di sconfitta, avrebbe invecerinunciato per sempre a tale pretesa. Allora Marco riunì ilbaronaggio perché lo consigliasse sul da farsi.« Sire » fu l‟immediata risposta « non abbiamo desiderio diuscire ancora in campo aperto, perché se non fosse stato perla prodezza di ser Tristano oggi saremmo stati sconfitti.Riteniamo pertanto opportuno trovare un campione che accettiil duello cavallerescamente richiesto. »391Come ser Elias e ser Tristano combatterono per il tributo,e come questi uccise lavversario sul campoTerminati i discorsi, non si riuscì però a trovare chi fossedisposto ad affrontare ser Elias.« Sire, non v‟è alcuno che osi combattere » dissero infine ibaroni a re Marco.« Allora è il disonore e la rovina, a meno che non scenda incampo ser Tristano! » esclamò il sovrano.« Sapete bene che ieri ha faticato fin troppo: è spossato eferito» replicarono i baroni.« Dov'è ora? » chiese il re.« A letto a riposare. »« Ahimè » ripetè Marco « se non avrò il suo soccorso, saròrovinato per sempre. »Ma siccome un cavaliere si era recato da ser Tristano ariferirgli le parole del re, il giovane si levò prontamente,indossò una lunga veste e si presentò a Marco e ai baroni, chetrovò sgomenti e smarriti.« Signore » li confortò « sento che vorreste il mio soccorsoe, sebbene sia malamente ferito, è giusto che faccia quantoposso salvaguardando il mio onore e la mia vita. Ser Elias harichiesto il duello e io combatterò con lui: sarò ucciso sulcampo o libererò la Cornovaglia dal tributo; e poiché le mieferite saranno ancora più dolenti di qui a una settimana,darò battaglia domattina. »Fu subito comunicato al messaggero di Elias quanto erastato deliberato.« Ascolta amico » gli disse Tristano « affrettati a tornaredal tuo signore e digli che si impegni lealmente per quantoriguarda il tributo, poiché il nostro re farà la propria parte.Riferiscigli anche che io, ser Tristano di Liones, cavaliere diArtù e della Tavola Rotonda, sarò pronto domattina percombattere con lui fintanto che i cavalli saranno in grado direggere, e poi a piedi e a oltranza. »D'ambo le parti vennero consegnati gli ostaggi con l‟assicurazioneche la contesa sarebbe terminata con la vittoria diuno dei due contendenti. Infine i due eserciti si riunirono ailati opposti della piana fuori dalle mura di Tintagel. Nessunoportava armi salvo ser Tristano e ser Elias, che al momentostabilito si staccarono dalle proprie schiere e si corsero in392contro alla massima velocità dei destrieri. Si colpirono contanta forza che finirono entrambi a terra insieme ai cavalli;tuttavia si rialzarono prontamente e si assalirono con lespade snudate e gli scudi appesi alle spalle colpendosi dipunta e di taglio, martellando sugli elmi e sulle corazzefacendone sprizzare scintille infuocate, trinciando via pezzidi scudo e infliggendosi profonde ferite, tanto che il sanguecaldo scorreva fino a terra. Dopo che ebbero combattuto perlo spazio di un‟ora, ser Tristano, stanco e spossato, dovettecedere molto terreno, così che ser Elias ne trasse vantaggioincalzandolo crudelmente e ferendolo in più punti. Ser Tristanocontinuava tuttavia ad assestare fendenti e stoccate,spostandosi ora da un lato ora dall‟altro e coprendosi con loscudo come poteva, ma sempre più debolmente, sì che tuttiritenevano che sarebbe stato presto sopraffatto dall‟avversarioche ad ogni colpo gliene restituiva venti. Ma mentre i dueeserciti stavano a guardare, l‟uno ridendo e l‟altro piangendo,ser Tristano si sovvenne infine della sua dama Isotta chelo osservava dall‟alto delle mura e, pensando che probabilmentenon l‟avrebbe rivista mai più, rialzò lo scudo cheprima lasciava pendere fin quasi a terra e si scagliò controElias, tempestandolo di colpi fittissimi che gli aprirono largheferite e gli fecero a pezzi lo scudo e il giaco. Allora riserore Marco e i suoi uomini e piansero quello di Sessoine, mentreser Tristano otteneva la resa dell‟avversario.« Ser Elias » disse poi ser Tristano vedendolo vacillare stremato« sono assai dolente per la vostra sorte, perché siete uncavaliere di grande valore, secondo solo a ser Lancillotto delLago. »In quel mentre il capitano nemico cadeva a terra privo divita.Allora gli uomini di Sessoine cominciarono a ritirarsi, maMarco ne prese prigionieri molti a riparazione dei danni edelle perdite subite e mandò i rimanenti nelle loro contradeperché riscattassero i compagni.Ma intanto continuava a tramare la rovina del nipote, e serTristano, che non voleva staccarsi da Isotta la Bella, non sicurava di premunirsi contro le sue insidie malgrado ciò chesentiva dire del re e che vedeva con i suoi stessi occhi.393ALESSANDRO L‟ORFANOCome re Marco uccise vilmente il fratello ser Bodwin acausa dei buoni servigi che questi gli aveva resoPassiamo ora a narrare di re Marco e di suo fratello Bodwin,un nobile principe molto amato da tutti gli abitanti dellacontrada, e di quanto avvenne tra loro.Poso dopo la partenza degli invasori di Sessoine, quarantamilaSaraceni miscredenti sbarcarono in Cornovaglia sulleterre di ser Bodwin, e il buon principe non perse tempo aradunare segretamente le proprie genti. Prima di giorno avevagià fatto appiccare un violento fuoco a tre delle sue naviche, dispiegate all‟improvviso le vele, erano state sospinte dalvento in mezzo alla flotta saracena cui, per farla breve, avevanotrasmesso l‟incendio, sì che nessuna imbarcazione nemicasi era salvata. Poi, allo spuntar dell‟alba, Bodwin e i suoicompagni si gettarono all‟improvviso sugli infedeli con grandestrepito e li massacrarono tutti fino all‟ultimo uomo.Informato dell‟accaduto, re Marco montò in gran furiacontro il fratello che si era meritato tanto onore e, poichéquesti era amato più di lui nel paese ed era inoltre buon amicodi ser Tristano, pensò di ucciderlo e lo mandò a chiamare intutta fretta: gli ordinò di condurre con sé anche il figliolettoAlessandro e la moglie Anglide perché potesse conoscerli, macon il solo intento di mettere a morte sia il padre sia ilbambino.Il buon principe Bodwin giunse dunque a corte con lafamiglia e il re gli fece lieta accoglienza; ma quando ebberoterminato di desinare gli disse:« Fratello, come agisti quando i miscredenti sbarcaronosulle tue terre? Mi sembra che il tuo compito sarebbe statoquello di avvertirmi perché potessi giungere sul luogo: sarebbeinfatti stato giusto che io e non tu ricevessi il merito dellavittoria. »« Sire » gli rispose Bodwin « se avessi indugiato per mandarvia chiamare, avrebbero distrutto la mia contrada. »«Menti, vile traditore! Vuoi sempre guadagnarti onore amio discapito in modo che io ne sia denigrato, e nutri affettoper coloro che io odio » gridò Marco conficcandogli un pugnalenel cuore.394Bodwin cadde a terra privo di vita senza pronunziare unaparola, mentre dama Anglide prorompeva in alti lamenti finoa perdere i sensi. Ormai non v‟era altro da fare che seppellire ilmorto, ma prima che il marito fosse condotto alla sepoltura,Anglide riuscì a spogliarlo del giustacuore e della camicia, chenascose poi in luogo sicuro.Ser Tristano, ser Dinas, ser Fergus e tutti i buoni cavalieridella corte di Cornovaglia che amavano il principe di tuliocuore provarono cordoglio e sdegno per quella morte, e Isottala Bella mandò a cercare dama Anglide e le consigliò diandarsene al più presto se non voleva che fosse ucciso anche ilfiglioletto. Così Anglide prese il bambino e partì insieme aipochi uomini che osarono accompagnarla.Come dama Anglide fuggì con il figlioletto Alessandrol'Orfano, e come giunse al castello di ArundelNonostante quanto aveva già compiuto, Marco meditavaun‟ulteriore vendetta: si diede a frugare di camera in cameracon la spada snudata alla ricerca di Anglide e del figlioletto, equando si accorse della loro scomparsa, convocò un buoncavaliere che si chiamava ser Sadok e lo incaricò sotto pena dimorte di ricondurgli i fuggitivi. Ser Sadok partì dunqueall‟inseguimento e, raggiunta la dama dopo dieci miglia, lointimò di fermarsi e di tornare con lui dal re.« Cavaliere, cosa ricavereste dalla morte di mio figlio e dallamia? Ahimè, ho già subito troppo danno! » supplicò la dama.« La vostra perdita è davvero lamentevole e pietosa » lerispose ser Sadok. « Se abbandonerete il paese e vi impegneretea tenere vostro figlio con voi finché sarà in grado di prendere vendetta dell‟uccisione del padre, vi lascerò andare via. »« Gesù vi ricompensi, gentil cavaliere! » esclamò Anglide.« Se mai Alessandro vivrà tanto da essere fatto cavaliere,riceverà il giustacuore e la camicia macchiati del sangue delpadre, e non avrà altro compito che quello di vendicarlo! »Così si separarono, raccomandandosi vicendevolmente aDio. Ser Sadok tornò da re Marco e gli riferì sulla propria fededi aver annegato Alessandro l‟Orfano, della qual cosa il sovrano fu molto lieto e soddisfatto. Dama Anglide cavalcò invecenotte e giorno alla ventura riposando raramente e in pochi395luoghi finché uscì di Cornovaglia e, procedendo sempre versomezzogiorno in direzione del mare, giunse per caso a uncastello noto a quel tempo col nome di Magons, ma che ainostri giorni è chiamato Arundel, nel Sussex, dove fu ricevutacon ogni onore poiché era parente prossima della mogliedel conestabile; anzi quest'ultimo, che si chiamava Bellangere,nel darle il benvenuto la informò che il castello le appartenevaper diritto ereditario. Anglide vi rimase perciò peranni e anni finché Alessandro fu diventato grande e fortequant‟altri mai in tutta la contrada.Come Alessandro l'Orfano ricevette nel giorno dell'investituragli indumenti insanguinati del padre, e del compitoche la madre gli affidòUn giorno il conestabile Bellangere si presentò a dama Anglidee le disse:« E tempo che il mio signore Alessandro sia fatto cavaliere.»« Tale sarebbe anche il mio desiderio, ma dovrei alloraaffidargli il compito più arduo che mai madre peccatriceassegnò al proprio figlio» fu la risposta della dama.« Signora, fate come volete » le disse Bellangere « da partemia ritengo opportuno che riceva l‟investitura domani, nelgiorno di Nostra Signora di Quaresima. »« Così sia: vi prego di occuparvi dei preparativi » concluseAnglide.Il conestabile andò perciò da Alessandro e gli disse quantoera stato deciso.« Sia ringraziato Iddio! Sono le notizie più belle che abbiamai ricevute » fu il commento del giovane.Poi il conestabile dispose che venti figli dei gentiluomini piùimportanti e di maggior rango venissero fatti cavalieri insiemead Alessandro, e tutto avvenne come era stato stabilito. All‟offertorio,dama Anglide si avvicinò al figlio e gli disse:« Dolce e bel figliolo, ti chiedo con la mia benedizione e perl‟alto ordine della cavalleria che ti viene oggi conferito diporre mente a ciò che ti dirò e che ti incaricherò di fare. »Intanto gli porgeva il giustacuore e la camicia macchiati disangue da lungo tempo rappreso.396« Che significano, bella madre? » le chiese Alessandro trasalendoe sbiancando in volto.« Te lo dirò, figlio mio: sono gli indumenti che tuo padreindossava il giorno in cui fu trucidato. »E dopo avergli narrato il perché e il come, aggiunse:« In cambio dei suoi buoni servigi, re Marco lo pugnalòdavanti ai miei occhi. Ecco dunque la mia volontà: nonlasciare impunita la morte di tuo padre! »Pronunciate tali parole la dama svenne, ma Alessandroaccorse prontamente a sorreggerla.« Madre » le disse poi « mi avete assegnato un grave compitoe vi prometto che appena potrò mi vendicherò di reMarco. Lo giuro di fronte a voi e a Dio! »Terminata la cerimonia, su suggerimento di Anglide ilconestabile fornì Alessandro di un buon cavallo e di un‟ottimaarmatura; dopo di che il novello cavaliere giostrò con icompagni che insieme a lui avevano ricevuto l‟investitura e,per farla breve, li disarcionò tutti e venti, ché non uno seppereggere ai suoi colpi.Come re Marco fu informato di ser Alessandro, e comeavrebbe voluto uccidere ser Sadok per averlo risparmiatoDopo la giostra, uno dei vinti lasciò il castello e si recò da reMarco a riferirgli come Alessandro l'Orfano fosse stato fattocavaliere e del compito che la madre gli aveva assegnato.« Sono stato vilmente ingannato! » esclamò il sovrano.« Credevo che quel giovane traditore fosse morto. Di chi miposso dunque fidare? »E senza frapporre indugio corse a cercare ser Sadok inogni parte del castello. Ma quando il cavaliere lo vide sopraggiungerecon la spada snudata pronto a ucciderlo, gligridò:« Attento a te, re Marco, non avvicinarti! Ho risparmiatola vita di Alessandro e non me ne pentirò mai perché assassinasticon perfida viltà suo padre il principe Bodwin per ilsuo buon operato. Prego perciò Gesù Onnipotente che dia asuo figlio Alessandro la forza e la capacità di vendicarsi.»« Ahimè, ch‟io debba intendere con le mie orecchie le paroledi un traditore! » esclamò re Marco.397Allora quattro suoi cavalieri trassero le spade per uccidereser Sadok, che fu però più lesto di loro e li abbatté morti aipiedi del re. Quindi raggiunse la propria camera, prese cavalloe armatura e si allontantò indisturbato, poiché né serTristano né ser Dinas e neppure ser Fergus avevano alcunmalanimo contro di lui. Ma re Marco era oltremodo adiratoe, con l‟intento di ucciderlo insieme al nipote, che temeva eodiava più di ogni altro essere vivente, mandò messaggi allaregina Morgana la Fata e alla regina del Galles del Nordpregandole che mettessero all‟erta in tutto il paese le dameesperte d‟incantamenti e i cavalieri più temibili come Malgrinoe ser Breunis Senza Pietà, in modo che non potesserofuggire e fossero presi prigionieri o uccisi.Intanto ser Tristano inviava una lettera al cugino Alessandroesortandolo a recarsi alla corte di Artù per porsi sotto laprotezione di ser Lancillotto.Come ser Alessandro vinse il premio a un torneo, e comecombattè con ser Malgrino e lo ucciseAlessandro lasciò la madre prendendo con sé gli indumentiinsanguinati del padre da cui non si sarebbe mai più separatoe, come gli aveva suggerito ser Tristano, prese il camminoper Londra, ma il caso volle che si volgesse verso la costa esbagliasse strada. In quei luoghi partecipò poi a un torneoindetto da re Carados e ne vinse il premio atterrando lostesso sovrano e venti dei suoi cavalieri, oltre al prode serSafer fratello di ser Palamede.L‟accaduto fu subito riferito a Morgana la Fata che, desiderosadi incontrare il vincitore, si mise in viaggio e si fermòsolo dopo aver percorso un buon tratto di strada. Ora, mentreriposava nel suo padiglione, giunsero quattro cavalieri, dicui due soli portavano le armi, che le dissero i loro nomi: Eliae Car di Gormeret i due armati; Guy e Garant, nativi diCamelerd e cugini della regina Ginevra, coloro che non avevanoarmatura. Narrarono anche alla dama come fosserostati tutti e quattro abbattuti innanzi a un certo castello daun giovane cavaliere.« La damigella della rocca ci disse che il nostro vincitoreera stato armato cavaliere da poco » aggiunsero « ma noi non398pensiamo che, salvo ser Tristano o ser Lancillotto, vi siaalcuno che saprebbe assestargli un buon colpo di lancia. »« Ebbene, se si trova in questa contrada non tarderò aincontrarlo » fu il proposito di Morgana.Parliamo ora della damigella della rocca che, dopo averassistito alla sconfitta dei quattro cavalieri, chiamò Alessandrol‟Orfano e gli disse:« Signore, per amore mio e per il bene di questa contradavi chiedo di sfidare ser Malgrino, un cavaliere che da troppotempo mi è cattivo vicino e che mi impedisce in tutti i modidi sposarmi.»« Damigella, se si presenterà mentre mi trovo qui, scenderòin campo contro di lui e metterò a repentaglio questomio povero corpo per amor vostro » le rispose Alessandro.La fanciulla mandò dunque a chiamare Malgrino cheaccettò la sfida. I contendenti si disposero allo scontro e sidiedero addosso con grande furore, e Malgrino infranse lalancia contro Alessandro, che gli restituì il colpo ben piùrudemente e lo rovesciò di sella. Il cavaliere si rimise però inpiedi senza impaccio e, brandendo scudo e spada, intimò aAlessandro di smontare.« Anche se per ora avete avuto la meglio » gli disse « scoprireteben presto che a piedi saprò resistervi da vero cavaliere.»« Ben detto! » rispose Alessandro consegnando il propriocavallo a un valletto.Si scagliarono allora l‟uno contro l‟altro come cinghiali,tempestando sugli scudi e sugli elmi per il lungo spazio di treore, senza che si potesse dire in alcun momento chi tra lorofosse il più forte. Malgrino era un vecchio ed esperto cavalieree, anche se a cavallo ve ne erano dei migliori, a piedi avevafama di essere tra i più temibili del mondo, tanto che erasicuro di uccidere Alessandro. Infatti questi combattevad‟impeto e senza prudenza, mentre l‟altro lo attendeva proditoriamentee poi lo colpiva forte aprendogli larghe ferite, sìche era meraviglia che potesse resistere. Talvolta però si davanodi cozzo con gli scudi, come cinghiali o montoni, ecadevano tutti e due bocconi al suolo.« Trattenete il vostro braccio e ditemi chi siete » disse infineMalgrino.399« Ve lo dirò solo se ne avrò voglia » gli rispose Alessandro.« Voi piuttosto ditemi il vostro nome e perché vi imponete suquesta contrada, altrimenti morrete di mia mano. »« Vi basti sapere che per amore della damigella della roccaho ucciso accidentalmente dieci buoni cavalieri e che altridieci ne ho messi a morte per mio orgoglio e offesa! »« Che Dio mi aiuti, è la confessione più infame e oltraggiosache abbia mai inteso pronunciare! » esclamò Alessandro.« Fate dunque del vostro meglio, perché sarebbe un granpeccato se continuaste a vivere: vi prometto da vero cavaliereche o voi ucciderete me o io voi! »Tornarono così ad assalirsi fieramente finché Alessandroabbatté Malgrino, gli strappò l‟elmo e gli mozzò la testa.Portata a compimento la disfida, ordinò poi al valletto direcargli il cavallo giudicando che gli bastassero le forze perrimontare in arcioni; ma aveva sedici ferite di cui una quasimortale e non era neppure in grado di reggersi in piedi.Perciò Morgana, che nel frattempo era giunta al castello eaveva osservato la battaglia accanto alla damigella, accorseprontamente a soccorrerlo e lo fece trasportare dentro lemura adagiato su una lettiga a cavalli.Come la regina Morgana la Fata trattenne Alessandro nelproprio castello, e come lo guarì delle feriteLa regina Morgana spalmò le piaghe di Alessandro con ununguento avvelenato che l‟avrebbe fatto morire, e al mattino,quando ritornò nella sua camera, lo trovò che si lamentavadolorosamente; solo allora gli applicò un altro unguento chelo trasse infine dal tormento e dalla pena.La damigella del castello si presentò poi alla regina e ledisse:« Signora, vi prego di aiutarmi a far sì che questo cavalieremi sposi, perché mi ha conquistata con il suo braccio. »« Vedrete cosa dirò » fu l‟ambigua risposta di Morgana, chesi recò subito da Alessandro a riferire la richiesta della damigella.Aggiunse però che la fanciulla non era adatta a lui e chequindi doveva respingerla. Così quando, poco dopo, ellaandò da lui, Alessandro le diede questa risposta:400« Vi ringrazio, damigella, ma per ora non intendo sposarmi».« Poiché rinunciate al vostro diritto, concedetemi a un cavalieredi questo paese che è mio amico e che mi ama daanni » gli chiese allora la fanciulla.« Acconsento di cuore » rispose Alessandro.Fu così mandato a chiamare quel cavaliere che aveva nomeGerino il Grosso e Alessandro lo sposò alla damigelladella rocca congiungendo le loro mani. Morgana colse peròl‟occasione per somministrare ad Alessandro una bevandache lo fece dormire per tre giorni e per tre notti e lo fecetrasportare addormentato in un suo castello che era chiamatoBellosguardo. Quando il giovane ebbe infine riaperto gliocchi, gli chiese se volesse essere risanato.« Chi non vorrebbe riacquistare la salute se lo potesse? »rispose Alessandro.« Se mi promettete sul vostro onore di cavaliere che per unanno e un giorno non oltrepasserete la cerchia di questocastello, siate certo che presto guarirete. »« Acconsento » disse prontamente Alessandro.Come Alessandro sfuggì a Morgana la Fata per interventodi una damigellaIntanto era giunta una damigella cugina del Conte di Pase edella stessa Morgana, cui il Castello del Bellosguardo sarebbedovuto appartenere per diritto ereditario. Recatasi nellacamera di Alessandro, lo trovò coricato sul letto triste eafflitto, perché si era pentito della promessa che gli impedivadi prendere vendetta su re Marco.« Cavaliere, se voleste rallegrarvi, vi potrei dare buonenotizie » gli disse la fanciulla.« Sarei davvero lieto se poteste confortarmi nella mia prigionia.»« La vostra situazione è ben peggiore di quanto pensiate,perché mia cugina Morgana vi trattiene con l‟unico intentodi trarre da voi piacere quando più lo voglia. »« Gesù mi preservi dal darle gioia! » esclamò Alessandro.« Preferirei piuttosto tagliarmi i pendagli. »« Con il Suo soccorso e se voi vorrete amarmi e seguire i401miei consigli, farò sì che siate liberato onorevolmente » glipromise però la damigella.« Ditemi in che modo e avrete il mio amore. »« Bel cavaliere » ella proseguì « questo luogo dovrebbe esseremio di diritto, e siccome mio zio, il potente Conte diPase, odia Morgana la Fata più di chiunque altro, gli manderòa dire che per amore mio venga a distruggere questocastello dove vigono costumi malvagi. Sono certa che egliaccorrerà alla mia preghiera e, mentre appiccherà il fuocoalla rocca, io vi farò uscire nel giardino da un postierlasegreta. »E poiché il giovane assentiva, la fanciulla aggiunse:« Potrete così tenere per un anno e un giorno questo luogocome più vi piacerà, senza venire meno al vostro giuramento.»Allora Alessandro la baciò e le diede gioia come piacque aentrambi, più volte e secondo l‟opportunità.Non passò molto tempo che la damigella fece avvertire lozio perché giungesse a distruggere il castello, cosa che, comedice il libro francese, il cavaliere avrebbe fatto da tempo senon fosse appartenuto alla nipote. Lette dunque le missive, ilconte le fece sapere in quale giorno avrebbe attaccato e, alladata fissata, si presentò con quattrocento cavalieri e appiccòil fuoco a ogni parte del castello, sì che non ne rimase in piediuna sola pietra. Per tutto il tempo che durò l‟incendio, Alessandrorimase nel giardino dove la fanciulla gli aveva fattotrovare il suo cavallo e la sua armatura, e quando il fuoco sifu estinto fece gridare un bando, annunziando che per unanno e un giorno avrebbe difeso l‟area su cui era sorto ilCastello del Bellosguardo da qualunque cavaliere si fossepresentato.Ora, viveva a quei tempi un cavaliere, parente di ser Lancillotto,chiamato Ansirus il Pellegrino perché era solito recarsia Gerusalemme ogni tre anni. Costui aveva una figliabellissima, Alice, che dal soprannome del padre era chiamatala Bella Pellegrina, la quale si recò alla corte di Artù edichiarò alla presenza di molti cavalieri che si sarebbe datacon tutte le sue terre al campione che avesse vinto Alessandro.E poiché era assai bella e ricca, i compagni della TavolaRotonda furono contenti della sua proposta.La damigella fece gridare un bando in tal senso nei castelli402e nelle città, quindi fece rizzare il proprio padiglione allimitare del pezzo di terra difeso dal giovane. Era giunta daben poco tempo, che ser Sagramore l‟Impetuoso venne asfidare Alessandro, ma nello scontro che ne seguì ricevette uncolpo durissimo che lo fece volare oltre la coda del cavallo.Come Alessandro incontrò Alice la Bella Pellegrina, comegiostrò con due cavalieri, e di altre sue impreseLa Bella Alice, che aveva ammirato la valentia del giovanenella giostra, lasciò allora il padiglione e prese il cavallo diAlessandro per la briglia.« Bel cavaliere, vi chiedo in nome della cavalleria di mostrarmiil vostro viso » gli disse.« Lo farò volentieri » le rispose Alessandro slacciandosil‟elmo.« Ah, dolce Gesù, amerò voi e nessun altro » proruppe Alicealla vista del suo bel sembiante.« E ora toglietevi il velo » la pregò a sua volta il giovane.Ella subito si scoprì il volto mostrandosi ad Alessandro,che esclamò:« Ho trovato la mia dama e il mio amore! In verità, bella, viprometto che io solo tra tutti i viventi sarò il vostro cavaliere.»« Ditemi allora chi siete » disse la fanciulla.« Alessandro l‟Orfano, e voi? »« Alice la Bella Pellegrina. »Tra loro nacque così un grande amore. Poco dopo perògiunse un cavaliere di nome Harsouse il Barbuto a sfidareAlessandro che, al primo cozzo di lancia, lo fece volare oltrela groppa del cavallo. Subito si presentò un altro sfidante, dinome ser Hewgon, e Alessandro lo abbatté come aveva fattocon il primo; quindi, avendogli ser Hewgon richiesto di continuareil combattimento a piedi, lo vinse con tre soli colpi el‟avrebbe messo a morte se quello non si fosse arreso.Non passava giorno che ser Alessandro non dovesse giostrareo combattere a piedi con dei cavalieri della corte diArtù o con altri forestieri, sì che a narrare di tutte le suebattaglie vi sarebbe troppo da dire perché per quell‟anno eglidovette misurarsi con un cavaliere ogni giorno, e talvolta an403che con tre o quattro, senza che mai fosse vinto da alcuno.Infine, allo scadere del dodicesimo mese, Alessandro partìinsieme a dama Alice la Bella Pellegrina che non si sarebbe maiseparata da lui, e raggiunsero la contrada di Benwick dovevisse in grande felicità con la sua dama da cui ebbe un figlio dinome Bellengerus il Bello, che per sua buona sorte si unì poialla corte di Artù. Il caso volle invece che ser Alessandro nonavesse mai la fortuna di recarvisi poiché l'infame traditore reMarco non si dette per vinto finché non l‟ebbe ucciso a tradimento.Ma ser Bellengerus, che si provò nel tempo un buoncavaliere, riuscì infine a vendicarne la sua morte.E ora dedichiamoci a un‟altra storia, che parla del tradimentoche re Marco ordì contro ser Tristano.LA GIOIOSA GUARDIACome ser Tristano fu proditoriamente condotto a un torneoper esservi ucciso, e come venne messo in prigioneSer Galeotto il Nobile Principe e re Bagdemagus fecero ungiorno bandire lungo le coste di Cornovaglia un grande torneocon l‟intento di uccidere o quanto meno di provocare ildisonore e la rovina di ser Lancillotto che si dimostrava ilmigliore in ogni occasione. Rivelarono il loro proposito a reMarco, e questi divisò di farvi partecipare il nipote Tristanosenza che nessuno lo riconoscesse, facendo anzi in modo cheil Nobile Principe lo scambiasse per ser Lancillotto.Ser Tristano si recò dunque alle giostre mentre ser Lancillottoera assente e scese in campo senza segni distintivi.Quando gli astanti lo videro compiere meravigliose prodezzegiudicarono quindi che fosse il Cavaliere del Lago, tanto piùche re Marco lo affermava apertamente, e re Bagdemagus,ser Galeotto e i loro cavalieri lo assalirono con furore; ma,nonostante i numerosi attacchi e pur non uscendone indenne,Tristano conquistò il premio del torneo. Solo al terminedella giostra si seppe chi era il vincitore, e quelli del partitodi re Marco si rallegrarono che egli avesse riportato delleferite, ma ogni altro se ne dolse, perché ser Tristano non eraodiato quanto ser Lancillotto in tutto il regno d‟Inghilterra.404Re Marco andò poi dal nipote e, dopo avergli dichiarato lapropria afflizione per le sue piaghe dimostrandogli la massimasollecitudine, e affermando che egli stesso sarebbe stato ilsuo medico, lo fece deporre su una lettiga a cavalli e partì conlui. Prima di sera raggiunsero un castello e Marco gli offrì damangiare e da bere; ma come Tristano ebbe gustato di quelcibo cadde addormentato, e il re lo fece trasportare nel cuoredella notte in un altro castello dove lo chiuse in una sicuraprigione ordinando a un uomo e a una donna di occuparsi delsuo nutrimento.La scomparsa di ser Tristano era intanto stata notata, manon v‟era alcuno che sapesse cosa gli fosse accaduto. AlloraIsotta la Bella si recò in gran segreto da ser Sadok per pregarlodi scoprire dove si trovasse l‟amico, e il cavaliere riuscì infinea sapere che Marco aveva imprigionato ser Tristano conl‟aiuto di alcuni traditori. Così andò a mettersi in agguatovicino al castello di Tintagel insieme a due suoi cugini, equando, come volle la sorte, re Marco uscì a cavallo scortatoda quattro suoi nipoti e da un certo numero di traditori, lasciòil nascondiglio e lo assalì. Tuttavia il sovrano si accorsetempestivamente dell‟imboscata e fuggì al gran galoppo, e serSadok potè solo prendere vendetta sui suoi nipoti e su uno deitraditori della scorta che gli aveva colpito a morte un cugino.Conclusa la battaglia, ser Sadok raggiunse il castello diLiones e insieme alle genti della rocca si portò poi al castellodi Arbray, nel cui borgo si imbattè in ser Dinas cui riferì glieventi. Subito il leale siniscalco sfidò il proprio sovrano,affermando che avrebbe rinunciato a tutte le terre che glivenivano da lui, e ogni altro cavaliere si pronunciò nel suostesso modo. Quindi, su consiglio suo e di ser Sadok, furonoradunati quanti più uomini possibile per munire città e castellidella contrada di Liones.Come re Marco fece contraffare delle lettere del papa, ecome ser Percival liberò ser TristanoParliamo ora di re Marco che, dopo essere sfuggito all‟agguato,era riparato nel castello di Tintagel, dove aveva levato granrumore e fatto bandire che quanti erano in grado di combatteresi armassero prontamente. Quando poi furono rinvenuti i405corpi dei suoi quattro nipoti, chiamò alle armi tutta la contradache dipendeva da lui e si apparecchiò alla guerra; comevenne però a sapere che ser Sadok e ser Dinas avevano radunatogli uomini del Liones, preferì ricorrere all‟inganno e altradimento. Contraffece perciò delle lettere pontificie in cuisi specificava che sotto pena di scomunica il sovrano diCornovaglia dovesse recarsi col proprio esercito dal papa peraiutarlo a muovere guerra ai Saraceni di Gerusalemme. Fecein modo che le missive gli venissero recapitate da un chiericoforestiero, il quale fu poi inviato a ser Tristano per informarloche, qualora egli avesse accettato di guidare la guerracontro gli infedeli, sarebbe uscito di prigione riprendendoogni suo potere. Ma appena ebbe letto le lettere, ser Tristanorispose:« Re Marco è e sarà sempre un fellone! E tu, chierico, digliquesto da parte mia: poiché il papa l‟ha mandato a chiamare,ci vada lui. Io non mi muoverò per il comando di un retraditore e uscirò di prigione come potrò. »Il chierico tornò a riferire, ma re Marco non volle desistere:si ritirò nella propria camera e contraffece altre lettere in cuisi dichiarava che il papa chiedeva espressamente a ser Tristanodi andare di persona a fare la guerra. Tuttavia, anchequesta volta ser Tristano fu pronto a scorgere l‟inganno delre e diede la medesima risposta.Nel castello di Tintagel erano giunti intanto quattro cavalieriferiti; uno con il collo quasi rotto in due; un altro con unbraccio asportato; il terzo passato da parte a parte da uncolpo di lancia e il quarto con la mascella spaccata, adammonire il sovrano che tutta la contrada era in apertarivolta contro di lui.Nel frattempo ser Percival il Gallese, arrivato in Cornovagliaper cercare ser Tristano e saputo dove era tenuto prigioniero,era riuscito a farlo liberare. Allora ser Tristano loaveva pregato di trattenersi nella contrada e di essere suocompagno.« Non posso: devo recarmi nel Galles » gli rispose però ilbuon cavaliere.Prima di tornare nella propria terra, Percival volle andareda re Marco ad annunziargli la liberazione del nipote e arimproverargli l‟infamia di avere imprigionato il cavaliere dimaggior merito al mondo.406« Ricordate che ser Tristano è benvoluto dai cavalieri piùnobili, e, se volesse muovervi guerra, voi non potreste farenulla » aggiunse.« È vero » ammise il sovrano « ma io non posso nutrireaffetto per lui a causa dell‟amore che lo lega alla regina miasposa.»« Ah, vergognatevi e non dite altro! » protestò ser Percival.« Come potete pensare che un nobile cavaliere come ser Tristanovoglia recare disonore a se stesso possedendo la mogliedel re suo zio? Peraltro, può amare la regina senza peccato,poiché ha fama di essere tra le più belle dame del mondo. »Percival gli fece quindi promettere che non avrebbe in alcunmodo nuociuto al nipote. Ma appena egli fu partito. Marcotornò a tramare il tradimento e mandò a dire a ser Dinas chesciogliesse le schiere che aveva levate, dichiarando sotto giuramentoche si sarebbe recato dal papa per muovere contro gliinfedeli, un‟azione, aggiungeva, ben più leale di quella disollevare il popolo contro il proprio sovrano. Il siniscalco siaffrettò perciò a rimandare a casa gli uomini e subito dopoMarco, scoperto dove si trovava ser Tristano, lo fece prenderee imprigionare contrariamente a quanto aveva promesso a serPercival.Quando Isotta la Bella ebbe appreso della nuova reclusionedell‟amico, levò gran lamento quale mai fu fatto da dama ogentiluomo; ma ser Tristano riuscì a farle pervenire unalettera in cui la pregava, quale sua dama leale e se tale era ilsuo desiderio, di fare approntare un vascello per entrambi, sìche potessero recarsi insieme nel regno di Logris.Isotta gli rispose di stare di buon animo perché avrebbeprovveduto a ogni cosa; quindi convocò ser Sadok e ser Dinase li supplicò che trovassero il modo di impadronirsi di reMarco e di tenerlo in prigione fintanto che ella fosse partitacon ser Tristano, e il siniscalco, oltremodo sdegnato per ilnuovo tradimento del re, le promise che avrebbe obbedito aogni suo comando.Così quel che avevano divisato fu fatto: re Marco fu messo inprigione e ser Tristano liberato, quindi il giovane si affrettò araggiungere la regina Isotta e, consigliatisi sul da farsi, partironoinsieme prendendo con sé quanto ritenevano necessario.407Come ser Tristano e Isotta la Bella giunsero in Inghilterra,e come ser Lancillotto li condusse alla Gioiosa GuardiaIsotta la Bella e ser Tristano presero dunque il mare e giunseroin questa terra di Logris. Non erano passati che quattrogiorni dal loro arrivo, che udirono il bando di un torneoindetto da re Artù e decisero di recarvisi senza farsi riconoscere.Quando giunsero, le giostre erano già cominciate, così serTristano scese subito in lizza e, per farla breve, disarcionòquattordici compagni della Tavola Rotonda. Ser Lancillottosi preparò allora ad affrontarlo, ma Isotta la Bella, che se neera accorta, gli inviò un anello per fargli capire chi eral‟avversario con cui stava per scontrarsi.Il Cavaliere del Lago ne fu sì lieto che per quella giornata sitenne in disparte, e quando ser Tristano lasciò il campo, gliandò dietro e lo raggiunse. Si fecero gran festa, poi ser Lancillottocondusse ser Tristano e Isotta la Bella alla GioiosaGuardia, il castello che si era conquistato con il propriobraccio, dicendo che lo considerassero come loro possedimento.Inoltre ordinò alle proprie genti di onorare e di amaregli ospiti come avrebbero fatto con lui, e sappiate che ilcastello era munito e ben provvisto sì da renderlo adatto alsoggiorno di un re o di una regina.Ser Lancillotto tornò quindi a corte e narrò alla reginaGinevra che colui che aveva combattuto con tanto ardimentoal torneo era ser Tristano di Liones, il quale, a dispetto di reMarco, aveva portato con sé Isotta la Bella. La regina riferì asua volta le notizie a re Artù, che ne fu oltremodo lieto, tantoche in onore di ser Tristano fece bandire per Calendimaggiodelle giostre che si sarebbero tenute davanti al castello diLonazep, nelle vicinanze della Gioiosa Guardia. Artù specificavache tutti i cavalieri della contrada, di Cornovaglia e delGalles del Nord avrebbero dovuto giostrare contro quellid‟Irlanda, di Scozia, delle rimanenti contrade del Galles,della terra di Gore, di Suriuse, di Listenoise e di Northumberlande contro quanti reggevano terre per suo conto daquesta parte del mare. Di ciò molti si rallegrarono, ma altrisi rattristarono.« Sire » disse ser Lancillotto « col vostro bando avete messo408a grave rischio quanti vi stanno vicino. Troppi cavalieri nutronoinvidia verso di noi e quando scenderemo in lizzadovremo affrontare un bel duro travaglio. »« Non importa » replicò il re « si vedrà chi è il più valoroso!»Ser Lancillotto dispose poi affinché Isotta la Bella potesseosservare le giostre in un luogo segreto e conveniente al suorango.Ora torniamo a ser Tristano e alla sua dama che ogni giornotraevano grande gioia dalla reciproca compagnia e si rallegravanocon ogni sorta di piacere che potessero divisare.Come per consiglio di Isotta la Bella ser Tristano andavaa caccia armato, come incontrò ser Dinadan e deiloro stratagemmiSer Tristano, che aveva fama di essere il migliore cacciatoredel mondo, soleva uscire a caccia ogni giorno senza premunirsidi portare con sé le armi da cavaliere, finché la BellaIsotta gli disse:« Mi meraviglio che non vi rammentiate che siete in unpaese straniero, dove vivono molti temibili cavalieri; per dipiù sapete che re Marco è sempre pronto al tradimento. Secontinuerete a cacciare senz‟armi, potreste essere ucciso. »« Perdonatemi mia dama e mio amore, non lo farò più » larassicurò ser Tristano.E da quel momento uscì armato e accompagnato dai propriuomini che gli portavano lo scudo e la lancia.Un giorno, mentre percorreva la foresta con indosso l'armaturae l‟elmo in capo si imbattè in ser Dinadan che, giuntonella contrada appositamente per cercarlo, gli disse subitoil proprio nome; ser Tristano rifiutò invece di rivelarglichi fosse.« Ne ho visti di stolti come voi! » esclamò allora ser Dinadanadirato. « E uno proprio quest‟oggi: se ne stava distesoaccanto a una fonte con aria trasognata, lo scudo appoggiatoal suolo e il cavallo poco distante, e sogghignava come unfolle senza dire una parola. Compresi così che si trattava diun innamorato. »« E voi non lo siete, bel cavaliere? » gli chiese ser Tristano.409« Maledetto chi lo è! » proruppe ser Dinadan.« Avete torto, perché soltanto il cavaliere innamorato puòessere prode » replicò ser Tristano.« Se voi lo siete, ditemi il vostro nome, altrimenti dovretebattervi con me » gridò ser Dinadan.« Non ce motivo di attaccarci se non vi dico chi sono. »« Vergogna! Siete un cavaliere e non osate rivelare il vostronome. Allora mi misurerò con voi! »« Da parte mia me ne guarderò bene, perché combatto soloquando ne ho voglia; ma se così mi piacesse fare, voi nonsareste in grado di resistermi » lo ammonì ser Tristano.« Onta a voi, codardo! » strillò ser Dinadan.In quel mentre sopraggiungeva un cavaliere con lo scudocoperto d‟azzurro.« Ecco laggiù uno che giostrerà con voi! » disse allora serTristano indicandolo a ser Dinadan.« È lo stesso cavaliere trasognato che vidi alla fonte »rispose l‟altro.« Ebbene, lo conosco » disse ser Tristano. « Si chiama serEpinogrus ed è figlio del re di Northumberland. Per quantone so, è un vero innamorato perché ama la figlia del re delGalles, che è una dama bellissima. Se lo sfiderete, sono certoche combatterà: così potrete dimostrare se un cavaliere innamoratovale più di voi che non amate alcuna. »«Vedrete quel che farò! » rispose ser Dinadan.« In guardia, cavaliere » gridò poi a ser Epinogrus. « Eabitudine dei cavalieri erranti sfidarsi alla giostra. »« È forse costume di tali cavalieri imporre di combattereche lo si voglia o no? »« È tale per me, e tanto vi basti » replicò ser Dinadan.Così diedero di sprone e si corsero incontro con tale violenzache ser Dinadan fu sbalzato a terra. Allora ser Tristano glisi avvicinò e gli disse:« Che ve ne pare ora? Si direbbe che l'innamorato si siacomportato assai bene! »« Vergognatevi! Se foste un buon cavaliere e non un codardomi vendichereste! » lo redarguì ser Dinadan.« Non voglio giostrare ora » fu la risposta di ser Tristano.« Riprendete il cavallo e andiamocene. »« Dio me ne liberi! Dacché vi ho incontrato mi è andatasolo male! »410« Forse potrei darvi notizie di colui che cercate » aggiunseser Tristano.« Dio mi guardi da voi! » ripetè ser Dinadan « Se il cavalieredi Liones fosse in vostra compagnia, sarebbe ancorapeggio! »« Eppure può anche accadere che vi incontri da qualchealtra parte » gli gridò ser Tristano.Quindi si diresse vero la Gioiosa Guardia e nel borgo inteselevarsi delle grida e un gran clamore, di cui chiese ragione.« Un cavaliere che viveva in questo castello è stato uccisoproprio ora da due sconosciuti, e per l‟unica colpa di aversostenuto che ser Lancillotto eccelle su ser Galvano » gli furisposto.« E un misero motivo per mettere a morte un cavaliereche dice bene del proprio signore » commentò ser Tristano.« Le parole non ci consolano » replicarono quelli del borgo.« Se fosse stato qui ser Lancillotto ci avrebbe vendicati diquei traditori! »Ser Tristano si fece allora portare scudo e lancia e raggiunsein breve tempo i due cavalieri, cui intimò di dare riparazionedel misfatto.Si attaccarono, e ser Tristano ne sbalzò uno oltre la codadel cavallo, quindi si volse verso il suo compagno e gli rese lostesso servizio; ma i due si rimisero in piedi come poterono,imbracciarono gli scudi e trassero le spade per dare battagliaa oltranza.« Cavalieri » disse però ser Tristano « dovete dirmi il vostronome e da dove venite. Chiunque siate non riuscireste asfuggirmi anche se foste di tale contrada e condizione dapoterla fare franca nonostante tutti i vostri misfatti! »« Non abbiamo timore di dire i nostri nomi: siamo serAgravano e ser Gaheris, fratelli di ser Galvano e nipoti di reArtù. »« Allora vi lascerò andare, ma solo per amore del vostrore » disse ser Tristano. « Tuttavia è una vergogna che, discendendoda una schiatta tanto nobile, abbiate fama di essereacerrimi nemici e assassini dei bravi cavalieri di questo regno.Ho pure inteso che insieme a vostro fratello Galvanoavete ucciso ser Lamorak, che era miglior cavaliere di ciascunodi voi. Ah, fosse piaciuto a Dio che fossi stato al suo fiancoin quel momento! »411« Avreste incontrato il suo stesso destino » replicò ser Gaheris.« Vi sarebbero occorsi molti più cavalieri e di ben altromerito di quanto siate voi! » concluse ser Tristano.E senz'altre parole si allontanò spronando verso la GioiosaGuardia; ma appena egli fu partito, i due fratelli rimontaronoin arcioni giurando di vendicarsi.Come ser Tristano abbatté ser Agravano e ser Gaheris, ecome ser Dinadan fu convocato da Isotta la BellaSer Agravano e ser Gaheris inseguirono Tristano e gli ingiunserodi fermarsi, chiamandolo traditore.« Avete torto » replicò quegli, calando sull‟elmo di serAgravano un fendente tanto forte da farlo cadere di sellasvenuto e con una profonda ferita. Quindi martellò sul cimieroanche ser Gaheris, che lasciò vuoti gli arcioni.Tornato infine alla Gioiosa Guardia, ser Tristano narrò aIsotta l‟avventura occorsagli, e che voi avete già intesa.Quando la regina udì il nome di Dinadan, commentò:« Perché non l‟avete portato con voi? »« Non ve ne dolete » le rispose ser Tristano « è venuto inquesta contrada a cercarmi e non se ne andrà prima diavermi trovato. »Mentre riferiva alla regina come ser Dinadan si fosse dichiaratocontro tutti gli innamorati, giunse un valletto adannunciare che un cavaliere con lo scudo di certi colori eraentrato nel borgo.« E ser Dinadan! » esclamò ser Tristano. « Sapete cosadovreste fare, mia bell‟amica? Mandatelo a chiamare e riservategliuna lieta accoglienza: potrete così intrattenervicon il cavaliere più gioviale e l‟oratore più stravagante cheabbiate mai incontrato. Io intanto me ne starò nascosto! »Isotta la Bella mandò a cercare ser Dinadan con la preghierache venisse al castello a prendere ristoro presso unadama, e il cavaliere accolse di buon cuore l‟invito. Si presentòal castello, lasciò cavallo e armatura e fu introdottonella grande sala dove fu accolto dalla regina. Dopo loscambio dei saluti, ella gli chiese donde venisse e cosa facessenel paese.412« Signora, sono ser Dinadan, cavaliere della corte di re Artùe della Tavola Rotonda e cerco ser Tristano che mi hannodetto si trova in questa contrada. »« Può anche darsi, ma io non ne so nulla » mentì la regina.« E io non so cosa spinga ser Tristano e tanti altri innamoratia perdere la ragione e l‟intendimento per delle donne! »commentò ser Dinadan.« Come, siete un cavaliere e non siete innamorato? Vergognate vene: non potete certo essere chiamato prode se nonvenite a contesa per una dama. »« Dio me ne guardi! » esclamò ser Dinadan. « Le gioie d‟amoresono troppo brevi e le pene che ne derivano fin troppodurature. »« Ah, non dite così! » ribattè Isotta. « Sappiate che propriopoco distante da questo castello il buon cavaliere ser Bleoberisdi Ganis ha affrontato in un unico scontro ben tre avversariper amore di una damigella, che ha così conquistata allapresenza del re del Northumberland. »« Fu certo come dite » ammise ser Dinadan. « So bene che èun valoroso, della nobile schiatta da cui discende anche serLancillotto del Lago. »« E non siete voi cavaliere di Artù? » lo apostrofò la BellaIsotta. « Vi prego dunque di battervi per amor mio con trecavalieri che mi hanno fatto un grave torto. »« Proclamerò che siete la dama più bella che abbia maivista, ancor più avvenente della regina Ginevra che è la miasignora, ma sappiate in poche parole che non affronterò pervoi tre cavalieri. Che Gesù me ne scampi! »Allora la regina Isotta rise e lo prese allegramente in girocome meglio seppe.Il mattino seguente ser Tristano si armò di buon'ora epromise a Isotta che avrebbe giostrato con ser Dinadan e chelo avrebbe portato con sé al torneo di Lonazep.« Farò in modo che possiate assistervi anche voi » aggiunse.Quindi lasciò il castello accompagnato da due scudieri chegli portavano lo scudo e lance lunghe e robuste.413Come ser Dinadan incontrò ser Tristano e come, giostrandoquesti con ser Palamede, lo riconobbeAnche ser Dinadan, che aveva passato la notte al castello,partì l‟indomani e, cavalcando speditamente, raggiunse serTristano che riconobbe per il cavaliere incontrato il giornoinnanzi e la cui compagnia gli era quanto mai molesta.« Siete dunque voi il codardo in cui mi imbattei ieri! »esclamò. « Badate a voi, perché dovrete giostrare vostro malgrado.»« Avete ragione: non ne avrei proprio voglia » gli risposeTristano. Ma lasciarono correre i cavalli e ser Tristano mancòdi proposito ser Dinadan che, al contrario, spezzò contro di luila propria asta e si accinse quindi a snudare la spada.« Non fatelo: non voglio battermi! » disse prontamente Tristano.« Ma perché siete tanto incollerito? »« Ah, codardo, disonori la cavalleria! » lo ingiuriò ser Dinadan.« Poco importa dal momento che mi metterò al vostroservizio e rimarrò sotto la vostra salvaguardia. Siete cosìprode che mi proteggerete » replicò ser Tristano.« Il diavolo mi liberi da te! D‟aspetto sei il migliore uomod‟armi che abbia mai visto, ma anche il più pusillanime. Che ne farai delle grosse lance che porti con te? »« Le darò a un valoroso quando giungerò al torneo, e sevedrò che siete il migliore, le riserverò per voi! »Mentre procedevano così ragionando, videro venirsi incontroun cavaliere che si preparava a giostrare.« Ecco laggiù uno che vuole battersi. Fatevi dunque innanzi,ser Dinadan » lo esortò ser Tristano.« Che l‟onta ricada su di te! » ribattè l‟altro.« Non dite così perché sembra un cavaliere uso alle giostre »protestò Tristano.« Allora lo affronterò io » concluse Dinadan.Disposero gli scudi e le lance e si corsero addosso, e losconosciuto colpì ser Dinadan con tale violenza che lo abbattéda cavallo.« Sarebbe stato meglio se aveste lasciato stare » fu il commentodi ser Tristano.« Codardo! » gli gridò Dinadan rimettendosi in piedi e brandendola spada per proseguire lo scontro.414« Volete combattere per cortesia o per odio? » domandòl‟avversario.« Per cortesia » fu la risposta di ser Dinadan.« Allora ditemi come vi chiamate. »Ser Dinadan rivelò la propria identità, e l‟altro disse a suavolta il proprio nome: ser Gareth il più giovane e anche il piùprovetto e il migliore dei fratelli di ser Galvano, l‟unico chenon aveva avuto parte nella morte di ser Lamorak. I duecavalieri si fecero gran festa e lasciarono ogni contesa, poirimontarono in arcioni e presero a ragionare del cavaliereche era con loro e della sua codardia, e ser Tristano, cheascoltava quei discorsi, non diceva nulla, ma se la rideva diloro. Poco innanzi era intanto comparso un cavaliere benarmato in sella a un forte destriero, che faceva mostra divoler giostrare.« Nobili cavalieri » disse prontamente Tristano « decidetechi di voi lo affronterà, perché vi avverto che io non ne vogliosapere. »« Mi batterò io » affermò ser Gareth.Così si scontrarono, e Gareth fu sbalzato a terra.« Ebbene » chiese ser Tristano a ser Dinadan « siete prontoa vendicarlo? »« No di certo: ha già abbattuto il nostro compagno che è uncavaliere ben più forte di me! » replicò ser Dinadan.« Vedo che ve ne manca il coraggio. State dunque a guardarequel che farò io! » gridò ser Tristano slanciandosi versolo sconosciuto.E con un buon affondo di lancia lo sbalzò a terra congrande stupore di ser Dinadan, che cominciò a sospettare lasua vera identità. Nel frattempo il cavaliere disarcionato siera rimesso in piedi pronto a proseguire il combattimentocon la spada.« Chi siete? » gli domandò allora ser Tristano.« Ser Palamede. »« Quale cavaliere odiate di più al mondo? » lo interrogòancora l‟altro.« Ve n‟è uno che odio a morte: ser Tristano di Liones, e seavessi la ventura di incontrarlo, uno di noi perderebbe lavita. »« Ben detto! Fate dunque del vostro meglio perché sono ioquel cavaliere » replicò ser Tristano.415« Perdonate il mio malanimo e le parole scortesi » disseperò ser Palamede smarrito. « Non so cosa mi aveva punto emi pento d‟avervi portato rancore: siete un buon cavaliere, echi onora la cavalleria non può esservi nemico! Finché vivròvoglio perciò rendervi servigio sopra a ogni altro. »« Ser Palamede » fu la risposta di ser Tristano « vi ho vistoalla prova e so che avete affrontato con successo molte avventure.Ora potete porre rimedio all‟odio che nutrite controdi me: sono qui pronto a vostra disposizione. »« Al contrario, mio signore, voglio solo servirvi di lealecavalleria in ogni cosa che mi comanderete. »« E io lo accetto » concluse ser Tristano.Così proseguirono insieme il cammino, ragionando di moltecose. E ser Dinadan disse:« Ah, ser Tristano, vi siete malignamente preso gioco dime, eppure Dio sa che sono venuto in questa contrada peramor vostro e per consiglio del mio signore ser Lancillotto,che non ha però voluto dirmi dove avrei potuto trovarvi. »« In verità lo sapeva bene, perché dimoravo proprio nel suocastello » gli rispose ser Tristano.Come arrivarono alla riva dell'Humber, e come trovaronouna nave su cui era il corpo di re HermanceContinuarono così a cavalcare finché giunsero alle rivedell‟Humber da dove udivano levarsi pietose grida e lamenti.Scorsero poi un ricco vascello coperto di seta rossa che,spinto dal vento, andò ad approdare proprio vicino a loro.Allora i cavalieri smontarono di sella e salirono a bordopreceduti da ser Tristano.Vi trovarono un letto con preziose coperte su cui giacevail corpo di un bel cavaliere, tutto armato ad eccezione delcapo e insanguinato da ferite mortali. Ser Tristano notò inoltreche il morto stringeva in pugno una lettera di cui chiesespiegazione ai marinai.« Vi sono scritti il suo nome e il modo e la ragione per cui fuucciso » essi risposero. « Sappiate che può essere aperta eletta solo da un buon cavaliere che faccia solenne promessadi punire il delitto. »« Se è come voi dite, la sua morte non rimarrà impunita! »416esclamò ser Tristano, prendendo la lettera dalla mano delmorto.Ed ecco quanto vi era scritto:Io, Hermance, re e signore della Città Rossa, mando a dire a tutti icavalieri erranti e in particolar modo a quelli della corte di Artù chescelgano un campione che voglia battersi per amor mio contro duefratelli che allevai dal nulla e che mi uccisero con perfido tradimento.Colui che mi vendicherà riceverà la Città Rossa e tutti i micicastelli.« Dio mi aiuti, è un caso miserevole! » disse ser Tristano.« Mi assumerei volentieri l‟avventura, ma ho promesso diessere presente al grande torneo di Lonazep e sul mio onorenon posso mancare. Artù lo ha indetto proprio per amor mioin questa contrada e so che molte nobilissime persone verrannoa vedermi combattere. Se accettassi l‟impresa, temoche non potrei tornare in tempo per la giostra. »« Signore, concedetela a me: vedrete che la porterò a terminecon onore, ne andasse pure della mia vita » intervenneallora ser Palamede.« Ve la accordo, ma a condizione che mi raggiungiate altorneo che avrà luogo tra sette giorni » gli rispose ser Tristano.« Lo prometto » si impegnò ser Palamede. « Sarò con voi ameno che non sia impedito dalla morte o dalle ferite. »Così si separarono, e mentre la nave su cui era rimasto serPalamede riprendeva la navigazione lungo il fiume, ser Tristano,ser Gareth e ser Dinadan rientravano alla GioiosaGuardia, dove venivano molto festeggiati. E quando ser Dinadanfu alla presenza della regina Isotta, le raccontò in qualmodo fosse stato beffato da ser Tristano; allora ci furono perlui altre canzonature e risate a volontà.LA CITTÀ ROSSACome ser Palamede andò a combattere i due fratelli cheavevano ucciso re HermanceLasciamo ora la lieta compagnia della Gioiosa Guardia eparliamo di ser Palamede, la cui nave aveva disceso il corso417dell‟Humber ed era approdata di primo mattino innanzi a unbel castello che si innalzava sulla costa del mare.« Levatevi, messere » dissero i mastri marinai a ser Palamedeche dormiva profondamente. « Ecco la vostra meta! »Allora il cavaliere si alzò e soffiò nel corno che quelli gliavevano portato, richiamando sugli spalti numerosi cavalieriche gli gridarono il benvenuto a una sola voce. Quando fugiorno, ser Palamede entrò nel castello, dove fu ben accolto erifocillato con i cibi più svariati; ma tutt'intorno udiva levarsipianti e lamenti, di cui chiese ragione.Si fece allora innanzi un cavaliere di nome Ebel, che glidisse:« Non cessiamo di dolerci per la perdita del nostro nobilesignore Hermance, re della Città Rossa, di cui rimpiangeremosempre le nobili virtù: prediligeva i cavalieri errantidella corte di Artù e sopra ogni altra cosa amava le giostre, lecacce e ogni sorta di intrattenimenti cavallereschi; era generosoe liberale, sì che la povera gente non fu mai governatada un sovrano più cortese. I re e gli uomini di ogni rangopossono trarre ammonimento dalla sua morte di cui fu causaegli stesso, ché se avesse amato quelli del suo sangue vivrebbeancora in pace e prosperità!« Sappiate » proseguì poi « che il nostro sovrano allevò duebambini che ora sono divenuti temibili cavalieri, accogliendolia tal punto nel proprio favore che non amava più la suastessa parentela né si fidava di alcun altro che gli stessevicino. Ed era così sottomesso a quei due, che essi governavanoincontrastati sullo stesso sovrano e sul regno, e non permettevanoad alcun consanguineo di avere potere su di lui,che era franco e gentile quanto quelli erano falsi e ipocriti.Essi gli allontanarono dunque tutti i parenti, ma non sicontentarono di quanto già avevano, e pensarono di rafforzarsisempre di più perché, come recita un antico detto:"Date potere al villano e questi non ne avrà mai abbastanza".Infatti, laddove il governo è affidato a una persona di bassinatali mentre il signore delle terre è di nascita elevata, avverràche il plebeo non tollererà al proprio fianco alcungentiluomo, e ne perseguirà anzi la rovina. Pongano dunquemente i nobili e i signori di chi si circondano! E voi che sietedella corte di Artù non vi scordate questa storia e la suatragica fine.418« Un giorno, su consiglio dei due fratelli, il nostro signore sirecò nella foresta vicina a cacciare un cervo rosso, armato ditutto punto come conviene a un cavaliere; non appena fusmontato presso una sorgente per riposare e bere, uno dei duetraditori, d‟accordo con l‟altro, lo trafisse proditoriamentecon la lancia. Il re fu abbandonato al suolo ferito a morte, ma ilcaso volle che io, transitando vicino a quella stessa fonte,accorressi ai suoi lamenti e lo facessi trasportare alla riva delfiume, dove lo imbarcai ancora in vita sulla nave con cui sietegiunto. Quando fu a bordo, egli mi pregò di redigere la letterache, per suo comando, io gli misi nel pugno prima che fossecolto dalla rigidità della morte. Mi ordinò pure di spingerel‟imbarcazione lungo la corrente del fiume e di istruire imastri marinai perché non si concedessero sosta finché avesseroraggiunto Lonazep dove, essendosi radunata la più nobileassemblea di cavalieri dei nostri giorni, un valoroso, avendopietà della sua morte, l‟avrebbe vendicato.« Ora che sapete come egli fu tradito, vi chiediamo per amordi Dio di adempiere alla sua preghiera e di reggere le terre chegli appartennero: la Città Rossa e quanti vi vivono vi riconoscerannoper signore! »« È una storia dolorosa che mi rattrista profondamente »esclamò ser Palamede. « A dire il vero vidi la lettera di cui miparlate: mi fu letta da uno dei migliori cavalieri del mondo edè proprio per sua volontà che sono venuto. Fatemi dunquesapere dove potrò trovare i traditori, perché non avrò pacefinché non mi sarò battuto con loro. »« Rimontate a bordo della nave che vi condurrà all‟Isola delPiacere, vicino alla Città Rossa » gli disse ser Ebel. « Noi viattenderemo qui pregando per il vostro ritorno, poiché anchequesto castello vi apparterrà se uscirete vincitore dallo scontro.Re Hermance lo fece costruire per i due traditori, ma noil‟abbiamo tenuto con mano ferma, e siamo pertanto gravementeminacciati. »« Quale che sia la mia sorte, badate a difenderlo » ordinò serPalamede. « Anche se dovessi rimanere ucciso, sono certo cheuno dei migliori cavalieri del mondo, ser Tristano di Liones oser Lancillotto del Lago, verrà presto a vendicarmi. »Tornato al porto, vide scendere da una nave un cavalieredall‟aspetto prestante che si avanzò verso di lui tutto armato,con lo scudo appeso alle spalle e la spada in pugno, e gli disse:419« Che cercate qui, messere? Lasciate quest‟avventura perchéè mia più che vostra! »« Può darsi, ma io ho promesso di portarla a compimento »replicò il Saraceno. « Quando la lettera fu tolta dal pugno delsovrano morto, non sembrava esservi infatti nessun altrodisposto ad assumerla su di sé. »« Dite il vero » ammise l‟altro « ma sappiate che vi daròbattaglia, affinché spetti al migliore di noi. »E poiché ser Palamede acconsentiva, imbracciarono gliscudi e si scambiarono fieri colpi di spada per più di un‟orafinché ser Palamede si dimostrò più forte e resistente dell'avversarioe gli inferse un tale fendente che lo fece cadere sulleginocchia.« Trattenete il vostro braccio » gridò allora il vinto. E mentreser Palamede abbassava l'arma aggiunse: « L‟impresa èvostra perché siete il più degno! E ora vi prego in nome dellacavalleria di dirmi il vostro nome »« Sono ser Palamede, il Saraceno. »« E io sono ser Hermind, fratello del sovrano ucciso, eprossimo cugino di ser Lamorak il Gallese. »« Ahimè per ser Lamorak, che non vedrete più in questomondo! » esclamò ser Palamede.« Cosa gli è accaduto? Non v‟era alcuno che potesse vincerloin singolare tenzone! »« Fu infatti ucciso da ser Galvano e dai suoi fratelli Agravano,Gaheris e Mordred che l‟assalirono tutti insieme. »Ser Palamede montò poi sulla nave e raggiunse l‟Isola delPiacere. Intanto nella Città Rossa ser Hermind rivelava l‟identitàdel cavaliere che si era impegnato a vendicare lamorte del fratello, e tutti se ne rallegrarono, perché avevanomolto inteso parlare di ser Palamede e delle sue nobili gesta.Fu così inviato un messaggero in un castello vicino dov‟eranoi due traditori a intimare loro di tenersi pronti perché unprode campione era giunto per sfidarli entrambi.« Sia il benvenuto, purché non sia ser Lancillotto del Lagoo uno del suo sangue! » esclamarono i due traditori.« Non lo è » rispose il messaggero. « È ser Palamede, unnobile cavaliere non ancora battezzato. »« Allora ce ne curiamo ben poco » ribatterono quelli.Lo scontro fu concordato di lì a due giorni, alla CittàRossa. Ser Palamede si presentò per primo, accolto con gioia420dagli abitanti cui piacque vederlo prestante e pulito, dimembra diritte e intatte, non troppo giovane e neppure troppovecchio. Così tutti lo lodarono e affermarono che seppureancora saraceno, era un credente della migliore specie, bendisposto d‟animo e assolutamente leale e fedele alla paroladata. Entro il terzo giorno, giunsero anche i due fratelli, cheavevano nome Helius e Helake, valorosi combattenti a dispettodell‟umile nascita, ma falsi e pronti al tradimento.Conducevano con sé quaranta forti cavalieri allo scopo diessere ben sicuri all‟interno della Città, che di fronte a tantasuperbia e arroganza temette di subire oltraggio.Quando i contendenti furono condotti alle lizze, ser Palamedesi fece innanzi dicendo:« Siete voi gli stessi Helius e Helake che uccisero con ignominiail loro signore ser Hermance che sono venuto avendicare? »« Lo siamo » affermarono quelli « e se tu sei Palamede ilSaraceno, sappi che prima che sia terminato il nostro incontroti avremo riservato tale trattamento che desidererai diessere battezzato. »« Può darsi » ribattè ser Palamede « ma non sono disposto alasciare questo mondo prima di avere ricevuto la vera fede,né vi temo al punto da non confidare che Dio mi concederà dimorire miglior cristinao di ciascuno di voi. »Della battaglia tra ser Palamede e i due fratelli, e comequesti furono uccisiPresero dunque campo, e quando poi si corsero incontro allamassima velocità dei cavalli, ser Palamede affondò di forzala lancia trapassando lo scudo e il petto di ser Helake, sì chel‟asta fuoruscì di un buon braccio.Per tutto quel tempo ser Helius aveva tenuta levata lapropria lancia, non volendo per orgoglio e disdegno colpireser Palamede, ma quando vide il fratello giacere immobile alsuolo, gridò all‟avversario di stare in guardia, si slanciò su dilui con grande furore e lo sbalzò di sella, poi gli passò sopradue o tre volte col cavallo. Pieno d‟onta per la caduta, serPalamede gli afferrò allora il destriero per la briglia, costringendoloa indietreggiare e spingendolo di forza finché l‟anima421le stramazzò a terra insieme al cavaliere. Tuttavia il caduto sirimise subito in piedi e calò un colpo possente sull‟elmo delSaraceno che cadde sulle ginocchia. Allora cominciarono abattersi con violenza, infliggendosi fendenti e traversoni, oraattaccando ora indietreggiando e avventandosi poi l‟uno control‟altro come cinghiali fino a cadere bocconi entrambi nellostesso momento. Combatterono per due ore senza concedersineppure una sosta per riprendere fiato: ma ser Palamede erasempre più debole e stanco mentre ser Helius si sentivasempre più forte e raddoppiava i colpi sospingendo l‟avversarioda una parte all‟altra del campo. Allora quelli della cittàlevarono pianti e lamenti, mentre quelli del partito avversogridarono di gioia.A quel clamore ser Palamede volse lo sguardo agli infeliciche piangevano per lui e disse a se stesso:"Ah, Palamede, vergognati, perché tieni la testa bassa?"E benché avesse ricevuto un centinaio di colpi sì che erameraviglia che potesse ancora reggersi, alzò prontamente loscudo e, fissando l‟avversario negli occhi, gli assestò un fendentesull‟elmo e poi un altro e un altro ancora, con taleviolenza che l‟abbatté al suolo; quindi corse a strapparglil‟elmo e, con un colpo deciso, gli spiccò il capo dal busto.Così quelli della città poterono infine rallegrarsi e lo scortaronocon grande pompa agli alloggi, dove si dichiararono suoiuomini ligi. Tuttavia ser Palamede volle che i possedimenti diser Hermance fossero signoria comune di tutti loro.« Dovete sapere che per ora non posso fermarmi » disse.« Devo infatti tenere fede alla promessa di recarmi senzaindugio al castello di Lonazep. »Gli abitanti della Città Rossa erano assai dolenti per la suapartenza e, purché restasse, gli offrirono un terzo dei lorobeni, ma ser Palamede non vi acconsentì in alcun modo.Messosi quindi in cammino, giunse al castello di cui eraluogotenente ser Ebel, dove fu molto festeggiato, e di lì siportò poi al castello di Lonazep. Saputo però che ser Tristanonon vi si trovava, passò sull‟altra riva dell‟Humber e arrivòinfine alla Gioiosa Guardia.Ser Tristano lo accolse con viva letizia e volle subito essereinformato di quanto era accaduto alla Città Rossa.« In verità » disse quando ser Palamede ebbe terminato ilsuo racconto « sono lieto che vi siate portato con tanto onore. »422Poi annunziò che sarebbero ripartiti l‟indomani mattina:aveva disposto che due padiglioni fossero drizzati vicino allasorgente di Lonazep per ospitare Isotta la Bella che li avrebbeaccompagnati al torneo. A tale notizia il cuore di serPalamede si estasiò, tuttavia il cavaliere disse ben poco equando fu il momento di presentarsi a Isotta avrebbe volutorifiutarvisi tanto che ser Tristano dovette guidarlo da leitenendolo per mano.Ma alla presenza della bella regina ser Palamede si sentìcosì rapito che gli venne a mancare la parola, e a tavola nonriuscì a toccare cibo, sebbene vi fossero tutte le vivande chepotesse desiderare.IL TORNEO DI LONAZEPCome ser Palamede giostrò con ser Galihodin e poi conser Galvano abbattendoli entrambiL‟indomani mattina la compagnia della Gioiosa Guardia simise in viaggio per andare al torneo: ser Tristano conducevacon sé tre scudieri e la regina Isotta tre gentildonne, tuttericcamente vestite al pari di lei, mentre ser Palamede, serDinadan e ser Gareth erano accompagnati dai soli vallettiche portavano gli scudi e le lance. Cavalcando sulla strada diLonazep, il corteo si imbattè in ser Galihodin, re della contradadi Suriuse e stretto parente del Nobile Principe serGaleotto, che procedeva poco innanzi con una schiera diventi cavalieri.« Ecco laggiù una dama ricca e bella che mi piacerebbesottrarre alla sua scorta » disse ser Galihodin indicando Isotta.« Signore, ve ne sconsigliamo » replicarono i suoi uomini.« Mandate piuttosto uno di noi a parlamentare, e aspettate disapere cosa risponderanno. »Fu dunque inviato uno scudiero da ser Tristano a chiederglise volesse giostrare o consegnare la dama.« Dite al vostro signore che venga qui in numero pari alnostro perché potrà averla solo se saprà conquistarla » fu larisposta del cavaliere.423« Signore » intervenne ser Palamede « vi prego di lasciare ame l‟impresa. Anche se si faranno innanzi in molti, li impegneròfino all‟ultimo uomo. »« Fate a piacer vostro » concluse ser Tristano.E mandò a dire a ser Galihodin che ser Palamede si sarebbebattuto con lui e con il suo seguito.Appena lo scudiero ebbe riportato il messaggio, ser Galihodinimbracciò lo scudo e abbassò la lancia e ser Palamede,che si era già apparecchiato, lo colpì con violenza e lorovesciò a terra insieme al destriero. Avanzò poi un secondocavaliere, che fu servito allo stesso modo, e così avvenne conun terzo e con un quarto, senza che ser Palamede dovessespezzare una sola lancia. Altri sei erano già pronti a prendersila rivincita, quando ser Galihodin ordinò loro di fermarsi.« Che nessuno di voi lo assalga » ordinò. « E di grandeardimento e nobiltà e se volesse impegnarsi a fondo nonriuscireste a sopraffarlo. »Così quelli si ritirarono e ser Palamede tornò dai compagni.« Vi siete portato con prodezza e onore, come conviene a unbuon cavaliere » lo lodò ser Tristano.Lasciati ser Galihodin e la sua schiera, ripresero il cammino,ma avevano percorso ben poca strada che si imbatteronoin altri quattro cavalieri — ser Galvano, ser Ivano, ser Sagramorel‟Impetuoso e ser Dodinas il Selvaggio - che si tenevanopronti con la lancia impugnata. Allora ser Palamedepregò nuovamente ser Tristano che gli concedesse di combatterefinché fosse riuscito a tenersi in sella.« Se sarò battuto, potrete poi vendicarmi » aggiunse.« Sia come volete, perché desidero ancor più di voi cheaccresciate il vostro onore » gli rispose l‟altro.Intanto ser Galvano aveva abbassato la lancia, e ser Palamedesi slanciò contro di lui rovesciandolo a terra insieme alcavallo; poi trattò nello stesso modo, ma con lance diverse,ser Ivano, ser Dodinas e ser Sagramore. Dopo di che, serTristano e i suoi compagni procedettero spediti fino a Lonazepsenza incontrare ulteriori avventure e lungo la riva delfiume videro che erano stati drizzati numerosi padiglioni eche fervevano i preparativi per il torneo. Ser Tristano lasciòallora il seguito agli alloggiamenti che erano stati predispostiper loro vicino alla sorgente e, preso il cavallo bianco di424ser Palamede, si recò con il solo ser Dinadan nel borgo persentire quali notizie vi fossero. Come furono dentro le mura,si fece udire il forte suono di un corno.« Che significa? » volle sapere ser Tristano.« Chiama a raccolta quanti si schiereranno contro re Artù »gli rispose un cavaliere. «Vi saranno i sovrani d‟Irlanda, diSuriuse, di Listenoise, del Northumberland, della parte piùestesa del Galles e quelli di molte altre contrade. »Poco dopo infatti questi re si riunivano per accordarsi sullacondotta da tenersi al torneo, e re d‟Irlanda si pronunciò perprimo.« Signori e compagni » disse « prendiamo buona cura dinoi stessi perché re Artù dispone di molti valorosi di cui sisente forte, altrimenti non scenderebbe in campo contro dinoi con una schiera tanto esigua. Ecco dunque il mio consiglio:ogni sovrano abbia uno stendardo e un segno di riconoscimento,sì che ognuno possa tenersi stretto al proprio signorenaturale e ciascun re o capitano sia in grado di soccorrerei propri uomini nel bisogno. »Come ser Tristano e i suoi compagni si presentarono altorneo, delle diverse giostre e di altri eventiSer Tristano, che aveva ascoltato le parole del re d‟Irlanda,decise di recarsi anche da re Artù per cercare di capire le sueintenzioni, ma ser Galvano e ser Galihodin erano giunti primadi lui e avevano già riferito come in quello stesso giornofossero stati abbattuti insieme a sei compagni da un cavalierecon l'armatura verde montato su un cavallo bianco. Allorare Artù, scorgendo su di lui quei segni di riconoscimento,chiamò ser Tristano e gli chiese chi fosse.« Sire, per questa volta dovrete scusarmi se non ve lo dirò »egli rispose allontanandosi.Ma il re non cessò di interrogarsi sul motivo per cui avevavoluto tener celata la sua identità. Così infine chiamò serGriflet e gli ordinò:« Andate a pregare quel cavaliere di venire a parlarmi inprivato. »Raggiunto prontamente ser Tristano, ser Griflet gli riferì larichiesta del re.425« Accetto perché sarà un colloquio riservato, ma a condizioneche non mi sia chiesto di rivelare chi sono » gli risposeser Tristano.« Farò in modo che non lo pretenda » gli assicurò l‟altro.Tuttavia, quando tornarono da Artù, questi chiese per primacosa a ser Tristano perché non volesse dire chi fosse.« Se ve lo nascondo è perché ne ho un buon motivo » silimitò a rispondere il cavaliere.« Ma a quale partito vi unirete? » lo interrogò ancoraArtù.« In fede mia, sire, lo saprò solo quando sarò sceso incampo; allora farò quel che il cuore mi suggerirà. »Ser Tristano tornò ai padiglioni, e l‟indomani mattina,armatosi di verde come i suoi tre compagni, si presentò sullapiana dove i giovani cavalieri avevano cominciato a giostrarecon grande prodezza. Ser Gareth lo pregò allora che gliconcedesse di spezzare una lancia, perché riteneva vergognosoconservarla intatta.Pur sorridendo della sua affermazione ser Tristano gli risposeche facesse pure del suo meglio. Così ser Gareth preseuna lancia e ser Selise, un buon combattente nipote del Redei Cento Cavalieri, rispose alla sfida. Si corsero incontro conveemenza e ciascuno abbatté l‟avversario, sì che finironoentrambi a terra feriti e contusi, e si rialzarono solo quandoil Re dei Cento Cavalieri da una parte, ser Tristano e serPalamede dall‟altra andarono a soccorrerli.Ser Gareth fu poi accompagnato alle tende, dove i compagnigli tolsero l‟elmo. Allora Isotta la Bella, vedendolo feritoal viso, gli chiese come si sentisse.« Signora, ho ricevuto un brutto colpo, che mi pare diavere restituito » fu la risposta del cavaliere. « Ma che Dio lirimeriti, nessuno dei miei amici mi è venuto in soccorso. »« A dire il vero non spettava a noi cavalieri provetti giostrarein questa giornata » osservò ser Palamede. « Ma quandol‟altro partito ha visto che vi offrivate di farlo, vi hamandato contro un avversario assai prode, che voi aveteaffrontato onorevolmente, sì che nessuno dei due ne è uscitosconfitto. E ora riposatevi in modo da essere in forze percombattere nuovamente domani. »« Se potrò montare a cavallo non vi verrò meno » lorassicurò ser Gareth.426Come ser Tristano e i suoi compagni giostrarono al torneo,e delle loro nobili prodezze« Con quale partito ci schiereremo domani? » chiese ser Tritanoai compagni.« Se volete il mio consiglio, contro quello di re Artù, perchévi saranno ser Lancillotto e molti prodi cavalieri del suosangue. Quanto più essi saranno valorosi, tanto più noi acquisteremomerito » fu la risposta di ser Palamede.« Avete parlato da cavaliere, e faremo come dite » affermòser Tristano.«Così sia nel nome di Dio» risposero tutti.Quando fu il giorno, presentatisi sul campo equipaggiati inverde compresi gli scudi e le lance, scortarono la reginaIsotta che procedeva velata e tre sue damigelle anch‟essevestite dello stesso colore, alla finestra di un convento da cuiavrebbero assistito al torneo; quindi andarono a schierarsi alfianco del re degli Scozzesi.Re Artù, che non li aveva lasciati con lo sguardo, interrogòallora ser Lancillotto per sapere chi fossero.« Non sono in grado di precisarvelo » gli rispose il cavaliere« ma se ser Tristano o ser Palamede si trovano in questacontrada, siate certo che sono loro e che la dama velata era laregina Isotta. »« Siniscalco » ordinò poi il sovrano « andate a leggere lescritte dei seggi e scoprite quanti cavalieri della Tavola Rotondasono assenti. »Ser Kay eseguì l'ordine e tornò a riferire che ne mancavanodieci: ser Tristano, ser Palamede, ser Percival il Gallese, serGareth, ser Gaheris, ser Epinogrus, ser Mordred, ser Dinadan,ser La Cotta Maltagliata e ser Pelleas.« Ebbene » fu il commento del sovrano « penso che qualcunodi loro sia qui oggi, schierato con il partito avverso. »Due cugini di ser Galvano, ser Edward e ser Sadok dellacontrada di Orkney, entrambi prodi cavalieri, si presentaronopoi ad Artù a richiedergli l‟onore di iniziare le giostre e,avendone ottenuto l‟assenso, il primo si- scontrò con il redegli Scozzesi e lo abbatté di sella, e l‟altro disarcionò il redel Galles del Nord, che cadde malamente al suolo. Dalpartito di Artù si levò allora un grande clamore, di cui moltosi indispettì ser Palamede, che si slanciò al galoppo controser Edward colpendolo con tale impeto che il cavallo dell‟av427versario non seppe reggere al cozzo e stramazzò a terra. Poi sivolse contro ser Sadok e lo disarcionò con la medesima lancia.« Chi è il cavaliere in verde che combatte con tanta maestria?» chiese Artù.« Di certo è un valoroso, e prima che lasci il campo lovedrete giostrare ancora meglio » commentò ser Galvano.« È il campione che due giorni or sono ha disarcionato me ealtri sette compagni della Tavola Rotonda. »Mentre stavano così ragionando, ser Tristano entrò in camposu un destriero nero, e non si fermò finché ebbe abbattutocon un‟unica lancia quattro prodi campioni di Orkney dellaparentela di ser Galvano. Ser Gareth e ser Dinadan disarcionaronoinvece un buon avversario ciascuno.« Ah, Gesù! » esclamò re Artù « quel cavaliere col cavallonero compie prodezze meravigliose! »« E non ha neppure cominciato » aggiunse ser Galvano.Intanto ser Tristano faceva rimontare in sella i due re cheerano stati disarcionati da ser Edward e da ser Sadok e poi sislanciava nella mischia con la spada snudata strappando elmie scudi e abbattendo molti cavalieri. Anche ser Palamedecombatteva a meraviglia, meritandosi la lode di tutti, e Artùparagonava Tristano sul cavallo nero a un fiero leone, Palamedesul cavallo bianco a un feroce leopardo, e Gareth e Dinadana lupi famelici.Come ser Lancillotto disarcionò ser Tristano, e comequesti abbatté a sua volta re ArtùL‟usanza a quel torneo era che i re non si soccorressero avicenda e che solo i campioni riuniti sotto un medesimostendardo si aiutassero l‟un l‟altro come potevano. Perciò,dopo che ser Tristano ebbe compiuto tante prodezze, quelli diOrkney cominciarono ad averne abbastanza e si ritiraronodentro Lonazep. Allora, tra le acclamazioni della folla, i nobiliaraldi porclamarono che il cavaliere verde sul cavallo neroaveva abbattuto di lancia e di spada trenta campioni diOrkney, e che altri venti erano stati vinti da quello sul cavallobianco. E poiché la maggior parte di quei cinquanta cavalieriapparteneva alla casa di re Artù, il sovrano se ne rammaricòcon ser Lancillotto.428« Che Dio mi assista! » disse. « È un grave affronto vederisconfittitanti dei nostri. Orsù preparatevi, perché voglioprendere la rivincita! »« Sire » gli rispose ser Lancillotto « non sarebbe una grandeprodezza assalirli ora che sono assai provati. »« Fosse pure così, andremo ad affrontarli! » esclamò Artù.« Prendemo con noi ser Bleoberis e ser Ector, così saremoquattro contro quattro. »« Ci troverete pronti » accondiscese infine ser Lancillotto.Quando furono tutti in arcioni, il sovrano chiese che ognunoscegliesse il proprio avversario.« Io mi scontrerò con il cavaliere sul cavallo nero » sipronunciò ser Lancillotto indicando ser Tristano « mio cuginoser Bleoberis si batterà con quello sul cavallo bianco »(che era ser Palamede) « e mio fratello ser Ector con quell‟altrosul cavallo dal mantello bruno » (che era ser Gareth).« Il mio sarà dunque il cavaliere verde sul cavallo grigio »disse Artù, scegliendo ser Dinadan.Avanzarono al trotto tutti insieme, poi ser Lancillotto sislanciò in avanti e colpì Tristano sullo scudo con tanta forzache lo rovesciò a terra insieme al cavallo; quindi, ritenendoch‟egli fosse ser Palamede, passò oltre. Con quest‟ultimo siera invece scontrato ser Bleoberis e lo aveva abbattuto insiemeal suo cavallo bianco; anche ser Ector e re Artù avevanoavuto la meglio sugli avversari.Un nuovo grido si levò perciò dalla folla ad annunciare lasconfitta dei cavalieri verdi. Allora il re del Galles del Nord,ricordando le grandi prodezze compiute da ser Tristano,chiamò a raccolta molti cavalieri per prestargli soccorso. Erainfatti regola e usanza che, qualora un cavaliere disarcionatonon potesse essere rimesso in sella dall‟aiuto dei compagni odalle sue stesse forze, dovesse rimanere prigioniero per tuttala giornata del partito che lo aveva abbattuto. Il re del Gallesdel Nord mosse dunque verso ser Tristano e gli porse ilproprio destriero dicendogli:« Nobile cavaliere, non so da quale contrada veniate, maper la vostra prodezza prendete il mio cavallo: siete piùdegno di me di montarlo. »« Grazie! Farò in modo di contraccambiarvi: non allontanateviperché conquisterò per voi un‟altra cavalcatura» glirispose ser Tristano balzando in arcioni.429E senz‟altro indugio si volse contro re Artù e gli calòsull‟elmo un tale fendente che il sovrano non riuscì a restarein sella. Il re del Galles del Nord ebbe così il suo destriero, ela mischia si accese intorno ad Artù, poiché ser Palamedenon intendeva permettere che il sovrano fosse rimesso insella, e colpiva con valore a destra, a manca e all‟intorno.Ser Tristano forzava invece la calca e, abbattendo quantiincontrava e facendo cadere molti elmi, si dirigeva verso ipadiglioni. Intanto ser Palamede era stato disarcionato, eTristano dovette tornare sul campo per prestargli soccorso,avendo però prima cambiato cavallo e indossato un‟armaturadi colore rosso per non essere riconosciuto.Quali gesta compì ser Tristano con l'armatura di colorerosso, e come ser Palamede uccise il cavallo di ser LancillottoSer Tristano riprese quindi a combattere, e poiché con unasola lancia lunga e robusta abbatté cinque cavalieri, serLancillotto lo riconobbe per certo e lasciò la mischia rammaricandosidi averlo disarcionato.Ser Tristano, che si era intanto portato in mezzo alla calca,rimetteva in sella di bella forza ser Palamede, e quindiser Gareth e ser Dinadan, che ripresero subito a battersi conmaestria. Tuttavia, a causa dell'armatura rossa che indossava,essi non sapevano chi fosse stato il soccorritore che oracombatteva al loro fianco.Tristano era stato però ravvisato da Isotta la Bella, chedopo essere stata tanto in pena per lui non sapendo cosa glifosse accaduto, rideva ora con viso lieto. Se ne avvide e sene rallegrò ser Palamede, levando lo sguardo alla sua finestra,e accesosi d‟amore per lei cominciò ad abbattere dilancia o di spada quanti incontrava, sembrandogli che inquel momento avrebbe potuto affrontare e vincere persinoser Tristano e ser Lancillotto insieme. Infatti, come dice illibro francese, egli desiderava provarsi miglior cavaliere diser Tristano agli occhi della regina. L‟amore per Isotta gliraddoppiò le forze ed egli si batté come un leone, sì chenessuno poteva resistergli. E ser Tristano, che aveva notatoquanto si dava da fare, disse a ser Dinadan:430«Che Dio mi assista! Non lo vidi mai compiere similiprodezze, né udii raccontare che potesse far tanto in una solavolta. »« È la sua giornata! » commentò ser Dinadan che nonvoleva dirgli altro.Ma intanto pensava:"Se Tristano sapesse per amore di chi si impegna a talmodo, gli smorzerebbe di certo la baldanza. Del suo successoser Palamede può solo ringraziare la regina Isotta; e se ellanon fosse presente, oggi non si guadagnerebbe il premio."Era intanto tornato in campo ser Lancillotto, richiamatodal clamore e dalle pubbliche lodi tributate a ser Palamede.Si diresse perciò verso di lui con una lancia lunga e assairobusta, pensando di scavalcarlo, ma ser Palamede che l‟avevascorto sopraggiungere al gran galoppo, si volse altrettantorapidamente con la spada levata e prima che l‟altro potessecolpirlo gli assestò un traversone e gli spezzò la lancia in due.Quindi gli diede addosso e, volendo la meglio a ogni costo,calò la lama sul collo del suo destriero che stramazzò a terra.« Guardate come ha abbattuto il cavallo di ser Lancillotto» gridò allora la folla.Anche molti cavalieri se ne dichiararono indignati: trattandosidi un torneo e non di una battaglia in campo apertodove si lottava per la vita, non era onorevole uccideretevolontariamente il cavallo dell‟avversario.Cosa ser Lancillotto disse a ser Palamede, come il premiodella giornata fu assegnato a quest'ultimo, e come serDinadan provocò serTristano affinché si battesse al meglioPer vendicare l‟affronto fatto al fratello, ser Ector di Marisafferrò una lancia e si scagliò con grande furore contro serPalamede, che fu sbalzato a terra. Subito dopo, però, serEctor veniva disarcionato a sua volta da ser Tristano, mentreser Lancillotto muoveva minaccioso con la spada snudata elo scudo appeso alla spalla verso ser Palamede.« Ho ricevuto da te l‟onta più grave che abbia mai subitoda un cavaliere d‟onore in giostra o torneo » gli disse. « Staidunque in guardia perché mi vendicherò. »« Perdonatemi, nobile cavaliere! » esclamò ser Palamede.431« Non ho né la forza né il potere di tenervi testa, e oggi ho giàcombattuto come non feci mai, né penso che farò in tutta lamia vita. Risparmiatemi, e vi prometto che sarò vostro cavalierefinché vivrò: se mi togliete ora il premio, mi privatedell‟onore più grande che abbia mai meritato! »« A dire il vero vi siete battuto da prode e so anche per chilo avete fatto » osservò ser Lancillotto. « L‟amore è un potentepadrone e sappiate che se la mia dama fosse qui, non miportereste via il premio. Badate però che il vostro sentimentonon sia scoperto da ser Tristano, perché avreste a pentirvene.Comunque, poiché la mia contesa non è oggi su questo campoe in considerazione del grande travaglio che avete affrontato,non tornerebbe a mio merito togliervi l‟onore dellagiornata. »Ser Lancillotto permise così che ser Palamede si allontanasse,quindi si adoprò per riconquistare un cavallo ed, essendoviriuscito a dispetto di venti avversari e in virtù dellasua straordinaria possanza, compì imprese meravigliose scavalcandocon un‟unica lancia ser Dinadan e i sovrani diScozia, del Galles, del Northumberland e del Listenoise, eabbattendo poi con quelli della sua schiera non meno diquaranta cavalieri. Si fecero allora innanzi i sovrani d‟Irlandae delle Marche Strette e nella fiera mischia che seguìcaddero numerosi cavalieri di entrambi i partiti, tanto che reArtù decise di fare scendere in lizza altri compagni dellaTavola Rotonda.Gli scontri si spostavano ora da una parte ora dall‟altra delcampo, ma ser Lancillotto e ser Tristano evitavano di trovarsifronte a fronte, e anche ser Palamede, pur mantenendosisempre in prima linea, non voleva avere a che fare con serLancillotto. Infine re Artù fece suonare il segnale di ritornoagli alloggi, e poiché ser Palamede era stato il primo a iniziareil combattimento, non aveva mai lasciato il campo perriposare ed aveva resistito ottimamente e più a lungo sia apiedi sia a cavallo, per unanime giudizio di Artù e di tutti icavalieri gli furono riconosciuti il premio e la supremaziadella giornata.Ser Tristano diede poi ordine a ser Dinadan di condurre laregina Isotta ai padiglioni presso la sorgente. Anche gli altricavalieri rientravano intanto agli alloggi ragionando deglieventi della giornata.432« Sire » diceva ser Lancillotto ad Artù « se il cavaliere verdeè ser Palamede è giusto che abbia meritato il premio, anche sepenso che in campo vi fosse un campione migliore di lui: ciscommetto la testa che saprà dimostrarlo prima della fine deltorneo.»Ser Dinadan non riservò però lodi a ser Tristano.« Che diavolo vi è capitato oggi? » lo canzonò. « Le forze diser Palamede non si sono mai indebolite, anzi si sono raddoppiate,mentre voi sembravate trasognato. Perciò vi do delcodardo! »« Ser Dinadan, in vita mia non sono mai stato chiamato vileda nessun cavaliere, né mi considero tale per essere statoscavalcato da ser Lancillotto che è superiore a ogni altro »replicò ser Tristano risentito.Ma ser Dinadan aveva usato quel linguaggio proprio perpungere e destare il suo orgoglio: sapeva che se egli fossemontato in collera, ser Palamede non avrebbe avuto la meglioanche l‟indomani.Come re Artù e ser Lancillotto andarono a trovare Isotta laBella, e come Palamede abbatté il sovranoIl mattino successivo ser Tristano, ser Palamede, ser Gareth ela regina Isotta si apparecchiarono nuovamente in verde e simisero in cammino per il torneo, lasciando ser Dinadan a lettoaddormentato.Ora accadde che il loro corteo fosse scorto da re Artù e da serLancillotto che stavano a una finestra.« Sire » disse ser Lancillotto « ecco laggiù la dama più belladel mondo, seconda sola alla vostra, la regina Ginevra. »« Chi è? » chiese il sovrano.E, saputo che si trattava di Isotta, ordinò al suo cavaliere diequipaggiarsi come meglio conveniva perché voleva andare avedere di persona la bella regina di Cornovaglia. Così siarmarono di tutto punto ed entrarono nella foresta.« Sire, non è consigliabile avvicinarsi troppo » suggerì serLancillotto. « Non siate precipitoso, perché a qualcuno potrebbeessere sgradito. »« Voglio vedere la regina e poco mi importa a chi dispiacerà» replicò il sovrano.433« Sire, ponete la vostra persona a grave rischio » la ammonìancora Lancillotto.« Correremo l‟avventura » fu la definitiva risposa di Artù,che spronò verso Isotta rivolgendole il saluto nel nome diDio.« Signore, siate il benvenuto » ella gli rispose.Artù fissò lo sguardo su di lei e la trovò straordinariamentebella, ma ser Palamede si interpose bruscamente e gli disse:« Che siete venuto a cercare? È davvero scortese presentarsiall'improvviso a una dama. Ritiratevi! »E poiché il sovrano non si curava delle sue parole e nondistoglieva gli occhi dalla regina, gli si scagliò contro ingrande furore e lo rovesciò a terra di lancia. Alla vista dell‟affrontorecato al proprio signore, ser Lancillotto si disse;"Non vorrei battermi con questo cavaliere per riguardo aser Tristano. Sono infatti certo che se lo vincerò dovrò poimisurarmi con lui, e sarebbe troppo persino per me affrontaredue cavalieri tanto valorosi. Tuttavia, ne andasse puredella vita, devo vendicare il mio signore Artù!"Ingiunse perciò a ser Palamede di prendere campo, e siscontrò con lui al gran galoppo, colpendolo di forza con lalancia e sbalzandolo di sella. Allora ser Tristano gli gridò lapropria sfida.« Non vi temo, ma non vorrei battermi con voi di miascelta » fu la risposta di Lancillotto. « Il mio signore e amicoè stato disarcionato in modo sconsiderato e non certo leale,perciò non me ne volete se l‟ho vendicato. »Dal portamento e dalle parole cavalleresche, ser Tristanoravvisò ser Lancillotto del Lago e dedusse pertanto che reArtù fosse il cavaliere abbattuto da ser Palamede. Perciòdistolse la lancia e aiutò il compagno a rimontare in sella,mentre ser Lancillotto faceva altrettanto con il sovrano.« Che Dio mi aiuti ! » disse poi a ser Palamede « non vi sietecomportato onorevolmente attaccando senza preavviso, e ciòtorna a vostra onta, perché erano venuti per cortesia e soloper vedere una bella dama come è pur lecito fare aogni cavaliere. Inoltre, non toccava a voi ergervi a difensoredella mia dama. Ne ricaverete grave inimicizia: colui cheavete abbattuto è re Artù e l'altro è ser Lancillotto delLago. »« Non crederò mai che un sovrano così nobile e potente se434ne vada cavalcando senza seguito come un povero cavaliereerrante » replicò ser Palamede.« Ah, voi non conoscete re Artù! » esclamò ser Tristano.« Tutti i cavalieri dovrebbero trarre esempio da lui, e voipotreste pentirvi amaramente della vostra scortesia. »« Cosa fatta non può essere mutata » osservò ser Palamede.Allora ser Tristano fece scortare la regina al convento perchéassistesse al torneo.Come al secondo giorno del torneo ser Palamede abbandonòser Tristano per il partito avversoAl suono del corno, i cavalieri chiesero a gran voce che legiostre si iniziassero come nel giorno precedente. Così, propriocome era accaduto il giorno innanzi con ser Edward eser Sadok, gli scontri furono aperti dai due cavalieri: serIvano, figlio di re Uriens, e ser Lucano il Maggiordomo, chesfidarono rispettivamente il re di Scozia e il re del Galles; mamentre ser Ivano ebbe la meglio sull‟avversario, ser Lucano eil re del Galles cozzarono con tale impeto che mandarono infrantumi le lance e si rovesciarono l‟un l‟altro a terra insiemeai cavalli. Ser Lucano fu poi rimesso in sella da quelli diOrkney, e nuovamente disarcionato da ser Tristano, che subitodopo rese lo stesso servizio a ser Ivano. Anche ser Palamedee ser Gareth vinsero due avversari ciascuno.Scese allora in campo il figlio del duca di Orkney e compìgrandi prodezze al fianco dei suoi cavalieri. Fu allora che serTristano chiese a ser Palamede se si sentisse in grado dibattersi come il primo giorno.« No, sono spossato e contuso, e non potrei resistere comeieri. Non fate quindi assegnamento su di me. »Così si pronunciava ser Palamede, il cui solo intento eraperò quello di ingannare ser Tristano, che si rivolse pertantoa ser Gareth.« Allora conterò su di voi » gli disse. « Statemi vicino esoccorretemi nel bisogno. »« Non vi verrò meno e farò quanto potrò » fu la prontarisposta del leale cavaliere.Intanto ser Palamede se ne era andato per proprio conto e,per dispetto verso il rivale, si era portato nel mezzo della435calca del partito di Orkney dove compiva stupefacentiprodezze, sì che non v‟era alcuno che potesse resistere ai suoicolpi. Ser Tristano disse allora tra sé:"E stanco, ma solo della mia compagnia!"E lo osservò a lungo, rimanendo quasi del tutto inattivo,chiedendosi donde gli venisse quella forza.« Vi siete già scordato quanto vi disse ieri ser Dinadan? »proruppe infine ser Gareth. « Se vi chiamò vile, non fu permalvolere verso di voi che siete l‟uomo che ama di più almondo, ma perché non dimentichiate il vostro onore. Dimostratedunque oggi quel che valete e non state tanto a pensarea ser Palamede, che fa di tutto per vincere e per togliervi ognimerito. »« Posso ben crederlo. E poiché ora ne conosco il malanimoe l‟invidia, vedrete che gli farò perdere ben presto il plausoche lo circonda. »Senza frapporre indugio, si slanciò quindi nel cuore dellamischia e si adoprò da valoroso, tanto che tutti affermaronoche compiva il doppio delle prodezze di ser Palamede. Leacclamazioni si distolsero perciò da quest‟ultimo e si volseroverso ser Tristano.« Ah, Gesù » gridavano gli astanti « guardate come lavoradi lancia e di spada e a quanti cavalieri strappa elmo escudo! »« Ebbene, mio signore Artù » commentò ser Lancillottodopo che ser Tristano ebbe abbattuti tutti i campioni diOrkney « non vi avevo forse detto che oggi un cavaliereavrebbe fatto la propria parte a meraviglia? »« Dio mi assista, è proprio vero: supera ser Palamede ed è ilmigliore che abbia veduto! » esclamò il sovrano.« E giusto che sia così, perché non è altri che il nobilecavaliere ser Tristano » gli svelò allora ser Lancillotto.Accortosi infine che le grida di plauso non erano più direttea lui, ser Palamede si trasse da parte a osservare ser Tristanoche compiva grandi gesta d‟armi, e pianse per il dispetto,perché sapeva che se il rivale avesse dispiegato tutta la suaforza e virilità, per lui sarebbe rimasta ben poca gloria.436Come ser Tristano abbandonò il campo per andare asvegliare ser Dinadan, e come cambiò in nero il propriocorredoScesero poi in lizza re Artù, il re del Galles del Nord e serLancillotto del Lago che, accompagnato da ser Bleoberis, serBors di Ganis e ser Ector di Maris, compì imprese straordinarie,sì che le acclamazioni dalla sua parte, in particolar modoallorché fece ripiegare il re del Galles del Nord e il re degliScozzesi fino a costringerli a lasciare il campo. Tuttavia serTristano e ser Gareth non cedevano terreno e sostenevanoben fermi gli attacchi che venivano da ogni parte, salvo cheda quella di ser Lancillotto e dei tre cavalieri suoi consanguineiche evitavano di battersi con loro.« Chi è il cavaliere che resiste con tanto valore: è forse serPalamede? » chiese re Artù indicando ser Tristano.« No, sire, il Saraceno è quello laggiù che se ne sta fermo aosservare gli scontri come fosse trasognato » gli rispose serLancillotto. « Colui che voi intendete è ser Tristano di Liones,e state certo che ser Palamede è molto afflitto delle sueprodezze!»Mentre il re e ser Lancillotto ragionavano così tra loro, serTristano uscì di nascosto dalla calca e si diresse ai padiglioni,dove trovò ser Dinadan ancora a letto addormentato.« Svegliatevi! » gli intimò. « Dovreste vergognarvi di dormirementre i cavalieri si danno da fare sul campo. »« Cosa volete che faccia? » gli chiese ser Dinadan alzandosiprontamente.« Che veniate a combattere con me. »Ser Dinadan si armò, ma poi notò che l‟elmo e lo scudo delcompagno portavano i segni dei numerosi colpi ricevuti.« Ho dormito alla buon‟ora! » esclamò. « Le ammaccaturedelle vostre armi mi fanno pensare che se stamani vi avessiseguito sarei stato battuto ben bene come lo fui ieri, a dispettodi tutta la mia valentia! »« Smettetela di cianciare e muovetevi » gli ordinò ser Tristanoche intanto aveva indossato un‟armatura di colorenero per non farsi riconoscere.« Che vi succede, si è forse destato il vostro coraggio? Misembrate più ardente di quanto eravate ieri! » lo motteggiòser Dinadan.437« Statemi dappresso » gli rispose ser Tristano sorridendo.« Con la grazia di Dio, vedrò di sgomberarvi la via! »Così montarono in sella e si diressero verso il luogo deltorneo.Come ser Palamede mutò scudo e armatura perché volevaferire ser Tristano, cosa ser Lancillotto fece a quest'ultimoL‟andare e venire di ser Tristano e la sua nuova armaturafurono spiati solo dalla regina Isotta e da ser Palamede che vivide l‟occasione per nuocere al rivale; così andò da un cavaliereche sedeva ferito presso una fonte discosta dal campo egli disse:« Prestatemi scudo e armatura. I miei sono troppo noti emi hanno recato grave danno, ma sono saldi e resistentiquanto i vostri, e ve li do in cambio. »« Acconsento volentieri se potranno servirvi in qualchemodo » gli rispose il cavaliere.Allora ser Palamede si apparecchiò in tutta fretta con ilnuovo corredo che risplendeva come argento o cristallo, edentrò in lizza senza essere riconosciuto né da ser Tristano néda alcun altro del partito di re Artù, proprio mentre il rivaledisarcionava tre avversari. Perciò mosse verso di lui, e nelloscontro infransero le lance e poi si diedero fieramente addossocon le spade. Ser Tristano montò allora in gran collerae si chiese chi fosse l‟avversario che lo impegnava con tantaforza e maestria da fargli temere che dopo di lui non avrebbepotuto affrontare gli altri cavalieri. Ma Isotta la Bella, cheaveva seguito gli eventi dalla finestra del convento, sapevabene che si trattava di ser Palamede e pianse accoratamenteper il dispetto fin quasi a perdere i sensi.Intanto sopraggiungeva ser Lancillotto con la sua schiera,mentre dal partito avverso si levava il grido:« Ritiratevi! Ritiratevi! »« Dovete combattere con il campione dall‟armatura nerache ha quasi sopraffatto il suo prode avversario dallo scudod‟argento! » gli suggerì un cavaliere indicandogli ser Tristano.Ser Lancillotto andò così a porsi tra i due contendenti edisse a ser Palamede:438« Lasciate a me la battaglia; voi avete bisogno di riposo! »Ser Palamede ne fu oltremodo lieto, poiché lo aveva riconosciuto,come aveva fatto anche ser Tristano, e sapeva beneche era un cavaliere molto più forte di lui: sperava perciò chebattesse ser Tristano o che quanto meno gli facesse fare unafigura ignominiosa. Infatti ser Lancillotto, che invece nonaveva ravvisato il cavaliere con cui si batteva, assestò aTristano colpi durissimi, tanto che la regina Isotta fu sulpunto di perdere il senno per il dolore.I due campioni combattevano ormai da tempo, quando serDinadan rivelò a ser Gareth chi era il cavaliere dalle arminere.« Oggi ha già sopportato troppo travaglio e ser Lancillottoavrà certamente la meglio » aggiunse. « Inoltre quel cavalieresconosciuto dallo scudo d‟argento attende solo il momentoper scagliarsi nuovamente contro di lui. »« Preferisco abbattere ser Lancillotto piuttosto che vederesconfitto il nostro signore ser Tristano » gridò allora ser Garethslanciandosi all‟attacco e calando un durissimo fendentesull‟elmo del Cavaliere del Lago.Mentre questi era ancora intontito dal colpo, sopraggiunsepoi ser Dinadan con la lancia protesa e lo rovesciò a terrainsieme al cavallo.« Ah, Gesù, vergognatevi! » gridò ser Tristano. « Perchéavete abbattuto quel prode cavaliere? Avete recato onta a voistesso e non già a lui: anche se non accorrevate in mio aiuto,io lo tenevo sufficientemente impegnato! »Sopraggiunse allora ser Palamede, che disarcionò ser Dinadansu cui poi si avventò fieramente ser Lancillotto che volevavendicare la propria caduta. Ser Dinadan si difendeva davoloroso, ma ser Tristano, sapendo che non avrebbe resistito alungo, decise di andare al suo soccorso e si affrettò perciò asbarazzarsi di ser Palamede che lo aveva nuovamente attaccato:gli calò un fortissimo fendente, lo afferrò per il collo e lotirò giù tra le zampe del cavallo, finendo però a terra insieme alui. Infine si rimise agilmente in piedi e si interpose tra serDinadan e ser Lancillotto brandendo la spada contro quest‟ultimo.Ma ser Dinadan corse a prendergli il destriero e gridò inmodo da essere inteso dai due contendenti:« Signore mio ser Tristano: eccovi il cavallo! »« Ahimè, che ho fatto! » esclamò ser Lancillotto quando439intese pronunciare quel nome. « Perché mai non vi siete fattoriconoscere, ser Tristano, mettendo così a repentaglio la vostravita? Perdonatemi: se vi avessi ravvisato non avrei certoingaggiato questa battaglia! »« Signore, non è la prima volta che mi mostrate cortesia »osservò ser Tristano.Così cessò la contesa e i cavalieri rimontarono in sella.Allora la gente di un partito si pronunziò a favore di serTristano e quella del partito avverso a favore di ser Lancillotto.« Non merito io il premio e mi appellerò a tutti i presenti »protestò quest‟ultimo. « Ser Tristano è rimasto sul campo piùa lungo di me e ha abbattuto un maggior numero di cavalieri.Perciò il mio favore e la mia scelta sono per lui, e prego i mieisignori e compagni di fare altrettanto. »E fu così che il voto unanime di re, conti, duchi, baroni ecavalieri andò a ser Tristano di Liones.Come ser Tristano partì insieme a Isotta la Bella, e comeser Palamede li seguì per scusarsiQuando venne dato il segnale del ritorno agli alloggi, serTristano, ser Gareth e ser Dinadan andarono a prendere laregina Isotta per scortarla ai padiglioni, e ser Palamede, cheportava ancora l‟armatura e lo scudo d‟argento, si unì a loro.« Non abbiamo bisogno di voi e vi prego di lasciarci » glidisse però Tristano.« Non me ne andrò » gli rispose l‟altro, fingendo di nonaverlo riconosciuto. « Uno dei migliori cavalieri del mondo miha comandato di restare con questa compagnia, e io non me neseparerò fintanto che egli stesso non me ne avrà esonerato. »« Ah, messere » esclamò allora ser Tristano che lo avevaravvisato dalla voce « sareste forse voi il prode cavaliere di cuiparlate? Se è così, avete goduto di una fama immeritata, ecerto oggi non mi avete mostrata cortesia quando per pococausaste la mia rovina. Comunque, se foste stato da solo e seser Lancillotto non fosse stato troppo generoso con voi, ritengoche me la sarei cavata piuttosto bene! »« Ahimè, siete dunque il mio signore ser Tristano? » chieseser Palamede.440« Sì, e voi lo sapete bene. »« Sul mio onore di cavaliere, lo apprendo ora. Credevo chefoste il re d‟Irlanda, dal momento che portate le sue insegne.»« E vero, e continuerò a servirmene poiché le ho conquistatecon valore sul campo contro il nobilissimo ser Moroldo,parente del re. »« Pensavo inoltre che foste passato nel partito di ser Lancillotto.Per questo solo motivo mi sono schierato anch‟io daquella parte. »« Vi credo, e vi prendo con me col mio perdono » concluseser Tristano.Procedettero insieme fino ai padiglioni e lasciarono icavalli e le armature; quindi si lavarono faccia e mani esedettero a desinare. Ma la regina Isotta che, contrariamentea ser Tristano e agli altri compagni, aveva seguito l‟ingannodi ser Palamede dall‟inizio alla fine, mutò colore enon riuscì a parlare per lo sdegno. Allora ser Tristano, chela osservava, le chiese:« Signora, perché ci mostrate un volto aggrondato dopoche abbiamo duramente combattuto? »« Mio signore, per l‟amore di Dio, non me ne volete » glirispose la regina. « Non posso fare altrimenti perché so chesiete stato portato quasi alla morte con l‟inganno. Comeposso dunque tollerare la presenza di quel traditore di serPalamede? Ho visto con i miei stessi occhi che vi spiavaquando lasciaste la mischia e che è rimasto ad attendervifinché non siete tornato con la nuova armatura. E l‟ho purevisto avvicinarsi a un cavaliere ferito, cambiare il corredo dibattaglia con il suo e subito dopo rientrare in campo e attaccarvi.Tuttavia egli non rappresentò mai un grave pericolo, eio temetti per voi solo quando vi assalì ser Lancillotto chenon vi aveva riconosciuto! »« Signora, potete dire quel che volete e non vi contraddirò» ribattè ser Palamede « ma sul mio onore di cavaliere,in quel momento io non ravvisai ser Tristano. »« Ser Palamede, accetterò la vostra scusa » intervenne alloraquest‟ultimo « ma so bene che oggi mi avete risparmiatoben poco. Per parte mia è comunque tutto perdonato. »Allora Isotta la Bella chinò il capo e non volle più dire unasola parola.441Come re Artù e ser Lancillotto andarono nel padiglionedi ser Tristano nel momento del desinare, e di ser PalamedeMentre sedevano a mensa, giunsero due cavalieri che smontaronoda cavallo ed entrarono poi nel padiglione armati ditutto punto.« Perché vi presentate in armi mentre stiamo desinando?» li rimproverò ser Tristano. « Se volevate qualcosa, potevateavere soddisfazione mentre eravamo sul campo. »« Non veniamo con animo ostile, ma in amicizia » gli risposeuno dei cavalieri. « Io con il solo intento di vedere voi,ser Tristano, e il mio compagno la regina Isotta. »« Vi chiedo allora di togliervi gli elmi. »« Faremo come desiderate » dissero i cavalieri scoprendosiil viso. Allora ser Tristano si rivolse alla regina:« Signora, vi prego di alzarvi perché questo è il mio signorere Artù! »Il sovrano e la regina si baciarono, mentre ser Lancillottoe ser Tristano si stringevano in un abbraccio, lieti più diquanto si possa dire. Poi, per preghiera di Isotta, ser Lancillottoe Artù si tolsero le armature, dando così inizio agliameni conversari.« Signora, desideravo parlarvi di persona da molti giornipoiché ognuno cantava le vostre lodi » disse Artù alla regina.« Ora oso dire che siete la dama più bella che abbia maivisto, e che ser Tristano è un cavaliere prode e prestantequant‟altri mai. Mi sembra perciò che siate fatti l‟uno perl‟altra! »« Iddio ricompensi la vostra generosità e cortesia che nontrovano pari in alcun altro sovrano! » fu l‟augurio di serTristano e di dama Isotta.Poi parlarono ancora di molte cose e di tutte le giostre acui erano stati.« Ma per quale ragione, ser Tristano, vi siete messo controdi noi? » chiese infine re Artù. « Siete della Tavola Rotondae avreste dovuto appartenere al nostro partito. »« Ser Dinadan e vostro nipote ser Gareth mi hanno indottoa schierarmi contro di voi » gli rispose Tristano.« Mio signore Artù, posso benissimo prendermi il biasimo,ma la decisione è stata sua » protestò ser Gareth.442« E io mi pento che ci abbia portati a questo sciaguratotorneo, dove ci ha fatto prendere fin troppi colpi » aggiunseser Dinadan.Allora ser Lancillotto e re Artù risero tanto che non potevanostare seduti. Infine il sovrano chiese ancora:« Chi era il cavaliere dallo scudo d‟argento che vi ha messoalle strette? »« Sire, siede a questa stessa tavola. »« Come, era dunque ser Palamede! » esclamò Artù.« Sì, sappiate che era proprio lui » intervenne Isotta laBella.« Che Dio mi assista, non è stata un‟azione da cavaliere peruno che ha fama di valentia e di nobiltà » commentò il re.« Sire, non riconobbi ser Tristano a causa della nuovaarmatura » si scusò il Saraceno.« Può ben essere così, perché anch‟io non lo ravvisai »confermò ser Lancillotto.« Da parte mia l‟ho perdonato e mi spiacerebbe perdere lasua compagnia, che mi è molto cara » concluse ser Tristano.Lasciarono allora quell‟argomento e ragionarono di altrecose fino a sera, quando re Artù e ser Lancillotto rientraronoagli alloggi.Quella notte ser Palamede stentò a prendere sonno per lagrande invidia che gli rodeva il cuore e versò molte lacrimeamare, tanto che quando di primo mattino ser Tristano, serGareth e ser Dinadan entrarono nel suo padiglione, lo trovaronoprofondamente addormentato ma con i segni del lungopianto sulle guance.« Non dite nulla » disse ser Tristano ai compagni « sonocerto che è addolorato per il rimprovero mossogli da me edalla regina Isotta. »Come ser Tristano e ser Palamede si portarono il giornoseguente, e come re Artù fu disarcionatoSer Tristano fece infine destare ser Palamede e gli ordinò diprepararsi perché era tempo di recarsi al torneo. Quel giornosi armarono e si vestirono di rosso, e così fece anche Isottache fu nuovamente scortata al convento. Sul campo eranointanto risuonati i tre squilli che davano inizio alle giostre.443I primi a farsi avanti furono ser Palamede e ser Kainus ilForestiero che nel cozzo lasciò vuota la sella. Subito dopo serPalamede disarcionava un secondo cavaliere e, avendo spezzatal‟asta, snudava la spada e continuava a combattereottimamente tra il crescente plauso degli astanti.« Ser Palamede ha cominciato a giocare appieno la partita!» osservò re Artù.Ser Tristano irruppe allora come un fulmine, disarcionòser Kay il Siniscalco e altri tre avversari, quindi combattè ameraviglia con la spada, sì che le acclamazioni si volseroverso di lui.« Tristano! Tristano! » gridava ora la folla, dimenticandodel tutto ser Palamede.Anche ser Gareth e ser Dinadan compivano molte gesta,così come i re e i cavalieri del partito di ser Tristano, che sitenevano sempre insieme meritandosi le lodi di Artù. Il sovranodecise infine di prendere le armi e di buttarsi nellamischia insieme a ser Lancillotto; e fu così che ser Tristano lodisarcionò senza riconoscerlo, e che ser Lancillotto, cheavrebbe voluto soccorrerlo, fu assalito da tanti cavalieri chefu gettato anch‟egli di sella. Allora il re d'Irlanda e il re degliScozzesi si diedero da fare con i loro compagni per farliprigionieri, ma ser Lancillotto si batteva come un leone affamatoe nessuno osava avvicinarglisi.Ser Ector di Maris mandava intanto in frantumi la lanciacontro ser Palamede, lo attaccava poi duramente con la spadafino a farlo piegare sugli arcioni e lo strappava infine disella per porgere il suo cavallo a ser Lancillotto. Ma il Saracenoriuscì a intromettersi per primo e, afferrato il destrieroper la briglia, balzò in arcioni.«Che Dio mi aiuti! » esclamò ser Lancillotto. «Siete piùdegno di me di averlo. »Ser Ector dovette così portargli un altro cavallo. Ser Lancillottoringraziò allora il fratello e, come fu rimontato insella, abbatté con una sola lancia quattro cavalieri, scegliendopoi il migliore dei loro destrieri per re Artù; quindi compìimprese prodigiose insieme al sovrano e a un pugno di suoicompagni e abbatté di sua mano trenta avversari. Quelli delpartito avverso si tennero tuttavia così strettamente unitiche re Artù e i suoi cavalieri finirono per essere sopraffatti.444Come ser Tristano passò dalla parte di re Artù, e come serPalamede si rifiutò di seguirlo« Voglio schierarmi con l'altro partito, perché sarebbe vergognosoche dei cavalieri della Tavola Rotonda permettesseroche il loro sovrano Artù e un nobile cavaliere come serLancillotto fossero disonorati » disse ser Tristano ai compagni.« Siamo d‟accordo » assentirono ser Gareth e ser Dinadan.« Voi fate pure del vostro meglio » protestò invece ser Palamede« ma io non cambierò il partito con cui sono venuto. »« Lo fate per dispetto a me » osservò ser Tristano. « Comunque,che Dio vi conceda buona fortuna! »Ser Palamede si separò da loro, e ser Tristano, ser Gareth eser Dinadan si unirono a ser Lancillotto, che abbatté il red‟Irlanda, il re degli Scozzesi e il re del Galles. Re Artù sislanciò invece contro ser Palamede e lo disarcionò, mentreser Tristano sbalzava di sella quanti volevano contrastarlo.Anche ser Gareth e ser Dinadan si comportarono da valorosi,sì che tutti gli avversari si diedero alla fuga.« Ahimè, perché mai dovevo vedere questa giornata! » silamentava ser Palamede. « Ora ho perso gli onori che mi eromeritati. »Come il giorno innanzi, molti avrebbero voluto che il premioandasse a ser Lancillotto, altri a ser Lancillotto, altri aser Tristano, che rifiutò dicendo:« Bei signori, vi ringrazio per l'onore che vorreste riservarmi,ma vi prego di cuore di dare il vostro voto a ser Lancillotto,così come faccio io. »E poiché anche quest‟ultimo non volle accettarlo, alla fineil premio fu assegnato a entrambi. I cavalieri tornarono poiagli alloggiamenti, e ser Bleoberis e ser Ector si unirono a serTristano e alla regina Isotta. Ser Palamede aveva invece giàlasciato il campo e si era fermato presso una fonte, doveaveva lasciato cavallo e armatura e aveva cominciato a piangeree a lamentarsi come fosse fuor di senno. Per sua buonasorte accadde però che i sovrani del Galles e della Scoziapassassero di là nella loro fuga e avessero pietà del suomiserevole stato. Andarono perciò a riprendergli il cavallo,lo aiutarono a indossare l‟armatura e lo condussero con loro.Tuttavia ser Palamede continuava a dolersi e a lamentarsi e,445quando furono in prossimità delle tende di ser Tristano,pregò i due sovrani di attenderlo perché voleva parlare conquest'ultimo.« Uscite, ser Tristano di Liones » gridò come fu giuntoinnanzi al suo padiglione.« Come, ser Palamede, non volete entrare e unirvi a noi? »chiese Tristano.« Onta a voi, traditore! » rispose ser Palamede. « Sappiateche se fosse ancora giorno vi ucciderei con le mie mani. Ma semai potrò prendervi, pagherete con la vita quanto avetefatto. »« Mi accusate a torto, perché se mi aveste seguito vi sarestefatto onore » replicò l‟altro. « Ma poiché mi rivolgete unaminaccia di morte, d‟ora innanzi mi guarderò da voi! »« Vergognatevi, traditore! » ripetè ser Palamede, allontanandosi.Il mattino seguente Artù e i suoi cavalieri tornarono aCamelot. Anche ser Tristano si mise in viaggio con i compagni,e parte per vie d‟acqua parte per via di terra, ricondussela regina Isotta alla Gioiosa Guardia, dove i cavalieri siconcessero una settimana di riposo. Trascorso il settimogiorno, ser Bleoberis e ser Ector presero infine congedo e, coni ricchi doni ricevuti da Tristano e da Isotta, raggiunsero uncastello sulla riva del mare, dove riferirono gli eventi deltorneo alla regina Ginevra, guarita intanto dalla malattiache le aveva impedito di essere presente a Lonazep. 

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