16- Un ringhio

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Questa primavera sembrava non arrivare mai, ogni giorno ci svegliavamo con il rumore dello scroscio d'acqua fuori le finestre, portando con sé temperature fredde per il periodo e preoccupazioni per i raccolti.

<Lucia sei in casa?>

<Gianmarco>

Lo salutai aprendo la porta. Lui era fradicio, con uno sguardo perso e gli occhi gonfi.

Lo guardai preoccupato facendolo entrare e dicendogli di aspettarmi davanti al fuoco, sparita oltre la porta del bagno li porsi un asciugamano che accettó silenziosamente.

<Mio padre>

La voce era roca e lo sguardo sempre più perso.

<Cosa tuo padre?>

Mi avvicinai.

<La febbre se lo è portato via. Mio padre non c'è più>

Una lacrima li solcó il viso mentre alzava lo sguardo nei miei occhi, gonfiandosi anche loro di lacrime e obbligandomi ad alzarmi per abbracciarlo.

Iniziammo a piangere insieme, il dolore era immenso.

<Posso fermarmi qua per un po'?>

Teneva la testa appoggiata al mio grembo e glielo lasciai fare in questo momento di debolezza.

<Non vuoi stare con la tua famiglia?>
Sussurrai.

Lui si alzó a sedere guardandomi fisso con il fuoco negli occhi.

<Sei tu la mia famiglia Lucia.>

Mi prese come quella volta nel bosco, immobilizzandomi a terra con il suo peso, facendo scivolare una gamba tra le mie obbligandomi a tenerle aperte, io mi dimenavo e urlavo di lasciarmi andare ma lui era come se non mi sentisse.

<Smettila di fare la difficile cazzo!>

Mi urló in faccia tirando un forte pugno oltre la mia testa, fermandosi ad un centimetro.

<Perchè mi fai questo? Mi fai paura>

La mia voce tremava.

<Perchè tu mi stai facendo questo? Sei gentile anche se ti ho trattata male, ti ho detto che ti amo e mi hai risposto che il tuo cuore non potró mai averlo, mi sei vicina ma non come voglio io! Cazzo questa cosa mi da sui nervi>

Mi parlava a bassa voce come se ringhiasse, fermo a qualche centimetro da me, finché non si alzó bruscamente trascinandomi con lui.

<Cosa vuoi fare? Lasciami>

Mi portó con la forza fino la mia camera, lanciandomi contro il materasso e chiudendo la porta dietro la sua schiena.

Mi girai di scatto alzandomi e andandogli contro con tutta la mia forza per scappare ma, di nuovo, lui mi spinse in dietro andando nuovamente a sbattere contro il letto.

Avvicinatosi provai a divincolarmi ma la sua forza mi sovrastava, obbligandomi ad arretrare.
Era a cavalcioni su di me, prendendomi con forza i polsi posizionandoli sulla testa e afferrandomi il viso con l'altra fermando la mia corsa.

Era fermo, in silenzio, con il fiato corto e si mordeva il labbro inferiore mentre con lo sguardo percorreva ogni centimetro del mio corpo, esaminando ogni parte.

Mi si avvicinó pericolosamente annusando prima i capelli, poi scendendo sul collo, iniziando a baciarlo.

<Ti prego, ti prego non farmi questo>

Continuava a muovere le labbra mordicchiandomi di tanto in tanto e passando la lingua sulla pelle nuda formando dei piccoli cerchi che, anche se non avrei mai voluto, mi procuravano brividi su tutto il corpo.

Si bloccó un istante per guardarmi negli occhi, sentivo il suo respiro caldo sul viso mentre si passava la lingua tra le labbra inumidendole, per poi scagliarsi sulla mia bocca, obbligandomi ad aprirla con la sua lingua che senza perdere tempo inizió a danzare con la mia, dovevo essere terrorizzata e schifata di quello che stava succedendo e in parte era così, ma senza controllo qualcosa inizió a muoversi nel mio basso ventre provocandomi un pizzichino e un calore che mai avevo provato prima.

Quando si staccó presi un grande respiro e muovendo le gambe per cercare di chiuderle, inizió a scivolare sempre più in basso, andando ad allentare i lacci del mio vestito e alzando lievemente la gonna, sfiorandomi le gambe e provocandomi brividi lungo la schiena.

Si arrestó solo per guardarmi soddisfatto con un sorriso sghembo sulle labbra.

<Hai visto>

La sua voce era roca e ansimava.

<Quelle come te basta metterle al proprio posto con le cattive>

A quel punto, ripreso potere sul mio corpo e sentendo una furia salirmi nel petto, iniziai nuovamente a combatterlo, urlando di lasciarmi e colpendolo alla cieca, mentre Gianmarco cercava di riacchiappare le mie braccia inutilmente.

Fummo interrotti da un ringhio che portó la nostra attenzione verso la porta che nel frattempo era stata spalancata.

STREGHEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora