2- Il the

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Si erano fatte già le 14 quando papà arrivó per portare via gli avanzi della giornata e procedere verso casa e l'incontro con la famiglia Foglia, ero nervosa ma non lo lasciavo a vedere, chissà da questo pomeriggio cosa ne sarebbe scaturito.

Sulla via del ritorno papà non parlava ma era palese che fosse di cattivo umore, motivo per cui ero sicura che avesse nuovamente discusso con la mamma, cercando di convincerla a cambiare idea sul mio conto.
Passate le case alte eravamo quasi arrivati quando l'attenzione ci fece rallentare i passi in direzione di un'uomo alto e ben piazzato, coperto da un lungo mantello marrone che gli copriva il volto.
Gli passammo accanto, mentre lui restava fermo nella sua posizione seduto su un grande masso a bordo della strada.

Mi vennero i brividi quando mi accorsi che con lo sguardo ci stava seguendo.

<Oh tesoro finalmente siete arrivati. Vieni, vatti a lavare le mani che la famiglia Foglia vi stanno aspettando in cucina.>

<Ciao mamma>

Lavate le mani e la faccia dalla terra e il sudore mi sistemai i lunghi capelli castani che mi ricadevano ondulati lungo i fianchi e mi diressi verso la stanza.
L'ambiente profumava di torta di mele e fiori selvatici appena raccolti, posizionati in dei piccoli vasi a colorare la cucina.

<Buon giorno signori Foglia>
Li salutai con un lieve inchino.

<Oh mia cara vieni qui fatti guardare come sei diventata grande e bella. Un'eleganza di altri tempi.>

La signora Foglia mi abbracció con affetto riportandomi con la mente ad una ne bambina e ai pomeriggi passati a casa loro a giocare con i figli.
Poi passó il turno del capofamiglia che con educazione ed eleganza mi strinse una mano sorridendomi.

Ci sedemmo al tavolo, io e Gianmarco non parlavamo da tanto tempo e le poche volte che ci eravamo incontrati per caso non succedeva altro che un saluto veloce, perché entrambi presi dal lavoro e le commissioni.

Era vero.

Era un bravo ragazzo, lavoratore e di bell'aspetto. Alto, moro dagli occhi nocciola, un fisico ben delineato dal lavoro di taglialegna, uno dei tanti che faceva per la famiglia.

<Ciao Lucia come stai?>
La sua voce era profonda, non più quella del bambino con cui giocavo e passavo il mio tempo ma quella di un uomo su cui ormai gravavano responsabilità e doveri.

<Ciao. Molto bene grazie e tu come stai?>

La madre di Gianmarco si intromesse.

<Sai Lucia, il nostro ragazzo ha comprato il frantoio verso i molini di Triora e adesso sta lavorando con suo papà per rimetterlo in moto.>

<Oh ma è fantastico Gianmarco, sarà un piacere portarti le nostre olive per l'olio, ma dimmi da quando sarà in funzione?>

Mia madre era eccitata come una bambina a cui si raccontava di un nuovo falegname che produceva giocattoli.

Il ragazzo, timidamente rispose.

<Dal prossimo mese se non ci saranno problemi signora>

La conversazione si prolungó per altre, penso due o tre ore, con mia madre e la signora Foglia che ricordavano delle nostre acorribande da bambini e i nostri padri che invece erano più intenti a parlare di lavoro.

Mentre io e Gianmarco non spiccicavamo parola, solo qualche occhiata fugace ogni tanto.

Una volta che la visita si concluse, ci eravamo salutati con una formale stretta di mano, mentre sua madre e la mia organizzavano un pranzo tutti insieme a casa loro tra due settimane, in quanto i miei genitori questa settimana e la prossima avrebbero accompagnato la piccola Ginevra a visitare un collegio a Firenze, la mia famiglia non era ricca, ma Ginevra aveva così colpito una suora della scuola con le sue doti artistiche che lei si era assicurata di poterle far frequentare un istituto per garantirle un futuro degno del suo talento.

Era stata fortunata?
Si. E la invidiavo incredibilmente.

STREGHEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora